Disputa sul luogo del battesimo di Gesù, di Giuseppe Caffulli
Riprendiamo da Avvenire del 23/10/2011 due articolo scritti da Giuseppe Caffulli. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (23/10/2011)
La scalinata che conduce alla riva palestinese del Giordano controllata da Israele (Archivio ETS).
1/ Le fonti non sono concordi: dov’è veramente Betania?, di Giuseppe Caffulli
Dove è stato battezzato Gesù? I Vangeli sinottici non indicano il punto esatto, ma usano un rimando generico al fiume Giordano. Il Vangelo di Marco dice: «Fu battezzato nel Giordano» (Mc 1,9).
Matteo dice: «Andò al Giordano» per farsi battezzare (Mt 3,13). E Luca usa una indicazione ancora più generica, «nella regione del Giordano» (Lc 3,3). Invece il Vangelo di Giovanni offre indicazioni di luogo molto precise riguardo a dove si svolgeva l’attività di Giovanni Battista.
Nei primi secoli del cristianesimo, tra il V e l’VIII secolo d.C., una colonna di marmo o di legno era posta in mezzo al fiume Giordano, e quello era il punto esatto dove si commemorava il battesimo di Gesù. I pellegrini antichi, nelle loro relazioni, raccontano anche di altre memorie legate allo stesso luogo. Tra queste, la basilica fatta costruire dall’imperatore Anastasio I (491-518), il monastero di San Giovanni, e le grotte dei monaci. Teodosio dice espressamente che la chiesa di Anastasio I si trova sulla sponda orientale del fiume.
Nel Vangelo di Giovanni troviamo due indicazioni sul luogo dove il Battista operava. La prima indicazione precisa che Giovanni il Battista operava «in Betania, al di là del Giordano» (Gv 1,28). La seconda indicazione riporta il racconto allo stesso luogo: (Gesù) «ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava» (Gv 10,40).
Fin dai primi esegeti il nome Betania ha creato difficoltà, e Origene ha proposto di correggere il testo con Bethabara, che significa semplicemente «luogo del passaggio», cioè un guado dove si poteva attraversare il fiume Giordano. La trasmissione del testo evangelico non ha recepito la proposta di Origene, pertanto i principali codici (Vaticano, Sinaitico, Alessandrino, Vulgata) mantengono il nome Betania. La sorpresa però viene dalla mappa di Madaba (lo splendido mosaico che mostra i principali luoghi santi e offre una serie di preziose indicazioni topografiche), che nel VI secolo d.C. propone invece il nome di Bethabara sulla sponda occidentale del Giordano.
Perché mai il mosaico di Madaba cambia posto al sito «del passaggio» chiamato Bethabara, quando espressamente il Vangelo di Gv 1,28 e anche Origene spiegano che si trova al di là del Giordano? Il mistero, se così si può chiamare, è stato risolto dall’archeologo francescano fra Michele Piccirillo. A oriente del fiume viene indicato dal mosaico di Madaba un secondo luogo santo, Aynon, dove una sorgente sgorga abbondante da una grotta. Questa località, secondo padre Michele, sarebbe da identificare con Betania oltre il Giordano. Negli scavi condotti da padre Piccirillo, a due chilometri dal fiume, verso est, è stato riportato alla luce il Tell Mar Elyas (oggi chiamato Tell Kharrar), ossia la collina di Elia, ai piedi della quale sgorga una buona sorgente. Proprio questo è il sito indicato con il nome di Aynon nella vignetta del mosaico di Madaba.
L’area archeologica del Kharrar
(Archivio ETS).
2/ Disputa sul luogo del battesimo di Gesù, di Giuseppe Caffulli
L’edicola della Custodia, sulla sponda palestinese e,
dall’altra parte del fiume, la chiesa ortodossa (Archivio ETS).
Le acque del Giordano si incuneano limacciose in una vasta area stepposa che sulle mappe del vicino Oriente viene indicata con il nome di Wadi Kharrar. Una delle strade per arrivarci, quasi a precipizio sul Mar Morto, scende dalle alture rocciose del Monte Nebo, il monte da cui Mosè osservò la Terra promessa senza potervi entrare. Il punto più profondo del pianeta, oltre 400 metri sotto il livello del mare, specie nei caldissimi mesi estivi è avvolto da una densa bruma che a malapena lascia intuire i contorni del grande lago salato. Sullo sfondo, una macchia verdastra, ai piedi delle brulle montagne di Giudea, indica l’oasi di Gerico.
Sul fondo del catino costituito dalla depressione del Giordano, una strada polverosa costeggia una serie infinita di campicelli e ortaglie, poi piega decisamente sul lato sinistro inoltrandosi in una sorta di paesaggio lunare. Più in là, una striscia di canneti e arbusti lascia intuire la vicinanza dell’acqua. Il Wadi Kharrar (wadi in arabo indica il letto disseccato di un fiume) è un vasto territorio che ha visto, nel corso dei millenni, mutare più e più volte il corso del Giordano. Un’ansa del fiume, in particolare, ha sempre attirato l’attenzione dei pellegrini. Quella dove, fin dagli albori del cristianesimo, si è fatta memoria del battesimo di Gesù.
Oggi l’area è tagliata in due. Una parte - la riva orientale - appartiene al Regno hashemita di Giordania. L’altra è Territorio palestinese sotto il controllo militare degli israeliani. Sulla riva giordana si trovano oggi le principali evidenze archeologiche che testimoniano un culto antichissimo. Sulla riva opposta sorgono memorie più recenti (il monastero ortodosso del Prodromo) e la piccola cappella della Custodia di Terra Santa, meta del pellegrinaggio che il 27 ottobre di ogni anno, fin dal Medioevo, percorre da Gerico i sette chilometri di distanza per arrivare alle acque del fiume.
Dalla visita giubilare di Giovanni Paolo II e, successivamente, di Benedetto XVI in Giordania, Palestina e Israele, nel 2009, il governo giordano ha investito molto nell’area, che per lunghissimo tempo era rimasta inaccessibile ai pellegrini. A qualche centinaio di metri dalla chiesa ortodossa dedicata a San Giovanni, che specchia la sua cupola d’oro nelle acque verdastre del Giordano, il governo di Amman ha dato il permesso alle varie confessioni cristiane di edificare nuove chiese e centri di accoglienza per i pellegrini. Nonostante la crisi del turismo in Medio Oriente, soprattutto a causa della cosiddetta Primavera araba, i “viaggiatori per fede” continuano ad essere un buon numero. E molti scelgono proprio la riva giordana per recarsi a fare memoria del Battesimo di Gesù.
Mi incammino con un gruppo di francesi sul sentiero sterrato che, dalla cosiddetta fonte di Giovanni, si incunea nella vegetazione e conduce ai resti della basilica bizantina (riportata alla luce da padre Michele Piccirillo in lunghi anni di studi e di scavi) che le fonti antiche ci testimoniano voluta da Anastasio I sul finire del V secolo. Quella che si pensa fosse la vasca battesimale, prendeva acqua da un ramo laterale del fiume.
Una lunga scala, ora riportata alla luce, collegava la basilica mosaicata con le acque raccolte nella vasca: una discesa di purificazione percorsa nei secoli da chissà quante schiere di catecumeni, rinati in questo modo ad una nuova vita nello spirito. Attorno alla basilica, sono state rinvenute altre due vasche battesimali d’epoca bizantina e edifici adibiti ad abitazioni monastiche e all’accoglienza dei pellegrini.
A poche decine di metri, dove il fiume disegna uno stretto anello (quasi una inversione di rotta) dalla moderna chiesa ortodossa dedicata al Battista si possono scendere alcuni gradini fino a toccare il pelo dell’acqua. Attorno ad grande vasca di pietra, a mo’ di battistero, un manipolo di pellegrini russi prega e canta. Sull’altra riva, quella occidentale, anche il governo israeliano ha da poco realizzato un accesso per i pellegrini, dove si affaccia, controllato da un militare israeliano, un altro gruppo di viaggiatori.
La riapertura del sito sulla riva occidentale del Giordano ha indispettito le autorità di Amman, che rivendicano come unico e autentico il luogo del Battesimo situato sulla riva orientale del fiume, all’interno del proprio territorio (al-Maghtas, la Betania oltre il Giordano del Vangelo secondo Giovanni). La presa di posizione, respinta e rintuzzata dal governo israeliano (che a sua volta sostiene ragioni storiche a favore della riva occidentale), ha innescato una polemica che ha avuto strascichi diplomatici ed echi sugli organi di stampa di diversi Paesi.
Ma ai non molti fedeli presenti di questi tempi nel luogo del Battesimo, questa diatriba tra Stati - nessuno dei quali esisteva ai tempi di Gesù, che passava liberamente da una riva all’altra non sembra interessare granché.
Sia che elevino dalla riva orientale del Wadi Kharrar, sia che salgano dalla riva occidentale (dalla località chiamata Qasr al-Yaud) le preghiere si mescolano, i canti si sovrappongono, le invocazioni si elevano al cielo senza conoscere confini. E su entrambe le rive, a dispetto della politica e dei confini imposti dall’uomo, si fa memoria del Battesimo dell’uomo di Nazareth che proprio qui, nelle steppe di Moab, oltre 2000 anni fa, ha iniziato la sua vita pubblica. E la sua missione di pace e speranza.