Così i cristiani mutarono di segno il mito greco, di Filippo Rizzi
Riprendiamo da Avvenire del 16/6/2012 una recensione di Filippo Rizzi al volume di Hugo Rahner, Miti greci nell’interpretazione cristiana, EDB. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi anche La scelta del 25 dicembre per celebrare il Natale cristiano: dal dies natalis del Sol invictus, espressione del culto solare di Emesa (e del dio Mitra), alla celebrazione del Cristo, “sole che sorge”, di Andrea Lonardo.
Il Centro culturale Gli scritti (16/6/2012)
C’è tanta Odissea, Omero ma soprattutto tanta mitologia greca negli scritti e nella ricerca teologica e intellettuale del gesuita e patrologo Hugo Rahner (1900-1968), il fratello del più noto Karl. E un libro edito dalle Dehoniane di Bologna ripropone, a questo proposito, dopo tanti anni di oblio, ai lettori un classico di questo autore come Miti greci nell’interpretazione cristiana.
Il volume definito dallo stesso Rahner come 'timido' ha l’ambizione di essere di essere un ponte ideale tra i miti degli elleni e il mistero cristiano. Con una precisazione , ben sottolineata anche dal curatore di questa edizione Vincenzo Cilento, che «non si ellenizzano eccessivamente i misteri cristiani; né si cristianizzano troppo i misteri greci». L’opera rahneriana si presenta anche come un grande excursus accademico sulla vita di Hugo: si sentono gli echi della sua formazione junghiana come la sua attenzione alle teorie di Adolf von Harnack.
Sarebbe sicuramente interessante leggere questo denso saggio di Rahner del 1957 – quasi in chiave sinottica – con un altro classico scritto quasi negli stessi anni da Jean Daniélou del 1961 Messaggio evangelico e cultura ellenistica. Di pagina in pagina affiorano i miti della grande cultura classica ma anche i simboli del paganesimo divenuti – molti di essi – poi elementi fondanti del cristianesimo primitivo.
Accanto a Omero definito 'santo' come già fece Goethe, al viaggio di Ulisse in queste ricche pagine c’è ovviamente il mistero della croce,del battesimo e della Bibbia. Ma è proprio sul cantore dell’Iliade e dell’Odissea che Rahner rende omaggio con inaspettate parole: «Il nostro Omero è santo in un senso più profondo. Condotto dal genio della poesia, il cieco cantore palpò con mani tremanti la primigenia del vero, e pertanto è per noi un precursore della Parola rivelatasi nella carne».
L’autore per spiegare il senso della sua interpretazione dei miti greci in chiave cristiana non fa solo sfoggio della sua vastissima cultura ma si affida a Platone, Clemente Alessandrino, Origene, Goethe, Hölderin e l’amato Dante (tanti, non a caso, i riferimenti all’Ulisse della Divina Commedia) per entrare nel nocciolo del suo ragionamento; si sofferma sul viaggio di Ulisse non solo verso Itaca ma anche nell’aldilà (l’averno), le tentazioni delle sirene all’albero maestro della sua nave (molto simile a quello della croce) e al salice e al suo ramo piangente riletto in una simbologia cristiana.
Una pianta il salice «simbolo di castità per gli antichi» che – agli occhi di Rahner – viene riletto come un ponte di comunicazione e di passaggio con il mondo dell’aldilà. Ad accompagnare il lettore vi è ovviamente anche tutta la simbologia cristiana come il mistero della Pasqua, Natale, Epifania, del sole (Helios) e della luna (Selene).
Ma non solo. Vi è soprattutto l’omaggio e il debito del cattolico Hugo Rahner verso la cultura latina e greca, pilastro dell’Occidente: «Già da qui si può comprendere cosa vogliamo intendere per 'umanesimo cristiano': ogni iniziativa d’ampio respiro e presa con ardire meraviglioso, con cui il cristiano ellenico tutto capta per tutto riferire a Cristo: la sorgente d’acqua e gli astri, il suo mare e le sue veloci navi, Omero e Platone e i numerosi mistici dei pitagorici. Tutto fu preparazione, perciò tutto serve all’interpretazione».
Un libro insomma del gesuita di Pfullendorf in cui, come hanno fatto notare molti studiosi, convive la forza immaginifica di un poeta e quella metaforica di un fine teologo.