Professor Ratzinger ci parli della felicità. Raccolte in un volume le lezioni tenute negli anni Settanta alla Facoltà teologica del Triveneto
Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 23/3/2012 un testo dell’allora cardinale Joseph Ratzinger. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (25/3/2012)
Rari e preziosi. Bastano due aggettivi per riassumere gli scritti di Joseph Ratzinger che le Edizioni Messaggero Padova e la Facoltà Teologica del Triveneto manderanno in libreria il prossimo 26 marzo nel volume Salvezza cristiana e storia degli uomini. Joseph Ratzinger con Luigi Sartori tra i teologi triveneti (1975-1976), a cura di Ermanno Roberto Tura e con la postfazione di Andrea Toniolo (Padova 2012, pagine 232). Il libro è incentrato su due incontri svoltisi a metà degli anni Settanta a Roana (Vicenza) su invito dell'Istituto di Cultura Cimbra, a cui parteciparono Luigi Sartori, esponente autorevole della teologia italiana e, come principale relatore, Joseph Ratzinger. Gli scritti del futuro Pontefice sono due. Il primo, La problematica "ad extra" per un dialogo con le culture (da cui è tratto il primo estratto che anticipiamo), è l'intervento che il professore tenne al primo convegno (2-3 aprile 1975), dedicato a "Salvezza cristiana tra storia e aldilà". L'altro, Alcune forme bibliche ed ecclesiali di "presenza" dello Spirito nella storia (secondo stralcio in basso), ripropone invece la lezione tenuta dal professor Ratzinger nell'aprile 1976, durante l'incontro "Spirito Santo e storia".
Credo che la storia dello sviluppo delle parole sia come uno specchio in cui leggere il progredire del pensiero umano. Il termine "felicità" ha sostituito progressivamente, nel sentimento e nel parlare comune fuori dell'area teologica, il termine classico di "salvezza". Ciò ha significato la perdita della pregnanza cosmica contenuta nel concetto cristiano di salvezza. Col termine "salvezza" era connotata la salvezza del mondo, entro la quale si realizza quella personale. Invece felicità, ora, riduce il contenuto della salvezza a una sorta di benessere individuale, a una "qualità" del vivere dell'uomo inteso come individuo; in questa prospettiva il "mondo" non viene considerato più per se stesso e globalmente, ma solo in funzione individualistica.
Si ha così un depotenziamento del contenuto teologico della salvezza. Se non che al termine "felicità" sta subentrando prepotentemente un altro termine più fortunato, vale a dire il termine "futuro". Questo termine per così dire, riabilita l'intenzione profonda che era nascosta nel termine "salvezza". La "felicità" fu intesa sempre più in senso autonomo e opposto, rispetto al "salvarsi l'anima".
Ma così l'uomo, affamato di piacere, chiuso nell'orizzonte ristretto dei suoi sogni immediati, ha cominciato a confrontarsi con gli altri, con i più fortunati e più felici di lui. Non potendo sopportare la presenza di altri uomini più felici di lui, ha cominciato a sognare e a lottare per un futuro di uguaglianza per tutti. L'ideale borghese non basta più, perché l'uomo non può restare isolato, da solo; ha fame di una felicità totale, più grande.
Ritorna allora l'intenzione rivolta al mondo, alla salvezza del mondo, nel senso di operare un cambiamento del mondo, tale che offra condizioni per una felicità più piena per tutti. Il "futuro" pertanto assorbe nella sua utopia ciò che prima poteva evocare di senso e significato sia il termine "salvezza", sia il termine "felicità".
Futuro, ecco la nuova parola: il marxismo su di essa gioca la sua chance. Nei confronti di questa storia dei termini, la teologia deve confessare di essersi lasciata compromettere nel processo di riduzione, di caduta, di perdita di senso nel genuino concetto biblico di salvezza. Duplice riduzione, anche in teologia: anzitutto privatizzazione e interiorizzazione della salvezza, che la riduce a problema della pura e semplice "salvezza dell'anima"; e poi adattamento al modello borghese, senso individualistico della salvezza.
Il risultato è che oggi la vera risposta della fede può essere oscurata da due parti. Dall'una parte, la memoria "eucaristica" dell'amore del Signore e della sua promessa viene cambiata in una memoria "pericolosa" (Bloch), strumento di una religione dell'invidia. Dall'altra parte, il cristianesimo può essere considerato come fattore di mantenimento della situazione attuale del mondo, privilegiante piccoli gruppi potenti. Oggi, poi, si sentono voci di stanchezza e di rassegnazione anche da parte di coloro che hanno patrocinato il superamento dell'immobilismo e la radicale immissione nella "lotta per il nuovo". Il momento euforico della ragione tecnologica d'Occidente e della ragione rivoluzionaria d'Oriente sembra passato. Sta subentrando una crisi di stanchezza.
Occorre reagire. La teologia stessa deve aiutare l'uomo d'oggi a trovare possibilità, le più profonde e vere, di cambiamento del mondo. Una tale strategia deve essere nuova nel senso che sia capace di allargare e superare appunto i cerchi sia della razionalità tecnologica occidentale, sia della razionalità rivoluzionaria orientale. L'uomo non si accontenta più di un supplemento, di una aggiunta quantitativa di felicità; né di una semplice distribuzione più equa dei beni presenti. Egli domanda qualcosa di totale, di veramente nuovo, di più profondo.
Perciò, per comprendere e per rispondere a questa domanda radicale dell'uomo, a questa sua sete di felicità, la prima cosa da fare è di avere il coraggio di appellarsi a una "ragione totale", vale a dire a una ragione che non sia soltanto "produttiva", che non prenda la realtà come oggetto, ma che sia anche aperta all'ascolto del "tu", dell'amore, anche dell'amore eterno e della sua forza trasformatrice. Svegliare la ragione, perché non si addormenti nel dato, anche quello calcolato e prevedibile. Le sue "fortune" vengono anzi proprio da ciò che non abbiamo previsto!