Irene l’anticonvenzionale. Moglie, madre e seguace di Gesù, di Carlo Carletti
Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 3/6/2012 un articolo scritto da Carlo Carletti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (6/6/2012)
La microstoria emblematica di una famiglia cristiana vissuta a Roma nel corso della seconda metà del II secolo ci è tramandata attraverso due iscrizioni funerarie, pervenute fino a noi in perfetto stato di conservazione nel loro originario contesto di appartenenza.
Tra il secondo e il terzo miglio della via Appia nell’area cosiddetta della «Piazzola» - un cimitero misto utilizzato in pacifica convivenza da pagani e cristiani - affiora appunto la presenza di una famiglia, quella degli Ancotii , i cui componenti senza alcun dubbio possono qualificarsi come seguaci di Gesù. Lo indicano in maniera ineccepibile alcuni dati testuali presenti nelle due iscrizioni funerarie che li ricordano.
La prima, in lingua greca, è dedicata ad Ancotia Irene (Inscriptiones Christianae Urbis Romae [Icur], V, 12.900): «Gaio Ancozio Epafrodito alla consorte Ancozia Irene; Gaio Ancozio Rufo e Gaio Ancozio Rufino alla madre caritatevole, devota a dio e accogliente con le vedove e devota al marito, amorevole con i figli. In memoria»; la seconda, in lingua latina, dedicata a una bambina morta prematuramente, reca: «Alla benemerita Ancozia Auxesis, i genitori Ancozio Epafrodito e Ancozia Irene posero» (Icur, V,12.891).
Dunque una famiglia di estrazione libertina - come indica l’identità del gentilizio Ancotius recato dai due coniugi - costituita da cinque componenti: i coniugi Ancotia Irene e Ancotio Epafrodito e i loro figli Ancotio Rufo, Ancotio Rufino e Ancotia Auxesis, premorta alla madre, che dedicò, insieme al marito, la sepoltura alla figlia.
L’elemento rivelatore dell’appartenenza religiosa degli Ancotii non è tanto l’occorrenza nelle due epigrafi del modulo figurativo pesce/àncora (che ricorre anche in altre iscrizioni pagane di questo complesso coeve o più antiche di quelle degli Ancotii: Icur, V, 12.892, 12.905, 13.582), quanto piuttosto gli epiteti che qualificano la defunta Irene (agapetè, philòtheos, philòchera, phìlandros, philòteknos), tra i quali assume carattere identitario soprattutto philòchera («accogliente con le vedove») - totalmente ignoto all’epigrafia pagana greca e latina - che rimanda senza alcun dubbio alla prima lettera pastorale a Timoteo (5, 1-16), in cui si espone in dettaglio una “esortazione” dall’evidente carattere disciplinare relativa allo stato di vedovanza: «Sia riconosciuta come vedova quella che non ha meno di sessanta anni e che è stata moglie di un solo marito; (...) se una fedele ha con sé delle vedove vi provveda lei e non ne sia gravata la comunità».
L’elogio della defunta Irene - dettato dai dedicanti (marito e figli) - non si muove nello stereotipo formulare di routine, comune a pagani e cristiani (buona, fedele, dolce, pudica, pia, casta) ma tratteggia una figura di donna in termini per l’epoca non convenzionali. Irene è certo presentata nel suo ruolo di madre e moglie, ma anche e soprattutto nella sua dimensione identitaria di «seguace di Gesù», come appunto indicano i qualificativi agapetè, philòtheos, philòchera , che proiettano pienamente dedicanti e dedicataria dell’iscrizione nel reale della cristianità romana del II secolo.
Si tratta con ogni evidenza della testimonianza immediata e incontrovertibile dell’assetto ecclesiale precedente la costituzione della cosiddetta Grande Chiesa governata dal vescovo monarchico, a partire dall’ultimo ventennio del II secolo. Una costellazione di piccoli gruppi tra loro in comunione: realtà ecclesiali che con linguaggio paolino chiamiamo domus ecclesiae, strutturate e animate proprio sulla base della istituzione familiare, che si proponeva come polo di accoglienza e strumento di diffusione dell’annuncio.
Nella microrealtà testimoniata dalle nostre iscrizioni appare centrale il ruolo riconosciuto ad Ancotia Irene come educatrice e testimone della fede, non solo nell’ambito della propria famiglia ma forse anche in quello della piccola comunità (Houshold) - verosimilmente di impronta paolina - che doveva aver riconosciuto agli Ancotii e in particolare ad Ancotia Irene un visibile ed efficace ruolo aggregativo, nella concretezza delle due complementari istituzioni della domus e della familia.