Come il cristianesimo ha trasformato il libro. Un’autentica rivoluzione culturale non solo nella forma ma anche nei contenuti, di Simona Verrazzo
Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 23/2/2012 un articolo scritto da Simona Verrazzo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (27/2/2012)
Dai rotoli di papiro e di pergamena ai libri. Questo il passaggio epocale al quale è dedicato il volume Come il cristianesimo ha trasformato il libro (Roma, Carocci, 2011, pagine XIII + 343, euro 29), di Anthony Grafton, Henry Putnam University Professor alla Princeton University e presidente dell’American Historical Association, e Megan Williams, docente associata di Storia alla San Francisco State University. «Questo libro — scrivono — parla delle nuove modalità di organizzazione della ricerca erudita e delle forme di collaborazione tra studiosi diversi che si vennero a creare nel III e nel IV secolo nella città costiera di Cesarea» (tra le attuali Haifa e Tel Aviv), capitale dell’antica provincia romana della Giudea.
A Cesarea, in questi due secoli, si sviluppò una tradizione degli studi cristiani così originale da diventare un punto di riferimento anche durante l’umanesimo. I due autori prendono come esempio Erasmo da Rotterdam. Il teologo-filosofo olandese pubblicò la sua prima edizione greco-latina del Nuovo Testamento nel 1516 ed «elencò tra i suoi predecessori, in quest’opera di innovazione nelle modalità di presentazione delle Sacre Scritture, Origene ed Eusebio».
Un riconoscimento alla scuola di Cesarea, nel cui contesto culturale videro la luce gli Hexapla di Origene (vissuto all’incirca tra il 184 e il 254) e la Cronaca di Eusebio (nato intorno al 260 e morto nel 399). «Lo studioso — scrivono i due autori a proposito di Erasmo da Rotterdam — credeva infatti che Origene ed Eusebio avessero entrambi contribuito a elaborare le tavole di concordanza, attribuendo così a tutti e due un ruolo nello sviluppo delle modalità di allestimento formale del testo biblico».
Gli Hexapla di Origene e la Cronaca di Eusebio sono due testi di riferimento, che hanno rivoluzionato il modo in cui il sapere veniva trasmesso attraverso i libri. Punto di svolta fu l’impostazione delle pagine, su colonne. L’intuizione iniziale di Origene fu ripresa — perfezionandola — da Eusebio. I due non si conobbero mai per ragioni cronologiche: la persona “di contatto” fu Panfilo, allievo di Origene e maestro di Eusebio.
Gli autori ricostruiscono le vite dei due grandi filologi cristiani. Molte delle informazioni sulla biografia di Origene, che era nato ad Alessandria d’Egitto e si formò nella sua didaskalèion (scuola teologica), ci sono state trasmesse dallo stesso Eusebio, che invece era nativo di Cesarea, di cui divenne vescovo nel 314. Scrittori prolificissimi, sia Origene sia Eusebio contribuirono alla rivoluzione della trasmissione del sapere principalmente con due opere, in cui prevalse il codex (il codice) per l’esposizione dei contenuti.
Così Grafton e Williams descrivono le traduzioni della Bibbia contenuta negli Hexapla di Origene: «Immaginate, dunque, un armarium, una credenza chiusa carica di quaranta grossi codici. Ciascun volume, ad apertura di pagina, mostra sei o più colonne parallele, che presentano un testo ebraico a lettere ebraiche, nella parte più a sinistra, seguito da una traslitterazione greca dell’ebraico, quindi dalle versioni greche di Aquila, di Simmaco, della Settanta e di Teodozione, in quest’ordine».
Di questo immenso lavoro, realizzato nella prima metà del III secolo sono giunti a noi soltanto pochi frammenti, che testimoniano come non tutti i libri fossero organizzati su sei colonne. Il riferimento più antico dell’esistenza degli Hexapla ci arriva dalla Storia ecclesiastica di Eusebio (la cui redazione finale viene fatta risalire al 325 circa), dove il VI libro è quasi interamente dedicato a Origene, mentre è certo che san Girolamo (347-420) ebbe modo di consultarli.
Eusebio riprese e superò questa impresa nella sua Cronaca, la cui prima versione è datata intorno all’anno 300. La prima parte, la Cronografia, poneva le basi critiche dell’opera. Ma è nella seconda sezione che è la rivoluzione. «Eusebio — scrivono gli autori — riunì in tabelle le informazioni cronologiche di base riguardanti circa diciannove Stati, quello assiro, persiano, ebraico, ateniese, sicionio e così via, fino ai Romani, che aveva presentato in capitoli separati nel libro I. Il Canone comparava gli anni dei sovrani dei diversi regni che un cristiano doveva conoscere con quelli dei patriarchi ebrei, a partire da Abramo. Negli spazi bianchi tra le liste delle date Eusebio ricordava il tipo di eventi che i cronografi avevano menzionato fin dal periodo ellenistico: la creazione di nuove tecnologie come la trireme, le battaglie e i portenti, il floruit di ipotetiche divinità e di poeti supposti o reali. La Cronaca così si sviluppò fino a diventare una sorta di ampia storia politica, religiosa e culturale del mondo antico, che servì fino al XVI secolo come la fonte più ricca di informazioni per chiunque fosse interessato alla storia della cultura umana».
La rivoluzione non è soltanto nella forma, ma anche nei contenuti, presentati con tale chiarezza e precisione da essere facilmente accessibili, grazie anche all’organizzazione delle tabelle riunite per decadi. La Cronaca termina con l’imperatore Diocleziano, alle cui persecuzioni lo stesso Eusebio sfuggì e che era morto tre anni prima che lui diventasse vescovo di Cesarea, mentre san Gerolamo la tradusse in latino, “allungandola” fino alla fine del regno dell’imperatore Valente, nel 378.
Fu grazie al lavoro del dottore della Chiesa che la Cronaca divenne quello che noi oggi chiameremmo un best-seller, indispensabile per chiunque volesse avvicinarsi a quanto avvenuto nell’antichità.
L’intuizione di Eusebio fu semplice eppure geniale: per raccontare il passato alla prosa preferì le colonne. In questo modo la trasmissione del sapere cambiava completamente: il discorso cronologico cedeva il passo alle tabelle, che “riorganizzavano” la storia per decenni. Una impaginazione rivoluzionaria, resa possibile grazie al rinnovamento culturale apportato dalla religione cristiana e che, fin dal titolo, fa sostenere a Grafton e Williams «come il cristianesimo ha trasformato il libro».