Sugli ibridi una grande mistificazione. Una intervista al genetista Angelo Vescovi (dalla Rassegna stampa)
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Per il Progetto Porta parola, ripresentiamo sul nostro sito l’intervista di Andrea Lavazza al genetista Angelo Vescovi, apparsa su Avvenire dell’11/9/2007.
Per qualcuno sembra che tutto, o quasi, sia lecito. E anche molti media non fanno che confondere le acque, accreditando notizie false.
Angelo Vescovi, genetista di fama internazionale, attivo al Centro Brain Repair di Terni sulle cellule staminali, è un fiume in piena. Vuole precisare e chiarire i veri termini della questione degli ibridi e replicare ai commenti che ne sono seguiti.
Qual è la mistificazione principale?
Innanzitutto, non c’è stato alcun via libera definitivo. L’Authority britannica ha detto semplicemente che non vede motivi specifici per bloccare quel tipo di sperimentazione, tuttavia è consapevole che esista una sensibilità popolare contraria agli ibridi uomo-animale, per cui si riserva di decidere entro novembre sui due progetti che le sono stati sottoposti. In secondo luogo, ed è la cosa più grave, il possibile esperimento che coinvolgerebbe una cellula che ha una parte, preponderante, umana e una parte bovina configura a tutti gli effetti una clonazione di uomo. E la clonazione è vietatissima in ogni parte del mondo. D’altra parte, se non fosse clonazione umana, a che cosa servirebbe una sperimentazione di questo tipo?
Nell’intervista pubblicata ieri, Umberto Veronesi sembra riferirsi all’ibrido cellulare come semplice fonte di staminali, che non raggiungerebbe lo status di embrione.
Anche questa affermazione mi pare, se il pensiero di Veronesi è stato riferito correttamente, un grande fraintendimento, per non dire un vero errore. Le cellule staminali compaiono e si possono estrarre a livello di blastocisti, e la blastocisti costituisce un embrione a tutti gli effetti. Quando si produce e si avvia uno zigote in gran parte umano, tutti gli stadi sono per definizioni embrionali. Il problema, nelle parole di Veronesi, è che si considera vita umana soltanto quella che si ha alla nascita oppure dopo un periodo di tempo arbitrariamente stabilito a partire dal concepimento. Detto in parole semplici, il bambino lo vediamo direttamente solo dopo il parto, ma c’è anche dentro la pancia della madre. Chi sostiene il contrario, va contro i dati della scienza stessa.
Si afferma che quelli ibridi sarebbero embrioni naturalmente abortiti...
Il fatto che muoia presto, non elimina l’aberrazione che si è compiuta. In questo modo, si elimina la paura che nasca un mostro, ma non viene rimosso il problema. È il trionfo della valutazione sulla base dell’apparenza. Ma l’etica si basa sulla sostanza.
E si tace sul fatto che tali embrioni non darebbero garanzie di essere la strada per nuove, rivoluzionarie cure.
Anche qui si ribalta completamente la realtà dei fatti. Con l’ibrido si creerebbe una cellula, per dirla con un’immagine, dotata di una sala macchine bovina e di un capitano umano, ovvero composta di strutture non in grado di comunicare tra loro, con il rischio altissimo di sviluppare proprio quelle malattie neurodegenerative che dovrebbero contribuire a curare. Per paradosso, avrebbe più senso scientifico ricorrere direttamente alla clonazione umana. Senza parlare del fatto che non abbiamo risolto tutti gli altri problemi legati all’uso delle staminali embrionali.
Perché, allora, si è enfatizzata la notizia?
A mio avviso, si vuole vedere come reagisce la gente: se non scoppia una rivolta, arriverà poi l’approvazione finale. Ma non dimentichiamo che alcuni Paesi sono assai meno trasparenti della Gran Bretagna. Temo che qualcuno si sia già incamminato su questa strada. E si dimentica, colpevolmente, che la sperimentazione con staminali cerebrali tratte da feti morti in modo naturale non solo risulta possibile, bensì è da tempo avviata negli Stati Uniti. Le staminali somatiche (o adulte) hanno 64 protocolli clinici in corso, le staminali embrionali forse ne avranno uno fra qualche mese. Si indirizzano i fondi sul fronte sbagliato: si sopprimono embrioni e si prendono in giro i pazienti.
Ha quindi ragione il Papa quando richiama la scienza a non diventare minaccia per l’uomo?
Da laico, dico che le affermazioni di Benedetto XVI sono quasi ovvie, ma ben vengano visto che molti si stracciano le vesti di fronte all’idea di porre limiti alla ricerca. Ragioniamo sempre per paradosso: perché non fare sperimentazione sui pazienti terminali colpiti da Alzheimer, dopo tutto sono incoscienti di quello che accade... La scienza deve rispettare le stesse norme che valgono per tutta la società. La verità è che il Papa potrebbe dire "due più due fa quattro" e qualcuno lo contesterebbe ugualmente. Per principio.