L’evangelizzazione delle Filippine (da J. Glazik)
Riprendiamo da J. Glazik, La primavera missionaria all’inizio dell’età moderna, in H. Jedin, Storia della chiesa, VI, Jaca, Milano, 1975, pp. 713-715, un brano riguardante l’evangelizzazione delle Filippine. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti sull’evangelizzazione del “nuovo mondo”, vedi il file audio La scoperta dell'America e gli inizi dell'evangelizzazione del “nuovo mondo”. File audio di una relazione di Andrea Lonardo presso la Cappella dei Re magi del Borromini nel Collegio di Propaganda fide.
Il Centro culturale Gli scritti (22/12/2011)
Con il portoghese Ferdinando Magellano, che al servizio della Spagna scoprì nel 1521 le Filippine, sbarcarono anche alcuni eremitani agostiniani spagnoli che insieme a tutto l'equipaggio annunciarono il vangelo agli indigeni. A Pasqua, Magellano fece celebrare la santa messa e innalzare una croce, dinanzi alla quale i «re» delle isole dovettero professare fedeltà e reverenza. Un villaggio che vi si rifiutò venne incenerito. Questo atto di violenza provocò una rivolta nella quale Magellano fu assassinato. L'equipaggio e i missionari riuscirono solo a stento a salvarsi.
La Spagna non poté sulle prime prender possesso delle isole appena scoperte, poiché la linea di demarcazione del Pacifico, tracciata nel 1529, le assegnava alla sfera portoghese. Il Portogallo però sembra non aver mostrato alcun interesse per l'arcipelago; comunque la Spagna poté intraprendere dall'America vari tentativi per prenderne possesso.
Ciò tuttavia non riuscì che nel 1564 all'agostiniano Andrea di Urdaneta, un antico ammiraglio il quale vide nel tradimento degli indigeni verso Magellano un buon motivo per dichiarar loro la guerra se si fossero opposti a un tentativo di conversione. Nel 1569 la Spagna prendeva formalmente possesso delle isole. Essa le considerava come un prolungamento dei suoi possedimenti americani e un avamposto per il continente asiatico: la via da Madrid all’Asia passava per il Messico e le Filippine.
L'attenzione era rivolta quasi esclusivamente alla Cina, motivo questo per cui l'opera missionaria nelle isole fu intrapresa soltanto con indugio. Nel 1571 veniva fondata Manila, nel 1583 la Audiencia di Manila veniva sottoposta al viceré della Nuova Spagna (Messico).
Anche qui si mise in moto una vera e propria migrazione di religiosi spagnoli. Nel 1575 sbarcarono a Luzon 24 agostiniani, nel 1577 li seguirono i francescani. Nel 1579 Manila divenne un vescovado. Il primo vescovo, Domenico di Salazar OP, volle che anche la sua famiglia religiosa avesse parte nell'attività missionaria.
Le sue premure al riguardo mostrano quali pericoli comportassero allora i viaggi per mare. Di 20 frati predicatori che il vescovo prese con sé, 18 morirono durante il viaggio. Di un altro gruppo di domenicani che salparono dalla Spagna nel 1586, soltanto 15 arrivarono a Manila. Ciò nonostante l'afflusso di nuovi missionari non venne mai meno. Sino al principio del sec. XVII debbono essersi imbarcati per le Filippine 450 religiosi, tra i quali, nel 1581 i gesuiti, nel 1606 gli agostiniani recolletti. Nel 1586 nasceva la provincia francescana di S. Gregorio, nel 1592 la provincia domenicana del S. Rosario, nel 1606 la provincia dei gesuiti.
Gli evangelizzatori non trovarono quasi alcuna resistenza tra gli abitanti delle isole che professavano un primitivo animismo. Soltanto nei principati islamici di Jolo e di Mindanao nel sud dell’arcipelago si oppose una barriera ai loro sforzi. Poterono tuttavia consolarsi con gli abbondantissimi successi nelle altre isole. Nel 1585 si contavano già 400.000 cristiani, nel 1595 quasi 700 mila, nel 1620 oltre due milioni: in appena cinquant’anni la massa della popolazione dell'arcipelago era divenuta cristiana! Nel 1595 veniva istituita nelle Filippine una propria gerarchia. Manila divenne arcivescovado ed ebbe in Cebu, Nueva Segovia e Nueva Càceres tre diocesi suffraganee.
Considerata dal punto di vista del metodo, la missione delle Filippine occupa un posto a parte nella storia delle missioni e del patronato spagnolo. La causa va ricercata nella situazione particolare delle Filippine entro l’impero coloniale spagnolo. Le isole potevano esser raggiunte soltanto attraverso il Messico. Ciò rendeva talmente difficile il commercio con la madrepatria che esso passò del tutto in secondo piano rispetto all'attività missionaria. I missionari sembrano essersi resi conto di questa situazione di privilegio e ne profittarono per evitare o impedire gli errori che erano stati fatti in America. Quello che là non era riuscito a un Las Casas, qui poté essere realizzato. Non vi furono né schiavitù, né lavoro forzato. I missionari si presentarono come protettori degli indios e seppero difenderli dalle sopraffazioni dei bianchi. I riguardi e la mitezza con cui vennero trattati gli indigeni non mancarono di produrre il loro effetto. I Filippini rimasero fedeli alla Spagna e ai loro missionari, insieme ai quali per cinquant'anni difesero l’impero coloniale contro tutti gli attacchi dei maori, dei cinesi e degli olandesi.
Il risultato di tale lavoro fu una nuova nazione cattolica: l’unica nell'Estremo Oriente! Certo il popolo ha perduto completamente la sua impronta caratteristica e si è spagnolizzato; ha però avuto una parte nella vita intellettuale e spirituale della cattolica Spagna. La cultura fiorì, dovunque sorsero scuole e collegi. Nel 1611 i domenicani fondavano il collegio di S. Tommaso d’Aquino, che nel 1645 fu elevato al grado di università. L’immediata conseguenza di questo intenso lavoro formativo fu che ben presto si ebbero sacerdoti del luogo, i quali con l’andar del tempo presero in mano quasi la metà di tutte le parrocchie. Soltanto il declino della potenza mondiale spagnola doveva mutare questo quadro così favorevole.