Lorenzo Rocci, il gesuita che compose il famoso Dizionario greco-italiano
Riprendiamo dal sito della Società Editrice Dante Alighieri un testo che presenta la vita del gesuita Lorenzo Rocci. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (18/12/2011)
Insigne grecista, latinista, poeta, grammatico, metricista, storico, memorialista e agiografo, Padre Lorenzo Rocci fu soprattutto uno straordinario intreccio di saperi. Nato a Fara Sabina, in provincia di Roma, l’11 settembre 1864, entrò nella Compagnia di Gesù a Napoli il 18 ottobre 1880. Dieci anni più tardi conseguì la laurea in Lettere presso la Regia Università di Roma, con una prova tanto brillante da meritare persino le lodi del grande Giosuè Carducci, membro della commissione esaminatrice.
Completò la propria formazione con un anno di studio in Francia, ad Angers. Nel 1892 fu ordinato sacerdote a Cortona (Arezzo) e dal 1891 al 1901 fu Prefetto di Camerata a Mondragone, dove in seguito prestò la propria opera anche come insegnante di latino e greco (dal 1903 al 1920) e infine come Preside (dal 1939 al 1946).
Dagli anni immediatamente successivi al completamento degli studi fino al 1939 Padre Rocci lavorò con infaticabile zelo alla stesura del Vocabolario Greco-Italiano, cui tuttora è legata la sua fama. Nella realizzazione dell’immane opera suoi unici strumenti furono schedine e appunti dattiloscritti, oltre ad una sconfinata cultura acquisita attraverso un’assidua frequentazione degli autori classici e tardo-antichi.
Nel 1939, anno della prima edizione, copie del dizionario rilegate in pelle bianca furono consegnate al re Vittorio Emanuele III, al duce Benito Mussolini e a papa Pio XII, che in un messaggio autografo indirizzato personalmente a Padre Rocci ne lodò gli alti meriti per l’ampiezza e la dottrina del suo lavoro: «E veramente il tuo lavoro, diletto figlio, benché altissimo per gli scolari, non è un semplice manuale scolastico, ma si presenta con tali caratteri di ampiezza e di dottrina, anche nuova e recondita, da spiccare tra quanti simili si son pubblicati finora in Italia, anzi da vincerli facilmente».
Curiosi aneddoti vengono tramandati anche riguardo all’incontro fra Padre Rocci e Mussolini. Si racconta infatti che nello stesso anno 1939 il dotto gesuita, chiamato a presentare al Duce il frutto delle proprie fatiche intellettuali, nella cornice di un appuntamento ufficiale a Palazzo Venezia, assecondando le ambizioni autarchiche del suo potente interlocutore e dando in questo prova di singolari doti diplomatiche, esordì con queste parole: «Eccellenza, finalmente oggi questo vocabolario di greco potrà degnamente sostituire quelli pubblicati in inglese e in tedesco». Sembra che allora secca e fulminea sia stata la replica del Duce; battendo i pugni sul tavolo in un improvviso slancio di orgoglio, egli avrebbe esclamato: «Bene! Domani tutta l’Italia saprà dai giornali il valore di quest’opera».
Gli anni successivi furono interamente consacrati da Padre Rocci alla sua duplice vocazione erudita e sacerdotale: profuse grande impegno nel limare e perfezionare la sua creatura fino all’edizione definitiva del 1943, e contemporaneamente rivestì con la massima devozione il ruolo di Confessore nella Chiesa del Gesù a Roma.
Numerose e significative sono le testimonianze dei suoi discepoli su quegli anni di intensa attività. Il Rocci studioso, per esempio, rivive nel racconto del gesuita Giuseppe Peri: «L’ho conosciuto proprio in quegli anni, ero un giovane novizio. Me lo ricordo durante una caldissima estate romana nella sua stanza, piena di libri, con in mano quelle schedine che servivano al suo vocabolario. Faceva impressione perché da quanto era preso dal suo lavoro per non perdere la concentrazione si dimenticava di togliersi il soprabito. Ed eravamo in pieno agosto!».
Dal ricordo del gesuita Paolo Bachelet, allora giovane studente di Lettere classiche, emerge anche il tratto di pastore d’anime: «Mi viene in mente la sua accuratezza nell’aiutarci a tradurre dal greco, ma anche la sua attenzione negli ultimi anni a ricordarci il bene fatto a tante anime dentro il confessionale della Chiesa del Gesù». In questi anni egli risiedeva alla Gregoriana e collaborava attivamente anche con la cappellania della Sapienza, lavorando ogni giorno fino a tardi.
Il 14 agosto 1950, all’età di quasi 86 anni, Padre Rocci si spense nella Casa Professa del Gesù a Roma. Si narra (e qui la leggenda si confonde con la storia) che prima di spirare, dopo aver ricevuto il sacramento dell’estrema unzione, abbia espresso un piccolo desiderio: fumare l’ultimo sigaro. Se ne andò così, con la stessa semplicità e bonarietà non artefatta che aveva contraddistinto tutta la sua intensa vita di sacerdote e di studioso.