Il racconto sui Concili ecumenici, di Gianni Gennari. Gerusalemme, Nicea, Costantinopoli, Efeso, Calcedonia

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 02 /06 /2012 - 17:10 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal sito Vatican Insider de La stampa alcuni articoli scritti da Gianni Gennari per presentare la storia dei Concili ecumenici. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti vedi su questo stesso sito La basilica di S. Maria Maggiore in Roma: i primi concili ecumenici, di Andrea Lonardo, Il Battistero Lateranense in Roma: Costantino e la libertà dei cristiani, di Andrea Lonardo, Marco Valenti e Fabio Borghesi, Santa Maria in Domnica alla Navicella: San Martino I, Sant’Agatone papa, la crisi monotelita ed il Concilio Costantinopolitano III, di Andrea Lonardo, San Saba. La crisi iconoclasta e la “visibilità” di Dio. Il “vedere” nell’esperienza cristiana, di Andrea Lonardo (trascrizione della lezione tenuta presso San Saba).

Il Centro culturale Gli scritti (2/6/2012)

Indice

1/ Il Concilio di Gerusalemme (articolo apparso il 19/03/2012)

In quasi 2000 anni i Concili riconosciuti dai cattolici come ecumenici sono stati 21, ma la serie è aperta da un incontro che forse fu più di un Concilio, diciamo numero zero, modello di tutti quelli successivi. Tra i discepoli di Gesù infatti, impegnati nell’annuncio del Vangelo sia agli Ebrei che ai pagani, detti “Gentili”, ci fu da subito una dura divergenza sul rapporto che i convertiti non ebrei dovevano avere con la Legge di Mosé.

A Gerusalemme guidava la comunità Giacomo detto Minore, appoggiato dallo stesso Pietro, e lì i neoconvertiti dal paganesimo dovevano accettare anche le pratiche della Legge mosaica, circoncisione e varie proibizioni cultuali, p. es. non dovevano mangiare le carni provenienti dai sacrifici nei templi pagani… San Paolo, impegnato nella predicazione in luoghi pagani, non era d’accordo e per dirimere la questione fu deciso un incontro a Gerusalemme…Il racconto del Libro degli Atti, al cap. 15, è vivacissimo: di fronte alla comunità intera, “Apostoli, anziani – detti presbiteri – e tutta la Chiesa”, Pietro racconta di aver egli stesso sperimentato che lo Spirito Santo è sceso senza alcuna condizione anche sul pagano Cornelio.

Quindi davanti a Dio non c’è distinzione di persone, per essere seguaci di Cristo non è necessario passare per i precetti cultuali mosaici. Dopo Pietro tocca a Paolo e Barnaba, che testimoniano con forza la loro esperienza analoga, e sembrano convincere tutti. Lo stesso Paolo scriverà ai Galati che Giacomo, Cefa – cioè Pietro – e Giovanni, le “colonne” della Chiesa, offrirono la destra a lui e a Barnaba, segno della comunione fraterna in Cristo… Toccò a Giacomo concludere con una soluzione di compromesso: ha ragione Pietro, Dio non fa distinzione, tuttavia è opportuno che i neoconvertiti si astengano dalle carni immonde, provenienti dai sacrifici pagani, e da ogni immoralità sessuale…

Di qui il solenne messaggio inviato a tutte le comunità: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi alcun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenervi dalle carni offerte agli idoli… e dall’impudicizia… Farete dunque buona cosa a guardarvi da queste cose. State bene”. Per essere cristiani dunque non è necessario essere prima ebrei! Conclusione chiara, ma i contrasti, già sperimentati a Cipro e a Listra, restarono forti. Lo stesso Pietro, che pure aveva appoggiato la soluzione liberante di Gerusalemme, contestato in seguito dai moltissimi cristiani circoncisi, detti giudaizzanti, parve cedere al ritorno al passato. Di qui il celebre episodio che Paolo racconta nel capitolo 2 della Lettera ai Galati: egli si recò da Pietro, allora guida della comunità di Antiochia, e sentì l’obbligo di opporsi a lui “in faccia” chiamandolo “apostolo dei circoncisi”, e di farlo proprio come “apostolo degli incirconcisi”.

Un momento duro, in cui libertà cristiana, prudenze umane e fedeltà alla parola di Cristo vennero a contatto, evento decisivo per tutto il futuro dell’annuncio evangelico, fino ad oggi. Proprio il primo esemplare dei Concili formalmente poi celebrati tra molte vicissitudini tutte umanamente discusse e vivaci fino ad oggi, fino al Vaticano II che ci stiamo preparando a ricordare nel suo 50.mo anniversario. Una nota finale: Benedetto XVI nella udienza del 1 ottobre 2008, raccontando proprio questo incontro apostolico a Gerusalemme, ha ricordato che esso si concluse anche con la raccomandazione della cura per i poveri delle comunità, citando le parole di San Paolo che ricorda l’evento ai Galati e in conclusione di tutto scrive testualmente: “Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri”! Ecco: la fede vera è sempre, e da sempre, accompagnata dalla cura per il prossimo, e soprattutto per il prossimo sofferente… E non vale solo per i Concili. Alla prossima…

2/ Il Concilio di Nicea, 325 d.C. (articolo apparso il 29/03/2012)

Nicea: una città d’oriente. Nel 325 dopo Cristo fu il luogo del primo vero Concilio Ecumenico riconosciuto da tutte le Chiese, cattolici, ortodossi ed evangelici, senza eccezioni…

Una sorpresa, però: esso fu convocato e presieduto dall’imperatore Costantino, che da qualche anno aveva accolto la religione cristiana nell’impero romano: dopo due secoli il sangue dei martiri aveva generato un popolo numeroso, ma molto agitato, e soprattutto ad Alessandria, in Egitto, c’erano aspri contrasti interni di dottrina che danneggiavano la solidità del centralismo imperiale romano. Al centro dei contrasti il vescovo Ario, che negava la vera e propria divinità di Cristo, visto come un uomo nato normalmente da una Donna e poi adottato in modo speciale da Dio.

Non era Dio, dunque, ma simile – in greco omoioùsios – al Padre, ma non identico, in greco omooùsios. Quattro anni prima, nel 321, un sinodo locale, convocato dal vescovo Alessandro, aveva scomunicato Ario, che però con i suoi seguaci continuava a dividere le chiese. Altro contrasto c’era sulla data giusta per la celebrazione della Pasqua.

Tutto questo era un pericolo per l’Impero… E allora Costantino convocò a sue spese, il 20 maggio del 325 a Nicea, circa 300 vescovi tutti orientali meno 5: Marco di Calabria, Cecilio, africano di Cartagine, Osio, spagnolo di Cordova, Nicasio di Digione, dalla Gallia e Domnus, dalla ragione danubiana. Del resto la disputa sulla dottrina di Ario era forte solo in Oriente. Due preti delegati rappresentavano Papa Silvestro, vescovo di Roma, inaugurando una prassi che durerà per secoli.

Nel Palazzo imperiale la discussione fu forte...  Raccontano le cronache che il vescovo Nicola di Mira infervorato prese a schiaffi lo stesso Ario, irremovibile, appoggiato dal solo Eusebio vescovo di Nicomedia e quasi all’unanimità dichiarato eretico, cioè laceratore dell’unità della fede e della Chiesa.

In conclusione il Concilio decise una formula che esprime la sostanza della fede, detta Simbolo Niceno proclamando la piena “consustanzialità” di Cristo, vero Dio, con il Padre e con lo Spirito Santo. Egli non è creato, ma generato dal Padre prima di tutti i secoli, incarnato per opera dello Spirito Santo in Gesù di Nazaret e poi veramente crocifisso, morto e risorto, a smentita delle teorie gnostiche che negavano incarnazione e mortalità, indegne della realtà divina. Fu anche decisa la condotta da assumersi per la riammissione dei cosiddetti “lapsi”, quelli che per paura ai tempi delle persecuzioni avevano tradito la fede, e per il battesimo degli eretici che si convertivano alla vera fede. Seguivano parecchi “canoni”, cioè “regole” pratiche, tra cui la proibizione dell’automutilazione sessuale – figlia di qualche follìa sessuofobica del tempo – e soprattutto il riconoscimento della “preminenza” del vescovo di Roma, seguito da quelli di Alessandria e Gerusalemme.

Il Concilio si concluse solennemente il 25 luglio del 325, giorno del ventesimo anniversario dell’imperatore Costantino, che nella orazione finale ribadì la proibizione delle dispute cristologiche, approvò la datazione da allora definitiva della Pasqua cristiana, distinta da quella ebraica e proclamò trionfante la raggiunta nuova unità reale di tutta la Chiesa.

Da Roma Silvestro, informato, in seguito approvò… Primo Concilio: singolare davvero.

3/ Il Concilio Costantinopolitano primo (381 d.C.) (articolo apparso il 16/04/2012)

Dopo Gerusalemme, attorno agli anni 40, e Nicea, del 325, oggi trattiamo del primo Concilio di Costantinopoli, dell’anno 381.

Dopo il Concilio di Nicea l’eresia ariana, per la quale Gesù di Nazaret era soltanto un uomo, poi adottato da Dio, faceva ancora rumore e proseliti. Lo stesso imperatore Costantino, che pure aveva presieduto Nicea, era passato all’altra sponda, e aveva favorito i vescovi ariani

Perciò Teodosio imperatore, salito al trono nel 379, convocò una nuova riunione solenne, stavolta presieduta non da lui, ma dai vescovi Melezio di Antiochia – chiesa fondata da Pietro, e seconda solo a Roma – Gregorio di Nazianzo e poi Nettario. Presenti 150 vescovi, tutti orientali, nel maggio del 381. A Roma c’era Papa Damaso I, la cui autorità era già indiscussa. Già un anno prima, infatti, lo stesso Teodosio imperatore con l’editto Cunctos Populos, aveva voluto riaffermare solennemente che il canone, cioè la “regola” della fede che misurava l’appartenenza alla Chiesa era “la fede di Pietro”.

La prima decisione del nuovo Concilio fu la riaffermazione del Credo di Nicea, quindi della vera divinità di Cristo contro l’eresia ariana, ma con l’esplicita menzione anche dello Spirito Santo, perché si facevano strada nelle comunità anche gli Pneumatomachi, che cioè combattevano contro l’affermazione della divinità dello Spirito Santo, detti macedoniani dal nome del vescovo Macedonio di Costantinopoli.

Fu formulata la professione di fede per completezza detta Credo “niceno-costantinopolitano” che affermava la divinità del Padre, del Figlio eterno incarnato in Gesù di Nazaret e dello Spirito Santo. Novità? No davvero! Il primo scritto del Nuovo Testamento, la prima lettera di San Paolo ai Tessalonicesi, risalente agli anni tra il 40 e il 50, comincia nominando subito nei primi versetti il Padre, Gesù Cristo suo Figlio e lo Spirito Santo.

Il Concilio condannò anche l’eresia detta apollinarista, dal nome del vescovo Apollinare che per primo l’aveva formulata, perfetto rovescio di quella ariana: infatti gli apollinaristi affermavano che Gesù di Nazaret, vero Dio, era solo in forma imperfetta uomo, senza vera anima umana, la cui funzione veniva svolta dalla stessa divinità. Oltre le regole dottrinali il Concilio regolò la vita pratica delle Chiese del tempo, delimitando le province ecclesiastiche, indipendenti l’una dalle altre, dichiarando che Costantinopoli era la seconda Roma, il cui vescovo era un patriarca, e secondo solo a quello di Roma.

A conclusione del Concilio ci fu anche un decreto imperiale con il quale Teodosio chiese a tutte le Chiese di reintegrare i vescovi che erano stati deposti dagli ariani perché avevano affermato l’uguaglianza tra Padre, Figlio e Spirito Santo… Va ricordato che da Roma papa Damaso approvò i decreti del Concilio.

Dunque due questioni risolte: Gesù vero Dio e vero uomo, e affermazione della Trinità divina. Le discussioni successive – lo vedremo presto – si concentreranno sul modo nel quale pensare l’integrazione nella persona di Cristo delle due nature, quella umana e quella divina…Sarà il tema del prossimo Concilio, svolto a Calcedonia, nel 451, che iniziò riconoscendo formalmente la vera ecumenicità di questo Concilio primo di Costantinopoli, convocato da Teodosio e approvato da Damaso I, vescovo di Roma e successore di Pietro…

4/ Il Concilio di Efeso (431 d.C.) (articolo apparso il 18/04/2012)

Efeso, anno 431: nella storia dei Concili al terzo posto, anch’esso nell’odierna Turchia. Dai primi tempi era viva una comunità cristiana, e la tradizione vi colloca anche l’ultima casa di Giovanni Evangelista, che aveva preso con sé Maria, la madre di Gesù.

Erano passati esattamente 50 anni dal primo concilio di Costantinopoli, ma il problema dibattuto con asprezza da decenni restava quello del rapporto tra l’umanità e la divinità di Gesù di Nazaret, Cristo, cioè Messia, e Salvatore. Due scuole a confronto: ad Alessandria il vescovo Cirillo difendeva la dottrina di Nicea, Gesù vero uomo e vero Dio. Ad Antiochia, invece, il vescovo Nestorio insisteva: per lui Gesù vero uomo, ma Dio solo per una speciale adozione divina. E perciò per la prima scuola Maria, madre di Gesù era anche madre di Dio, “theotòkos”, mentre per la seconda era solo madre di Cristo, che a sua volta era “theòphoros” (portatore di Dio in sé)

Il contrasto era duro ed antico, e già nel 430 Papa Celestino I aveva convocato a Roma una riunione di vescovi che avevano ribadito Gesù vero Dio e vero uomo, ma le discussioni erano aspre e minacciavano l’Impero. Perciò Teodosio II imperatore volle convocare per l’estate 431 un nuovo Concilio di tutto il mondo abitato, detto Ecumène, invitandovi tutti i vescovi, in primo luogo quello di Roma, Celestino I, che decise l’invio di due suoi rappresentanti e di un grande del tempo, Agostino di Ippona, che però morì nel 430, prima dell’inizio del Concilio.

Molti vescovi tardavano, date le difficoltà dei viaggi del tempo, ma il 22 giugno del 431 il Concilio si aprì nella grande chiesa dedicata a Maria, ribadendo subito la posizione di Nicea e Costantinopoli, i due precedenti, detta “unitaria”, per cui le due nature, umana e divina, sono perfettamente unite. Gesù di Nazaret è il Verbo di Dio, Dio come il Padre e lo Spirito Santo, veramente nato come uomo da Maria, che quindi è vera Madre di Dio.

Due nature, distinte e non confuse – ecco la formula – nell’unica persona divina del Verbo incarnato, e tutte le proprietà della natura umana possono essere attribuite alla realtà di Dio, che quindi nel Verbo incarnato nasce, soffre, muore e risorge… Lo stesso 22 giugno Nestorio, che vedeva Maria non madre di Dio, bensì madre dell’uomo Cristo è condannato e deposto con il voto di 197 vescovi presenti. Condanna immediata e quasi unanime anche della dottrina del vescovo Pelagio che vedeva la natura umana non segnata dal peccato originale, e quindi capace di salvezza anche con le sue sole forze naturali. Per la cronaca, il legato imperiale, che cercava di mediare una specie di compromesso con le posizioni di Nestorio fu espulso dall’assemblea…

Finito? Sì e no, perché già il 26 giugno nella stessa Basilica ci furono le forti reazioni di vescovi su posizioni  nestoriane giunti in ritardo e il legato dell’imperatore Teodosio II solo ad ottobre, dopo altri mille contrasti, poté dichiarare concluso il Concilio. Segue, da Roma, l’approvazione di Papa Celestino I, e due anni dopo, nel 433, anche il successore di Nestorio, Giovanni, vescovo di Antiochia, accetta la sentenza di Efeso. Ma i tempi erano difficili e presto, dopo soli 20 anni, sarà il turno di un nuovo Concilio.

5/ Il Concilio di Calcedonia  (articolo apparso il 2/05/2012)

Calcedonia: è il nome di una località. Senti e ti chiedi dov’è? Meglio chiedere dove era. Oggi infatti non c’è più, e al suo posto c’è Kadikoy, un quartiere di Istanbul. Dunque siamo ancora nell’odierna Turchia, proprio come già visto per i tre precedenti Concili: Nicea (325), Costantinopoli (381) ed Efeso (431).

Della Calcedonia cristiana non c’è più alcuna traccia. Resta il fatto che fu la sede del IV Concilio Ecumenico cristiano, ispirato da lontano da Papa Leone, poi detto Magno, ma convocato di fatto dall’imperatore Marciano, spinto dalla devotissima moglie Pulcheria. Come i predecessori Costantino e Teodosio anche la coppia imperiale del tempo era preoccupata che le dispute dottrinali non mettessero in difficoltà l’unità dell’Impero romano in difficoltà, e ormai forte solo in Oriente. Furono presenti 600 vescovi, dall’8 ottobre al I novembre del 451.

Venti anni prima ad Efeso contro Ario e Nestorio si era ribadita la vera divinità di Cristo, da cui derivava la vera maternità divina di Maria, ma c’erano ancora resistenze in senso opposto, e qualcuno, in particolare il monaco Eutiche, e i suoi molti discepoli che circolavano nelle comunità anche più lontane, attiravano le folle con un credo perfettamente rovesciato: per loro Cristo era vero Dio, sì, ma uomo solo in apparenza, perché la natura divina trascendeva e cancellava quella umana, rendendola pura scena, come una finzione teatrale, quindi da superare con l’acutezza della vera fede.

Ecco: Gesù di Nazaret, vero Dio, sembrava aver fame o sete, sembrava soffrire, addirittura sembrava morire in croce, ma nella realtà – alla lettera la formula di Eutiche – “si faceva beffe dei suoi crocifissori”, perché in quanto Dio era impassibile e blindato rispetto ad ogni traversia umana… Una sola persona? Sì, ma anche una sola natura, tutta e solo divina… Proprio il rovescio di Ario e Nestorio quindi, ma ugualmente laceratore della vera fede e della vera comunità.

Ecco l’accordo tra l’imperatore, a Costantinopoli, e Papa Leone, a Roma. Al culmine dei giorni del Concilio, 25 ottobre 451, nell’assemblea presieduta personalmente dall’imperatrice Pulcheria, i 600 vescovi proclamano solennemente il decreto della fede facendo riferimento esplicito – particolare di gran rilievo storico – alla “lettera” del Papa Leone al vescovo Flaviano, patriarca di Costantinopoli. E nel decreto del Concilio, oltre alla definizione della vera umanità di Cristo Figlio di Dio, c’è il riconoscimento formale dell’autorità di Papa Leone – non ancora detto Magno, colui che per la storia l’anno dopo, nel 452, fermerà Attila nella sua devastatrice invasione: “Pietro ha parlato per bocca di Leone, Leone ha insegnato secondo la pietà e la verità” che Gesù Cristo è Figlio di Dio nelle due vere nature, una divina e una umana, “immutabili, indivise, inseparabili in una sola persona”. Questa è e deve essere “la fede di tutti i cristiani…”

Al decreto seguono 30 “canoni”. Il termine viene dall’antico “Kanu”, termine che indicava lo strumento di canna con cui si misuravano i campi, e quindi era una realtà da rispettare al massimo. Si tratta dunque di regole precise con disposizioni riguardanti, sì, la fede, ma anche la vita concreta di vescovi, presbiteri, diaconi, fedeli tutti.

Vale la pena di citarne alcuni per capire quanto le preoccupazioni dei Padri del Concilio, allora, fossero solo figlie del loro tempo, o invece avessero senso anche rispetto ad alcune problematiche che da allora fino ad oggi continuano ad interessare la vita delle Chiese e della fede cristiana, nelle sue diverse articolazioni che, come sappiamo, la storia ha reso complesse e plurali, fino ad oggi….

Il canone n. 2, per esempio, ordina che “non si consacri un vescovo per denaro”, pena la rimozione immediata da ogni incarico. Testuale: “quegli che ha ricevuto l'ordinazione non dovrà assolutamente riportare alcun vantaggio da una ordinazione o promozione fatta per guadagno; venga quindi, deposto dalla sua dignità, o dall'ufficio che ha ottenuto con denaro. Se poi qualcuno fa da mediatore in azioni così vergognose e in così illeciti guadagni, se si tratta di un chierico, decada dal proprio grado, se si tratta di un laico o di un monaco, sia colpito da anatema”.

Nel canone 3 si legge questo ordine: “Un chierico o un monaco non deve occuparsi di cose estranee. Questo santo Sinodo è venuto a conoscenza che alcuni che appartengono al clero per turpe guadagno fanno i locatari dei beni degli altri, e si danno ad affari mondani, e, mentre non si danno alcun pensiero del servizio del Signore, corrono invece qua e là per le case dei secolari e per avarizia assumono il maneggio delle altrui proprietà. Stabilisce, allora, il santo e grande Sinodo che nessuno, in seguito, vescovo, o chierico o monaco possa prendere in affitto beni o anche offrirsi amministratore in affari mondani, a meno che venga chiamato, senza potersi esimere, dalle leggi alla tutela dei fanciulli o quando il vescovo della città incarica qualcuno di occuparsi delle cose ecclesiastiche, o degli orfani e delle vedove, che non abbiano chi si cura di loro, o di quelle persone che più degli altri abbiano bisogno del soccorso della chiesa, per amore di Dio. Se qualcuno, in avvenire, tentasse di trasgredire quanto stabilito, costui sia sottoposto alle pene ecclesiastiche”.