Jihâd (da D. Sourdel – J. Sourdel-Thomine)
Riprendiamo da D. Sourdel – J. Sourdel-Thomine, Vocabolario dell'islam, Città aperta, Troina, 2005, pp. 115-116, la voce Jihâd. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.Per approfondimenti sull'islam, vedi la sezione Cristianesimo, ecumenismo e religioni.
Il Centro culturale Gli scritti (3/12/2011)
JIHÂD – “Lotta”, nel significato originale. – Indicò innanzitutto, nei trattati di diritto religioso o fiqh, lo “sforzo di guerra” che doveva essere intrapreso contro gli infedeli o kâfir, in nome della Legge o sharî'a, per far trionfare la vera religione. Di qui il senso di “guerra legale”, piuttosto che “guerra santa”, decisa dal capo della comunità, ossia da un califfo che governa realmente o da uno dei suoi rappresentanti, l’emiro o, più tardi, il sultano. – Si tratta dunque di un “dovere collettivo” o fard kifâya e non individuale, destinato ad assicurare l’espansione dell’islam in quanto religione universalista e che istituisce uno stato di guerra permanente con i territori non musulmani chiamati dâr al-harb, nei confronti dei quali solo una forma di tregua o hudna, e non una pace durevole, può essere consentita. – Spiega le diverse imprese militari che hanno assicurato l’ampliamento del mondo musulmano, a partire dalla vittoria o fath di Muhammad sugli abitanti della Mecca che seguì le sue diverse battaglie e spedizioni o maghâzi, e l’epoca delle grandi conquiste che si svolsero subito dopo la sua morte. – Più o meno regolarmente osservato in seguito, dal 1914 non è più stato decretato ufficialmente ma in epoca contemporanea viene spesso intrapreso da gruppi di combattenti indipendenti. – A partire dal X secolo, alcuni autori avevano modificato il senso del termine vedendovi solamente un combattimento difensivo (per esempio contro i Franchi e i Mongoli) o una lotta contro l’eresia. – I sufi sono giunti a interpretarlo come una lotta contro le passioni. Da qui le espressioni jihâd maggiore per lo sforzo interiore e jihâd minore per quello guerresco.