Pajetta, i comunisti e la scomunica del 1949, di Gianni Gennari

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 08 /09 /2011 - 22:05 pm | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo da Avvenire del 18/8/2011 un articolo scritto da Gianni Gennari. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (8/9/2011)

[...] Mercoledì mattina bella commemorazione di Giancarlo Pajetta, nel centenario della nascita, in sede istituzionale e trasmessa via radio. Molte voci, diverse e appassionate. Lui appassionato è stato sempre… Di qui qualche eccesso di agiografia, ma opportuno il ricordo che per lui il dialogo con i cattolici era importante, più importante di quello con la Dc: sperimentato di persona del resto a metà degli anni 70 una sera a Cagliari, sui temi difficili ed eterni del Medio Oriente con al centro la 'Terra Santa'… Bello, tra l’altro, anche il ricordo di Virginio Rognoni…

E allora? Allora due spunti benevolmente critici. Rievocata più volte la sua concezione del 'partito' cui offrire sempre una oboedientia perinde ac cadaver, obbedienza cieca e assoluta, proprio come quella promessa da sant’Ignazio al Papa Giulio III, quando lo volle convincere che l’approvazione della sua Compagnia di Gesù non avrebbe comportato rischi, paventati invece da tanti che vedevano nei 'gesuiti' dei potenziali futuri ribelli.

Nessun accenno critico, nella memoria, verso Giancarlo Pajetta, testimone integerrimo di quell’avventura politica pagata anche di persona con carcere e sofferenze decennali. Nessuna ironia progressista e libertaria: questa è riservata solo ai Gesuiti e alla Chiesa cattolica…

Secondo spunto: ovviamente al centro di tutta la 'memoria' il ricordo da parte di Miriam Mafai, compagna per tutta la vita: bello, sentito, non retorico, argomentato tra il privato e il pubblico. A un certo punto, però, ha ricordato la scomunica del Sant’Offizio, dicendo che è arrivata «subito dopo il 18 aprile» del 1948. Letta così parrebbe una specie di vendetta ecclesiastica aggiunta alla sconfitta del 'Fronte' alle elezioni.

E invece la storia dice cose ben diverse. La scomunica arrivò il 1° luglio del 1949, 14 mesi dopo, e in mezzo – tra le elezioni del 18 aprile vinte da De Gasperi e la scomunica – c’erano state vicende pesanti e significative, come la definitiva conquista/occupazione di tutti i Paesi dell’Est da parte dell’Urss, con eventi specifici nei confronti di Chiesa e cattolici di grande rilievo: imprigionamenti e uccisioni di centinaia di preti e laici cattolici visti come nemici del popolo

C’era stata anche, a Natale del 1948, la vicenda della cattura, delle torture, del processo e a primavera della definitiva condanna del cardinale József Mindszenty, primate d’Ungheria, ed eventi simili in tutti i Paesi oltre cortina, fino alle porte d’Italia nella Jugoslavia di Tito. Ebbene: in tutte queste vicende c’era stato non solo il silenzio del partito, ai vertici e alla base, ma l’approvazione esplicita e ripetuta su 'L’Unità', che accoglieva le cronache esaltando le conquiste del popolo contro i nemici della democrazia.

Insomma: obbedienza perinde ac cadaver – poi superata solo ai tempi di Enrico Berlinguer – al dominio di Stalin e alla sua spietata strategia di divisione e dominio del mondo… Dopo 14 mesi di questi eventi, e di questi riflessi anche in Italia, arrivò la scomunica del 1° luglio 1949. Ragionare su essa, sui suoi tempi, sui suoi contenuti e sui suoi effetti, fino al pontificato di Giovanni XXIII e oltre, sarebbe un altro discorso. [...]