Primi appunti sull'enciclica Spe salvi (di G.M.)
Durante una brevissima presentazione dell’enciclica Spe salvi vengono precisati alcuni aspetti importantissimi:
L’enciclica parla delle nostre piccole speranze, quelle che animano le nostre giornate, dagli affetti al lavoro alla salute, parla della speranza della tecnologia che da quattro o cinque secoli continua a cambiare il mondo –basta pensare a quanti oggetti utilizziamo che non conoscevamo solo 10 anni fa- parla della speranza che nasce dalla politica, una politica che non si limita a gestire il governo delle cose, ma si spinge a pensare di costruire un mondo nuovo, addirittura un uomo nuovo.
La lettura vera non è nella linea di una contrapposizione fra queste e la speranza cristiana, quanto piuttosto della ricerca e dell’analisi del loro rapporto. Perché esse si richiamano a vicenda. Le speranze non possono sostituire o surrogare quella cristiana, ma neanche questa le sostituisce, piuttosto dà loro un senso ed una direzione, senza la quale esse sono cieche. La speranza cristiana mostra che esse si protendono, in realtà, verso il senso, verso l’eternità.
L’enciclica è estremamente interessante anche nella sua parte finale dove parla dei ‘novissimi’ (il termine teologico con il quale si indicano le cose ultime, l’eternità, il paradiso, ecc.). Vengono spiegati in punta di piedi, perché di là nessuno di noi c’è stato! Se ne parla in modo estremamente moderno, non come una questione cosmologica con l’inferno sotto terra ed il paradiso in cielo. Vengono illuminate come il nostro rapporto eterno con Dio in Cristo.
L’enciclica parla delle nostre piccole speranze, quelle che animano le nostre giornate, dagli affetti al lavoro alla salute, parla della speranza della tecnologia che da quattro o cinque secoli continua a cambiare il mondo –basta pensare a quanti oggetti utilizziamo che non conoscevamo solo 10 anni fa- parla della speranza che nasce dalla politica, una politica che non si limita a gestire il governo delle cose, ma si spinge a pensare di costruire un mondo nuovo, addirittura un uomo nuovo.
La lettura vera non è nella linea di una contrapposizione fra queste e la speranza cristiana, quanto piuttosto della ricerca e dell’analisi del loro rapporto. Perché esse si richiamano a vicenda. Le speranze non possono sostituire o surrogare quella cristiana, ma neanche questa le sostituisce, piuttosto dà loro un senso ed una direzione, senza la quale esse sono cieche. La speranza cristiana mostra che esse si protendono, in realtà, verso il senso, verso l’eternità.
L’enciclica è estremamente interessante anche nella sua parte finale dove parla dei ‘novissimi’ (il termine teologico con il quale si indicano le cose ultime, l’eternità, il paradiso, ecc.). Vengono spiegati in punta di piedi, perché di là nessuno di noi c’è stato! Se ne parla in modo estremamente moderno, non come una questione cosmologica con l’inferno sotto terra ed il paradiso in cielo. Vengono illuminate come il nostro rapporto eterno con Dio in Cristo.