Pregare: il senso cristiano di un gesto antico quanto l'uomo (appunti per l'omelia della XXIX domenica anno C, di A.L.)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 26 /10 /2007 - 18:10 pm | Permalink | Homepage
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L’uomo ha sempre pregato. A qualcuno la preghiera può sembrare non adatta all’uomo moderno, all’uomo del progresso, all’uomo del III millennio. Il vangelo di oggi ci ricorda che la preghiera è uno dei gesti più degni dell’uomo. Un animale non può pregare. Non può ringraziare della vita, non può invocare l’eternità per chi muore, non può sentire il desiderio di Dio, perché si arresta all’istinto del cibo.

Ricordo una visita al Museo della preistoria a Perugia dove su di un pannello era trascritto, ad incoraggiare una amorevole attenzione all’uomo incapace ancora di scrittura, un lungo brano della scrittrice M.Yourcenar: parlava dell’uomo preistorico per sottolinearne la sua uguaglianza spirituale con noi moderni. Raccontava della notizia della scoperta di una tomba nella quale il morto era stato evidentemente sepolto con un letto di petali di fiori. La Yourcenar aveva cercato di immaginare quelle persone in lutto che avevano compiuto il rito per il loro caro defunto. Il testo continuava affermando che quei segni di culto e preghiera nelle grotte erano solo apparentemente lontani da noi. Pur nella forma stilizzata tipica dell’uomo primitivo manifestavano la stessa natura umana che ci contraddistingue. E’ l’uomo! E’ l’uomo greco, romano, primitivo, rinascimentale, contemporaneo o medioevale. E’ l’uomo che prega. (Per leggere la trascrizione del testo, vedi su questo stesso sito il brano: http://www.gliscritti.it/preg_lett/antologia/primitivo.htm)

La preghiera esprime l’evidenza che l’uomo trascende la natura. Pascal, in uno dei suoi pensieri, aveva indicato la strana realtà dell’uomo, più fragile di una canna, capace di superare con il pensiero tutto l’universo.

L’uomo ha sempre pregato. Non consiste allora nell’invito rivolto all’uomo di pregare la novità del cristianesimo. L’uomo ha sempre pregato; eppure non ha mai conosciuto colui che pregava! Qui è la novità del vangelo. Il cristianesimo conferma l’uomo nel suo desiderio di preghiera, nella sua attesa di una comunione che superi la sua breve vita; ma la vera novità cristiana non consiste in questa riaffermazione dell’esigenza della preghiera, dell’esaltazione del gesto nobilissimo della preghiera.

La novità cristiana consiste nella rivelazione del volto di Dio e, conseguentemente, nell’indicazione di quale comunione sia possibile nella preghiera! Se la preghiera è un dialogo, se è una parola rivolta a Dio, sono decisive allora la conoscenza e l’amore di Colui al quale la preghiera si rivolge.

Vedete la parabola della vedova importuna di Lc18,1-8? E’ possibile -sembra dire Gesù- pensare al rapporto con Dio con criteri troppo umani. Dio: forse un arido giudice a cui niente interessa. L’uomo cercherà, allora, di svegliarlo a forza di insistenze. Possono essere richieste esplicite, petulanti, ripetute. Ne esistono anche di più sottili, ricattatorie. “Guarda cosa faccio per te. Se io ti offro tutto questo, tu, dio, non puoi non accorgerti di me, non puoi trascurarmi!” Un dio che si può comprare!

Gesù ha in orrore questa immagine di Dio. Non corrisponde minimamente al Padre suo. “Non pensate di poter essere ascoltati a forza di parole”. Anche la purificazione del Tempio non va intesa come un semplice sbaraccamento di ricordini, ma, molto più radicalmente come il rifiuto di una compravendita nel rapporto con Dio. Non solo i mercanti del Tempio vengono cacciati, ma anche coloro che acquistavano gli animali da sacrificare! Dio non può essere comprato, perché il suo amore ci è donato.

L’uomo nella sua ricerca di Dio ha desiderato di essere ascoltato. Gesù vuole aprire la strada a questa fiducia: l’uomo è ascoltato da Dio. L’uomo non può comprare l’attenzione di Dio non perché il prezzo che essa richiederebbe è troppo caro, ma perché è Dio a donare questa attenzione. Essa non può essere acquistata, né richiesta, perché essa è data già dalla sovrana libertà dell’amore di Dio nel suo Figlio.

Come dice il Cantico: “Se uno desse tutte le ricchezze della casa in cambio dell’amore non ne avrebbe che dispregio”. Non perché per amore non si diano tutte le ricchezze, ma perché non è per questo acquisto che l’amore è dato e sarà ricambiato. E’ il dono l’unico vero fondamento dell’amore.

Ecco allora l’annunzio di Gesù che indica il completo rivolgimento dell’immagine che la vedova si era fatta: “E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di Lui?” L’immagine di Dio della vedova importuna è modellata sull’immagine dell’uomo che non conosce ancora pienamente Dio, eppure sa intuire che una risposta ci sarà. “E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di Lui?” Gli uomini sono i suoi eletti, sono gli eletti di Dio, sono coloro che vivono nella sua grazia!

Un grande autore, Ch.Moeller, ha mostrato come i greci fossero migliori dei loro dei. Gli dei dell’Olimpo erano invidiosi, dispettosi; rapinavano gli uomini. Per questo i greci – egli afferma - non hanno potuto conoscere il concetto del peccato. Essi vivevano di armonia, di bellezza e grazia più dei loro dei! Il cristianesimo ha portato nel cuore dell’uomo il vangelo della grazia. Dio risponde al grido dell’uomo mandando il suo figlio. La grazia è di Dio, la grazia è da Dio.

Questa continuità della preghiera, questo non stancarsi, non deve inteso, allora, nel senso della ripetizione. “Il Padre sa di cosa avete bisogno!” I grandi maestri della spiritualità cristiana, a partire dai Padri della Chiesa, hanno spiegato questa richiesta di non stancarsi indicando che la preghiera non allarga il cuore di Dio, ma il nostro. Il cuore di Dio è già largo. E’ il nostro che è stretto.
Agostino invitava a considerare come fosse il desiderio a rendere profondo il cuore: “Desiderium sinum cordis”. Il desiderio è ciò che scava il cuore, è il seno del cuore. Agostino ha desiderato la comunione con Dio, scoprendo che la preghiera per ottenerla rendeva di carne il suo cuore. Così il Curato d’Ars ha parlato della preghiera come di quel calore che fa fondere due pezzi di cera – l’uomo e Dio – in una unità non più dissolubile.

La preghiera approfondisce così il desiderio. E forse –qui si può ancora una volta solo balbettare– è per questo che non si rassegna dinanzi al male. Là dove la preghiera non viene esaudita così come è stata formulata, vuol dire allora che Dio non ha ascoltato, o che noi non siamo suoi eletti? E’ la grande questione del male, del male esistente nel mondo. La fede non ha mai creduto che il male in terra potesse essere completamente eliminato. Eppure ha sempre pregato. Perché?

Sempre ci sarà lotta fra Amalek e l’uomo, dice Israele, sempre il nemico di Dio cercherà di sbarrarci la strada in questa esistenza terrena. Anche qui la novità cristiana conduce altrove. Non a considerare bene il male. Quanti libercoli cercano di illudere che Giuda non abbia veramente tradito, che il suo gesto non sia stato veramente un orrendo male, che il male non sia tale o sia superabile in terra. La preghiera, invece, denuncia il male. Il tradimento è vera causa del pianto e del dolore che ne consegue.

Il vero argine al male, ha insegnato Giovanni Paolo II, è la misericordia di Dio. La sua misericordia manifesta ancor più la terribile potenza del male, ma non gli lascia l’ultima parola. L’ultima parola, quella della salvezza, è la parola della croce, è quella del Cristo che prende il peccatore e la sua morte su di sé.

E’ possibile dire “Sia fatta la tua volontà”, solo a condizione di sapere la bontà di Dio e la certezza della sua promessa e della sua misericordia. La preghiera porta sempre oltre la nostra prima richiesta. Noi chiediamo nella preghiera; ed è bene che così sia. Ma la misericordia di Dio porta spesso più oltre. Conduce a restare alla presenza del male, ma non più soli. Piuttosto insieme a quella misericordia che è la salvezza del mondo.

Forse è per questo che il brano evangelico sposta l’attenzione sulla fede: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” E’ l’annuncio del suo ritorno, della sua parousia, della sua ricompensa e della sua giustizia, quando tutte le preghiere saranno esaudite. La fede, però, già sa che in quel dono offerto sulla croce esse già sono esaudite, ben al di là delle stesse attese. Solo la fede può saperlo.

La fede crede a Dio che si è rivelato in persona, che si è fatto conoscere, che ha parlato all’uomo. Per questo la liturgia mostra come la preghiera sia non solo parola rivolta a Dio, ma parola di Dio a noi, nella II lettura, dalla seconda lettera a Timoteo. La meditazione cristiana non è concentrazione su di sé e nemmeno sul silenzio del cosmo. Non è entrare nel Nirvana. E’ comunione personale e, pertanto, non solo parola, ma prima ancora ascolto del Dio vivente. “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona”.

Nelle sue tre dimensioni essenziali –quella del ringraziamento, come nel brano del lebbroso della domenica scorsa, quella della richiesta e intercessione, e quella dell’ascolto- la preghiera ha bisogno di cura. La cultura post-sessantottina qui ha veramente sovvertito la realtà dell’uomo. Decostruendo i segni, i riti, ed investendo semplicemente il cuore di ogni responsabilità, non ha aiutato a capire l’uomo.

Levarsi al mattino e compiere il segno della croce, trasforma, invece, il cuore. Lo rende attento. Recarsi al lavoro pregando per i propri colleghi e la propria famiglia, mentre si è in macchina o in metropolitana, conferisce uno sguardo diverso al giorno. Il tempo della preghiera, la scelta di momenti dedicati a questo non lasciano uguale il cuore, così come avviene della scelta contraria, quella di non dedicare alcuna cura ad essa. Così nell’educazione dei bambini. Che ricchezza è quella di guidare i piccoli nelle prime esperienze di preghiera. Ricordare un brano del vangelo e meditarlo nella giornata ed insegnare a fare altrettanto.

L’eucarestia che ora celebriamo è insieme fede e sacramento. Nasce dalla fede, perché il Cristo possa trovarla quando tornerà, ma è anche presenza reale del Cristo che nutre a sua volta la fede con le parole e con i gesti sacramentali della fede della Chiesa. E’ preghiera cristiana da ascoltare e che sarà ascoltata.