La croce gemmata da cui fuoriesce l’acqua del Battesimo. Il mosaico dell’abside di San Giovanni in Laterano scelto come immagine per il Convegno ecclesiale 2012 della diocesi di Roma “Andate e fate discepoli, battezzando e insegnando. Riscopriamo la bellezza del Battesimo”
Riprendiamo sul nostro sito un testo tratto dal volume Le basiliche giubilari a Roma, a cura di Andrea Lonardo. La foto è di Paolo Cerino.
Il Centro culturale Gli scritti (8/6/2012)
Il presbiterio e l’abside che noi oggi vediamo a corona della basilica, sono arretrati rispetto all’antica struttura; nel 1884 infatti, Leone XIII giudicando il coro troppo angusto per essere degno della Cattedrale di Roma, ne richiese l’ampliamento all’architetto Francesco Vespignani, figlio del più famoso Virginio. Secondo i discutibili criteri di intervento artistico ottocentesco fu allora necessario eseguire un rifacimento del mosaico duecentesco mantenendone invariata l’iconografia, ma corrompendone irrimediabilmente la dimensione stilistica.
Il mosaico era stato commissionato da Papa Niccolò IV (1288-1292), primo frate francescano ad essere eletto papa, il quale volle far realizzare da Jacopo Torriti un "restauro innovativo" dell’antica opera musiva del V secolo.
La sommità del catino absidale vede al centro il busto di Cristo Salvatore, con un serafino in alto e quattro angeli per lato, tutto su sfondo blu a nuvole multicolori. La tradizione vuole che il volto di Cristo riprenda l’immagine miracolosa acheropita, cioè non dipinta da mano d’uomo, ma direttamente da Dio, apparsa nella primitiva basilica lateranense.
Al centro, su sfondo di tessere d’oro, campeggia la croce gemmata con un tondo raffigurante il Battesimo di Cristo all’incrocio delle braccia. La croce è pervasa dalla grazia sotto aspetto d’acqua, che si diffonde dallo Spirito Santo raffigurato dalla colomba.
Alla sommità del monte paradisiaco su cui è piantata, la croce fuoriescono i quattro fiumi del Paradiso che abbeverano cervi ed agnelli, e danno vita al Giordano dal quale traggono vita ogni sorta di uccelli e di pesci, insieme agli esseri umani.
Alle pendici del monte si ergono le mura ingemmate della Gerusalemme celeste protette dall’arcangelo Michele, sulle cui due torri dorate sono gli apostoli Pietro e Paolo.
La simbologia della creazione si coniuga così col suo compimento finale e il mosaico collega l’albero della vita alla croce, il Paradiso alla Gerusalemme celeste, lo Spirito che aleggiava sulle acque allo Spirito donato dal corpo trafitto di Cristo, l’acqua dei quattro fiumi paradisiaci all’acqua donata dalla Chiesa nel battesimo.
Alla destra della croce la Vergine intercede per il Papa Niccolò IV inginocchiatogli accanto, di dimensioni più piccole, cui segue, sempre in dimensioni ridotte, San Francesco accompagnato dai Santi Pietro e Paolo; alla sinistra il Battista, che completa la deesis, è seguito dal piccolo Sant’Antonio e dai Santi Giovanni Evangelista e Andrea.
La base della calotta ci mostra nove Apostoli e due piccole figure in abito francescano che ritraggono Jacopo Torriti, l’artista del mosaico, e l’aiuto Jacopo da Camerino, inseriti negli spazi ricavati dai quattro finestroni a sesto acuto.
Conclude la decorazione l’iscrizione in cui Niccolò IV si firma committente dell’opera del Torriti.