Blog dei redattori de Gli scritti (Quaresima 2012)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 08 /04 /2012 - 12:42 pm | Permalink | Homepage
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Triduo pasquale 2012 (di A.L.)

Giovedì santo, notte di adorazione

Che consolazione sapere che tutti i cristiani, che tutti gli amici, nella notte hanno pregato. Ed abbiamo pregato gli uni per gli altri. Senza neanche dircelo. Ognuno in luoghi diversi. Ma insieme. E gli uni per gli altri. E tutti per la chiesa e per il mondo. È la notte della preghiera. In cui ognuno ha vegliato almeno un'ora con il Signore.

Venerdì santo,via crucis

Ci sono momenti in cui non è importante insegnare cosa è giusto. Insegnare cosa è bene. Nella via crucis si tratta, infatti, di prendere su di sé il male del mondo. Cristo prende su di sé il male del mondo. Ed aiuta noi a fare altrettanto. A camminare vicini, carichi del male che l'uomo ha fatto e continua a fare. Si tratta di amare e non di insegnare. Non che insegnare non sia importante. Per insegnare ci sarà un altro momento. Prima. Dopo. Ma nella via crucis si tratta di amare e non di insegnare. Di camminare insieme. Di camminare vicini. Di camminare nell'amore. Anche e soprattutto, con i peccatori. Perché nessuno pensi mai più di essere solo.

Venerdì santo, liturgia della passione

Veramente la liturgia è azione e non parola. I sacerdoti si prostrano a terra all'inizio della liturgia. Pochi gesti sono così veri. È la notte dello Spirito, come insegnano i grandi maestri. La notte in cui non si sentono più le grazie sensibili, cioè il gusto delle cose di Dio. Solo la fede e la certezza della sua chiamata ci mantengono sulla via di Dio, mentre la carne ci direbbe il contrario. Ma nella notte dello Spirito non si è più lontani da Dio, anzi si è più vicini a Lui. Solo la fede è guida, non più il gusto di essa. Prostrati a terra. Quasi calpestati. Umiliati. Ma nella via di Dio.

Sabato santo

Gesù dorme. Ormai tutto è compiuto. Egli ha fatto bene ogni sua cosa. La fatica è terminata. Egli ora riposa. Il suo riposo ci illumina anche sulla nostra fatica, che non sarà eterna. Verrà un momento nel quale la fatica terminerà. E potremo anche noi riposare lieti del bene fatto. Restiamo perciò nella sua volontà, anche se faticosa. Di questa fatica non ci pentiremo. E riposeremo un giorno, lieti di averla terminata nel suo nome. Quella fatica buona, santa, vera, non è inutile e non è eterna: porterà il frutto che egli le ha assegnato. E questo appartiene al suo riposo.

Gesù negli Inferi. Come una donna che entra e scompiglia tutto, fin nei ripostigli più remoti della casa e del cuore. Come un bambino che fruga dappertutto e prende tutto ciò che gli interessa e tutto ciò che è suo. Così Gesù entra dappertutto. Niente lo arresta. Entra fin dove giacciono i morti, fin dove Adamo è dimenticato. E lo prende. E lo porta via. Niente lo arresta.

Veglia Pasquale

Una rubrica apparentemente insignificante, ma decisiva, dice: «Si suonano le campane [al momento del Gloria]». Per tutto il Gloria, dall'inizio alla fine, un giovane scampanella. Che meraviglia! Questa è la liturgia. La liturgia si celebra con il corpo, “con i piedi”, e non con le idee! Questo scampanellare dice tutta la festa che celebriamo. L'allegria inonda la terra. Chiunque avverte che è successo qualcosa. Può tirare dritto e disinteressarsene. Ma quel suono lo insegue. E, anche se non ne è pienamente consapevole, lo rallegra. Gli ricorda che esiste la gioia. Anche se egli fosse un cinico. Gli ricorda che la speranza ha un solo nome, anche se egli non lo volesse ascoltare.
Per noi che crediamo, quel suono di campana basta.

La morte non è solo un evento che ci sta dinanzi. Essa è anche un'ombra che ci segue. Un'ombra sempre presente, anche quando fingiamo che non ci sia.
È essa che rattrista la nostra gioia. Abbiamo paura di cominciare ogni cosa bella, perché sappiamo in fondo che essa finirà. Ci paralizza il pensiero che l'amore debba finire e che quindi non valga neanche la pena cominciare.
Ma la morte è un'ombra anche in senso contrario. Per paura di perdere qualcosa, ci attacchiamo a ciò che non è bene. Non sappiamo dire di “no”: temendo l'arrivo della morte, ci accompagna la paura che ogni realtà sia in fondo un'occasione che non tornerà. E vogliamo prenderla. Vogliamo coglierla insensatamente. Anche qui la morte ci toglie la libertà di vivere nella volontà di Dio.
Solo vincendo la morte e la sua ombra, Cristo ci ha resi liberi. Ci ha resi liberi di iniziare il bene e di terminare il male. Perché la Pasqua ci insegna che la vita va vista con occhi di eternità.

Niente sostituisce l’incontro (di A.L.)

Ciò che le persone cercano è l’incontro. Lo cercano anche i preti dall’ufficio catechistico. Lo cercano i catechisti dal direttore dell’ufficio. Ed in fondo c’è tanta stima proprio per questo. Niente sostituisce l’incontro personale. Lo abbiamo dimenticato. Pensiamo che Internet possa sostituirlo. O pensiamo di vivere la “nuova evangelizzazione” senza dedicare tutto il nostro tempo e la nostra vita all’incontro. A tu per tu. Io per te. E invece è questo che cambia il mondo!

I sacramenti di una bambina che avrebbe vissuto solo pochi giorni (di A.L.)

Incontro un giovane vice-parroco: che testimonianza! È riuscito a battezzare la nipotina prima che morisse. Prima il battesimo. Poi qualche giorno dopo la cresima e l’eucarestia. L'eucarestia appena nata, con una goccia di vino. Poi ancora una volta l’eucarestia la domenica in chiesa, poco prima di morire, dopo una settimana di vita. La giovane mamma, alla morte della bambina, gli confida che può correre, pur nella tristezza, ad accarezzare gli altri due figli. Ma sente la mancanza di Anne Michelle, morta neonata. Michelle, come l'arcangelo Michele, “colui che è forte”, proprio perché lei era nata debolissima. E tutti sapevano che presto sarebbe morta. Il tempo di ricevere i sacramenti, morire ed andare in Paradiso.

La Madonna, colei che genera (di L.d.Q.)

Un giovane papà mi parla della Madonna. Maria è colei che genera vita. Colei che la genera anche da vergine! Maria è la donna che vive l'atteggiamento contrario a quello dell’ingurgitare! L'uomo e la donna oggi vorrebbero prendere, assaggiare, ingurgitare tutto. Sono chiamati invece a donare. Ed è solo dove si dona, che nasce la vita. Ed è solo dove si dona che la gioia ha origine. Maria genera la vita – ed una vita che è la salvezza del mondo – senza neanche provare il piacere sessuale!

La moglie si preoccupa di piacere al marito ed il marito si preoccupa di piacere alla moglie (di L.d.Q.)

Il realismo di 1 Cor è impressionante. Non si dà vero rapporto di coppia senza la preoccupazione di piacere al marito, di piacere alla moglie. Questo desidera la donna sposata. Questo desidera l'uomo sposato. Che l'altro lo curi, lo coccoli, che si preoccupi di lui, che si preoccupi di fargli fare esperienze belle, viaggi ed incontri. Perché l'amore passa tramite i segni concreti che lo esprimono.

Essere adulti, avere il coraggio di donarsi e di guidare (di A.L.)

Parlo con un amico. Si discute della mancanza di punti di riferimento, della mancanza di persone che indichino quale strada prendere. Con la parola e con la loro vita. Mi dice: «Io ho 47 anni, tu ne hai 51. Mi sono voltato indietro e mi sono accorto che gli altri seguivano me! Siamo noi le persone di riferimento, ormai. Un tempo erano altri. Erano altri ad essere genitori, altri ad essere preti. Ora siamo io e te. Ora siamo noi a dover tracciare il cammino. Dobbiamo accorgerci di essere noi gli adulti. Se noi indichiamo la strada ci saranno punti di riferimento. Se noi non tracciamo il cammino, non ci saranno punti di riferimento. Gli adulti siamo noi. È inutile che ci lamentiamo degli altri. I giovani attendono da noi delle indicazioni sulla vita. Attendono da noi una testimonianza su cosa è buono per la vita. E noi dobbiamo donarci per offrire questo. Dobbiamo smettere di vivere per noi, con la pretesa di formarci ancora, o con la pretesa di ricevere ancora. O ancora con la pretesa di essere ancora guidati. Siamo nell'età in cui siamo chiamati a donare! E, per questo, siamo chiamati a guidare i più giovani».

La ricostruzione ideologica del passato avviene sempre in vista di un progetto che si vuole imporre (di L.d.Q.)

Nei manuali scolastici, nelle guide dei musei, nei pannelli espositivi spesso si incontra una storia ricostruita ideologicamente e moralisticamente. «La Chiesa si è asservita con Costantino», «la controriforma ha spento le novità della riforma», «il barocco è un periodo senza nerbo e verità»: luoghi comuni come questi sono frequentissimi. Con giudizi così superficiali e moralistici secoli interi vengono caratterizzati come “brutti, sporchi e cattivi”! Pochi si accorgono che questa ricostruzione è funzionale ad una ideologia che si desidera imporre perché ne conseguano poi scelte determinate da compiere oggi. Non si pretende solo di distorcere la storia passata. Si vuole piuttosto che il futuro prenda una determinata piega.

Per questo è importante mettere in questione queste ricostruzioni. Chi ricorda che l'edificazione di chiese precede l'avvento al trono di Costantino? Perché il cristianesimo desidera esprimersi e vivere pubblicamente, ben prima che l'imperatore lo autorizzi a questo! Chi ricorda che Caravaggio è un pittore controriformista? E che desiderava tornare a Roma, dopo esserne fuggito in seguito ad un omicidio, perché amava la Roma del suo tempo? Chi sottolinea che Borromini era un architetto barocco che lavorò non solo per ordini religiosi pauperisti, ma per i papi del tempo, come provano la Cappella dei magi o il restauro di San Giovanni in Laterano?

L'utilizzo moralistico della storia ha anche un'altra variante intra-ecclesiale. Talvolta all'interno della chiesa ci si rifiuta, per una forma di irenismo, di criticare il mondo contemporaneo. Non potendo allora creare una visione chiaroscurale che opponga il vangelo al mondo, si ricorre ad una troppo facile contrapposizione fra un certo modo di vivere la chiesa (quello che si vuole far passare) e presunte modalità “tenebrose” che avrebbero caratterizzato i decenni precedenti al nostro. Molti catecheti e pastoralisti – che si rifiuterebbero di creare un'opposizione fra chiesa e cultura contemporanea – preferiscono creare un'opposizione fra visioni di chiesa apparentemente contrastanti: «Prima della nostra proposta nella chiesa avveniva questo, ora finalmente la luce è sorta ed il male si dirada». Dal loro modo di argomentare risulta evidente l'utilizzo retorico della contrapposizione per presentare il loro progetto come risolutivo. Creare uno sfondo negativo serve a facilitare il passaggio ad una nuova prospettiva che sarebbe la panacea di tutti i mali. Espressioni come “svolta”, “nuovo paradigma”, “nuova impostazione” abbondano e prolificano. Pochi sono gli autori – ma ben più sapienti - che rifiutano visioni manichee come queste e si preoccupano di comprendere cosa c'è da imparare e recuperare dal passato, non limitandosi semplicemente ad abrogare per creare ex novo!

Nonni e nipoti (di G.M.)

Una persona adulta non può non amare. Il dramma della ricerca affannosa di compagnia moderna dipende anche dal fatto che le generazioni ormai sono troppo distanti. Decenni fa un uomo o una donna di mezza età sarebbero già divenuti nonni ed avrebbero i nipotini da amare. Amerebbero e ne sarebbero felici, perché donerebbero amore vero e ricchezza di vita. Essere nonni significherebbe per loro riscoprirsi educatori, fonte di gioia e crescita. Ma i figli non hanno a loro volta figli. Ed un uomo o una donna di sessant'anni si ritrovano poveri d’amore. Non sanno più qual è la loro missione in questo mondo. Non è più chiara la missione di una persona di sessant'anni. E non si può vivere senza una missione – nessuno può vivere senza amore, questo è chiaro. E cercano compagnia. Ma non è lo stesso.

Celebrare per i morti da sacerdote. Cioè amarli (di G.M.)

Celebrare l'eucarestia per i morti. È uno dei gesti di amore più alto che compie un prete. Se ne capisce il valore solo se si crede alla vita eterna ed al valore della preghiera di intercessione. Ma se si crede in questo, è evidente il significato di questa forma di amore. Le messe celebrate ogni giorno per i defunti salvano tante vite, talvolta più che tante catechesi. Noi amiamo celebrando la messa. Celebriamo non solo per la chiesa che ci è dinanzi fisicamente. Celebriamo per chi è in purgatorio. Celebriamo per tutti.

Non c’è amore fra uomo e donna senza dono totale di sé... per questo il matrimonio è più grande dell’amicizia (di G.M.)

Non c'è amore fra uomo e donna senza il dono integrale di sé. L'indissolubilità, la promessa di un amore che vince il tempo, non è aggiunta esterna imposta surrettiziamente dalla fede cristiana. Se cominci ad amare qualcuno ti accorgi dopo un po' che l'essergli solo “compagno” non basta. Lui vuole te e tu vuoi lui. Altrimenti l'amore delude. E non vuoi solo che l'altro ti dedichi tutta l'attenzione. Vuoi che l'altro ti regali tutto il suo futuro. Ti offra tutta la sua vita. Tutta la sua anima e tutto il suo corpo. E cominci a percepire che è questo ciò che l'altro si aspetta da te, se comincia ad amarti veramente. Amarsi fra uomo e donna vuol dire promettersi che nel tempo a venire tutto sarà comune, perché espressione di amore. Ogni estate e ogni inverno, ogni Natale ed ogni Pasqua, ogni sabato ed ogni domenica. Fino alla vecchiaia e alla morte. E promettersi che l'amore duri anche nell'eternità. Anche nell'amicizia ci si promette che si sarà amici per tutta la vita. E per l'eternità. Ma l'amicizia, da questo punto di vista, è meno grande del matrimonio. Nell'amicizia ci si ama per sempre, ci si ama totalmente, ma senza la prospettiva di diventare una famiglia. Non ci si impegna a mettere tutto in comune. Invece non c'è amore coniugale che non si apra nel tempo alla prospettiva del matrimonio. Altrimenti si rivela prima o poi come non amore. E delude. Se fiorisce, invece, abbraccia tutta la vita. La tua e quella dell'altro. L'amore del matrimonio è simile solo al sacerdozio. Non si può essere sacerdoti a tempo. O tutto. O niente.

Esiste un “vangelo della famiglia” (di L.d.Q.)

Mi rendo sempre più conto che esiste un “vangelo della famiglia”. Esiste proprio perché la famiglia è così centrale nella predicazione cristiana. Ed è decisiva nel vivere. Più che non il denaro! Chi non accoglie il vangelo della famiglia, in realtà non accoglie Cristo stesso!
Per alcuni esisterebbe un cristianesimo allo stato puro, senza alcuna connotazione sociale. Esso si inculturerebbe solo poi. E si incontrerebbe solo poi con un determinato modello di famiglia, di modo che questo non sarebbe quindi coessenziale al vangelo.
Il vangelo invece insegna il contrario. Al tempo di Cristo esistevano modelli di famiglia che prevedevano il divorzio, sia in ambiente ebraico che in quello ellenistico.
È
Cristo ad essere invece l'inventore dell'indissolubilità del matrimonio. Esso fa tutt'uno con la croce e con l'amore che prende su di sé il male del mondo. Come Cristo è l'inventore della verginità e del celibato per amore – gli eunuchi per il regno dei cieli – così egli è l'inventore dell'indissolubilità per amore, anche dinanzi al male del coniuge. Meglio: egli, come vero interprete delle Scritture, afferma che questo era l'originario disegno di Dio fin dalla Genesi. E che solo il peccato dell'uomo – la durezza del cuore – abbia portato ad allontanarsi da esso.

Continuare ad amare dopo il tradimento (di A.L.)

Una catechista mi si avvicina, dopo che ho parlato dell'amore tra uomo e donna che è per sempre o non è tale. Mi mostra il suo anello nuziale. E mi dice: «Mio marito mi ha lasciato dopo che abbiamo avuto due bambine. Mi ha lasciato dieci anni dopo il nostro matrimonio. Ha lasciato poi anche la “seconda” moglie e ne ha avuta una “terza”. Le cose, sembra, non vanno tanto bene nemmeno con questa. Per me, comunque, è sempre l'unico marito. Questo anello che vede al dito non l'ho mai tolto. Un giorno forse capirà. Io non cerco altri uomini diversi da lui. Resta mio marito. Questo è il mio amore».

Non “compagna”, ma moglie! (di A.L.)

In ospedale per benedire una donna morta a 75 anni. Il marito, laico “impenitente” che si è sempre rifiutato di sposarla in chiesa e che non ha battezzato i figli – la figlia è stata la mia prima catecumena adulta come parroco – si mette a piangere. Mi dice: «Don Andrea lei lo deve sapere. I miei figli ora lo devono sapere. Lei sa cosa io ho sempre pensato di Dio e della chiesa. Ma ora voglio dirle che avevo fatto voto di sposarla in chiesa, se fosse guarita. L'avrei portata in carrozzella in chiesa, davanti a Dio, e l'avrei sposata. Per me dire che una donna è una “compagna” è dirle una parolaccia. È insultarla. Lei è stata fin dall'inizio mia moglie. E basta. Non è mai stata una “compagna”. E' sempre stata mia moglie. Io l'ho sempre saputo – e anche lei l'ha sempre saputo – che non ci sarebbero mai stati altri e che saremmo stati insieme per tutta la vita. Ora, a 75 anni, l'avrei portata all'altare, se Dio me l'avesse ridata viva dopo la sua malattia». Insieme piangiamo.

Sapere già al momento del matrimonio quanti figli si “avranno” (di A.L.)

Mi dice una sposa che l'avrebbe aiutata qualcuno che le avesse detto già al momento del matrimonio di decidere di avere tanti figli. «Se non lo hai deciso fin dall'inizio, se non ne hai parlato con tuo marito, se non ne sei convinta perché in fondo hai rimandato la questione, succede che aspetti e ti accorgi che eri disponibile ad averne di più solo quando comincia ad avere paura di averne, perché l'età avanza».

L'educazione inizia dinanzi ad una fontanella d'acqua (di A.L.)

Una bambina molto piccola ad una fontanella sta per riempire una bottiglia d'acqua. Mi avvicino per bere. Il padre non le dice nemmeno: «Lascia bere il signore». O più ancora: «Lascia bere il padre». La bambina impiega molto tempo a riempire la sua bottiglietta, perché ha difficoltà a tenerla in mano. Ed il padre non dice una parola. Solo quando ha finito, posso finalmente bere. Sarà una bambina viziata. Nessuno le sta insegnando ad aspettare, a farsi da parte. Nessuno le insegna che un altro sta aspettando che lei finisca. Apparentemente si potrebbe pensare che lasciarla fare serva ad incoraggiarla, a darle sicurezza. In realtà le viene preclusa la relazione con gli altri, la capacità di imparare ad amare. Commentiamo con un'amica carissima che già in un gesto come questo sono poste le premesse per una mancanza di rispetto futuro verso le altre persone.

Una guida dinanzi alla Vocazione di San Matteo di Caravaggio (di A.L.)

Mi raccontano di una guida che spiega al suo gruppo la Vocazione di San Matteo del Caravaggio affermando che Pietro fa ombra alla figura di Cristo. A suo dire sarebbe un segno della Chiesa che fa ombra a Cristo. L'ignoranza della guida si accompagna al suo anti-clericalismo di bassa lega. Ma il risultato è che ai suoi ascoltatori nasconde l'evidenza. Che cioè Caravaggio amava la Roma del suo tempo ed i suoi papi. Che Caravaggio amava la Chiesa della controriforma e che proprio lui ha aggiunto la figura di Pietro non a velare il Cristo, bensì a prolungare il suo gesto.

L’uomo non vuole mezze verità! (di G.M.)

Si pensa talvolta di venire incontro alle persone e di accoglierle, nascondendo loro la verità sulla vita, sull'insensatezza di tante scelte, sulla mancanza di Dio nelle decisioni. Ma l'uomo non vuole mezze verità. Non ama chi nasconde la verità. Solo affrontando di petto la questione della verità, anche se dolorosa, si aiuta veramente a costruire su basi solide, per non doversi poi un giorno pentire.

Ma Gesù è esistito davvero? La domanda di una bambina (di A.L.)

Mi dice una madre che la giovanissima figlia le ha domandato: «Mamma, ma Gesù è esistito davvero?». Non le ha mai domandato se Biancaneve o Cenerentola sono esistite davvero. È evidente per la bambina che Biancaneve e Cenerentola sono personaggi di fantasia. Gesù è, invece, reale, e la bambina vuole saperlo con sicurezza. Ha già intuito che Gesù è reale. Ma insieme ha intuito che egli è più grande di tutte le persone reali che conosce. Ha già intuito che è il Figlio di Dio e ne cerca la conferma in sua madre. Abbiamo consapevolezza nella catechesi di queste domande vere dei nostri bambini?