L’Educazione: amicizia, autoritarismo o autorevolezza? Il cardinal Caffarra parla a Bologna della sfida educativa (dalla Rassegna stampa)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 13 /09 /2007 - 13:38 pm | Permalink | Homepage
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Per il Progetto Porta parola, ripresentiamo sul nostro sito due brevi articoli di Stefano Andrini, apparsi su Avvenire dell’11/9/2007.

«L'autorevolezza requisito essenziale»
di Stefano Andrini


«Non esiste nessun itinerario educativo vero che non salvaguardi il principio di autorità». È questo uno dei punti cruciali della relazione svolta dal cardinale Carlo Caffarra ai sacerdoti dell’arcidiocesi. «L’esperienza fondamentale, la colonna portante di ogni rapporto educativo» ha osservato «è l’autorevolezza dell’educatore. Essa consiste nel fatto che l’educatore ha una propria interpretazione della realtà e della vita nei confronti della quale egli può assicurare in base alla propria esperienza, che i «conti tornano». L’autorevolezza quindi si basa e si sostiene su due pilastri: possesso da parte dell’educatore di un’interpretazione della realtà e della vita, che ritiene vera; testimonianza circa il fatto che vivendo secondo quell’interpretazione, i conti alla fine tornano». «L’educatore – ha spiegato Caffarra – è autorevole quando può dire al ragazzo: "vedi, la vita è… ha questo senso… (interpretazione della realtà e della vita). Io ti posso assicurare che vivo secondo questa interpretazione perché verifico ogni giorno che i conti tornano". Che cosa significa "i conti tornano"? Vivendo secondo quell’interpretazione, testimonio che esiste e che possiamo raggiungere ciò che il cuore dell’uomo desidera più ardentemente: la vera beatitudine». Da tutto questo – ha aggiunto – «appare chiaro che l’autorevolezza è più che l’amicizia, ed è completamene diversa dall’autoritarismo!». Stando così le cose – ha affermato l’arcivescovo – «la perdita di autorevolezza nell’educatore può avvenire per due ragioni: l’educatore non ha, o non ha più nessuna interpretazione della realtà e della vita della cui verità sia intimamente convinto; non ha la possibilità di testimoniare la verità in base alla sua personale esperienza. Non è sufficiente trasmettere una "dottrina di vita" della cui verità si è certi, per educare. L’autorevolezza è più che la competenza». Quale è la situazione in cui noi ci troviamo oggi dal punto di vista dell’autorevolezza? «Molti educatori – ha concluso il cardinale – non hanno più una coerente e convinta interpretazione della realtà; oppure quella che possiedono la ritengono dello stesso valore veritativo della sua contraria. In altre parole: se il dogma del relativismo insidia la coscienza dell’educatore, questi perde ogni autorevolezza».

Caffarra: la Chiesa è la scuola dell’incontro con Gesù Cristo
di Stefano Andrini


«La separazione del metodo dal contenuto rende la proposta cristiana una proposta esclusivamente morale: una dottrina della vita buona. Cioè un fatto umano. È stato l'errore pelagiano; il veleno del cristianesimo, lo chiamò Agostino. E il veleno fa morire». Lo ha affermato il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, presentando alla «Tre giorni» del clero, che si è aperta ieri in Seminario, un documento di lavoro sul tema: «Educare l'uomo in Cristo».
«Oggi - ha ricordato - la persona vive una condizione di incertezza quanto alle radici della sua esistenza. Può diventare difficile coniugare assieme il credere col pensare, ciò che il credente celebra alla domenica con ciò che vive al lunedì. Non vedo via di uscita da questa condizione che un forte impegno educativo». In questa prospettiva il cardinale ha ripercorso origine e significato dell'educazione cristiana. «Noi - ha osservato - siamo stati pensati dal Padre dentro un rapporto posto in essere da Dio stesso. Ma la persona umana è un soggetto libero. È la libertà che genera la persona in Cristo oppure in un altro modo. Questo processo, in cui l'oggettivo diventa soggettivo, investe l'intera persona: è una completa trasformazione della persona secondo la forma di Cristo. Essa investe il modo di pensare, di esercitare la propria libertà, di costruire il rapporto cogli altri; investe il cuore della persona. È una vera e propria generazione della propria umanità secondo un "modello" conformemente al quale ciascuno di noi è stato pensato». La missione della Chiesa - è la sintesi del cardinale - «consiste precisamente nel rendere possibile questa rigenerazione dell'umanità di ogni uomo, nel realizzarla in ogni uomo».
Da questa definizione deriva un principio fondamentale: «educare significa introdurre la persona ad una sequela di Gesù, appassionata, incondizionata e definitiva». Con alcune conseguenze pedagogiche. «Il cristiano - ha osservato Caffarra - non è tale per la "dedizione ad una causa" ma per l' "affezione a una persona". L'organo dell'affezione, dell'attaccamento ad una persona è il cuore. L'educazione cristiana è dunque l'educazione del cuore dell'uomo».
In un contesto come quello attuale dove spesso non c'è più conoscenza della verità cristiana l'educazione richiede «la trasmissione della dottrina della fede da credere e da vivere». Ma anche una valorizzazione dell'iniziazione cristiana degli adulti, «paradigma fondamentale dell'educazione ed espressione perfetta del genio educativo della Chiesa. L'Iniziazione cristiana nella grande tradizione educativa della Chiesa era didascalica, mistagogica, proposta di vita. E tutte e tre le attività nel destinatario hanno la loro origine da una scelta del cuore. Sono esigenze di rendere stabile ciò che è accaduto in un incontro che ha cambiato la vita». La forza dell'atto educativo, la sua «capacità di tenuta - ha proseguito l'arcivescovo -, è collaudata dall'incontro che la persona vive colla realtà. Detto in altri termini: è l'esperienza il test decisivo della nostra proposta educativa».
Educare significa anche proporre un senso unitario dell'essere e del vivere. «Se questo non accade, inevitabilmente la persona (soprattutto dell'adolescente e del giovane) confonde l'esperienza della realtà come "provare" e "riprovare" tutto, e la libertà diventa alla fine una croce da cui si desidera, senza dirlo, scaricarsi. Oppure la persona (soprattutto dell'adulto) vive in maniera schizofrenica la propria esistenza: credere non è vivere». Un «caso» di proposta educativa che è vera proposta di un senso unitario dell'essere e della vita è la storia di Israele, «una via che è il paradigma secondo il quale deve essere coniugata ogni proposta educativa: in questo senso le Scritture dell'Antico Testamento lette in vista di Cristo sono il testo base dell'educatore cristiano». «Il metodo per incontrare Gesù - ha concluso Caffarra - è la Chiesa; la proposta che il cristianesimo fa è l'incontro con Gesù, che si esperiment a nella Chiesa. La Chiesa è al contempo metodo e contenuto. Essa è la scuola dove l'uomo è educato a vivere in Cristo».