«Quando Gesù ebbe 12 anni...». Lo smarrimento dell'adolescente, di Giuseppe Angelini
Riprendiamo dal sito del VII Incontro mondiale delle famiglie - che si è svolto a Milano sul tema «La famiglia: il lavoro e la festa» tra il 30 maggio e il 3 giugno 2012 - la XII riflessione scritta dal teologo Giuseppe Angelini in preparazione all'incontro il 15/5/2012. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (4/8/2012)
Quando Gesù ebbe dodici anni salì con i genitori a Gerusalemme, e si perse, nel tempio. Non avrebbe potuto trovare luogo più sicuro, si direbbe; in quel luogo certo ci si perde, si trova anzi la dimora sicura, come dice il Salmo. Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita (Sal 27,4). Eppure… In quel luogo Gesù si perse; questa fu l’impressione dei genitori.
Non si era affatto perduto, egli disse poi ai genitori, quando lo ritrovarono. Il racconto di Luca (2, 41-52) mostra che l’impressione dei genitori era sbagliata. Lo avevano cercato con affanno, lo avevano alla fine trovato con grande sollievo; allora espressero a lui la loro offesa: Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. Gesù dichiara fuori luogo quell’angoscia: Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Essi non compresero le sue parole. E tuttavia tornò con loro a Nazareth, stava loro sottomesso e la vita parve riprendere come prima. La Madre non si illuse; non dimenticò l’incidente; serbava invece tutte queste cose nel suo cuore. E attendeva il tempo nel quale esse sarebbero divenute chiare le cose oscure.
Ci può aiutare questa suggestiva pagina di Luca a comprendere il senso di quel black out quasi inevitabile, che si produce tra genitori e figli pressappoco a partire dai dodici anni?
Certo, è di conforto sapere che anche nella famiglia di Nazareth s’è prodotta questa incomprensione. È documento del fatto che l’incomprensione tra genitori e figli in quella fase della crescita non è soltanto il riflesso degli errori che fanno genitori e figli. Non è sempre e di necessità riflesso di errori. È anche una necessità. La casa nella quale il figlio nasce e vive la prima età della vita non può rimanere la sua dimora per sempre. L’accoglienza che egli ha conosciuto in quella prima dimora rimane un presidio sicuro per tutto il cammino successivo. E tuttavia la verità di quella prima accoglienza dovrà essere da capo appresa attraverso il cammino successivo, che lo porta di necessità lontano dalla madre e da padre.
Al distacco del figlio dallo spazio domestico i genitori assistono con inevitabile apprensione. Il loro desiderio sarebbe di poter accompagnare da vicino il figlio anche in quel nuovo cammino. Proprio a motivo di questo inconfessato auspicio essi sentono tutto quello che il figlio fa come fatto a loro; anche Maria, come ogni madre, dice al figlio: perché ci hai fatto così? “Ma non vi ho fatto nulla - pare rispondere Gesù - quello che ho fatto, quello che sempre più chiaramente io farò, non è fatto per voi, ma per il Padre mio”.
L’inclinazione dei genitori a considerare come fatto a loro tutto quello che il figlio fa appare ancora più forte, quasi inesorabile, sullo sfondo della moderna famiglia affettiva. Proprio perché tutto appare ad essi come fatto per loro i genitori di oggi sentono anche gli smarrimenti e le incertezze del figlio come documento di loro errori o di una loro radicale insufficienza al compito educativo. La prima correzione che Gesù propone a tutti i genitori è proprio questa: non interrogatevi a proposito dell’amore del figlio per voi, o a proposito della vostra capacità ad essere genitori. Interrogatevi invece soltanto a proposito della sua strada verso la casa del Padre dei cieli.
È vero per altro che proprio questo secondo genere di interrogazione ha di che lasciare molto trepidanti e dubbiosi. In effetti, occuparsi delle cose del Padre dei cieli è arduo in un mondo come il nostro, che sembra aver radicalmente cancellato il nome del Padre dei cieli dalla vita sociale. [...]