Tutta l'opera di Pirandello sembra sostenere che l'uomo non ha
identità se non quella che le viene attribuita dall'esterno. Al punto che se la
società arriva a negare questa identità, ciò significa la stessa morte
anticipata della persona (cfr. Il fu Mattia Pascal). Se talvolta una precisa identità
viene intravista, essa si manifesta presto, però, inconoscibile all'altro, forse anche a
noi stessi, tanto da non avere, appunto, alcuna precisione e “personalità”.
La vita diviene così un gioco di specchi, dove ognuno è ciò che
l'immaginazione dell'altro tiene in vita. La persona si perde, si identifica, si dissolve,
nella maschera che si pone in viso o che da altri viene a lei posta in viso.
Questo lavoro di decostruzione della persona e della vita non viene, però, condotto da
Pirandello con disprezzo e sufficienza, ma con una dolente partecipazione alla condizione
dell'uomo ed alla sua disperata ricerca di trovare se stesso e di essere trovato
nell'amore.
La ricerca letteraria si intreccia con la vicenda autobiografica. Vogliamo presentare uno
straordinario testo pirandelliano, tratto dalla Novella Colloquii coi personaggi
[1] . Esso pone l'interrogativo lancinante
sulla vita eterna e sull'esistenza della persona in sé e non solo nell'altrui
ricordo. Tale testo può, a nostro avviso, essere assunto a simbolo della sua intera
riflessione. Pirandello ci descrive i suoi sentimenti dinanzi al pensiero della morte della
madre. Qui la domanda sulla persona è portata – potremmo dire – a
misurarsi con le idee di anima e di vita eterna (ed, infine, con la presenza di Dio). Se la
morte sembra non poter distruggere il pensiero che Pirandello conserva, tenero, della madre
(e solo la morte dell'autore siciliano “decreterebbe”, da questo punto di vista,
la morte di colei che gli ha dato la vita) l'interrogativo esistenziale è se la madre
possa ancora amarlo, è se lei possa avere memoria e relazione con lui, una volta
lasciata questa vita.
Senza la fede cristiana nella vita eterna, il ricordo dei morti si rivela come forma
cangiante, ma insieme non modificabile, del gioco dolente delle apparenze nel quale a nessun
essere umano è data vera esistenza e consistenza. La nostalgia della relazione d'amore
tra madre e figlio e dell'autenticità eterna di un tale rapporto sola resta ad
interrogare e scuotere.
...Non sono io forse viva sempre per te?
- Oh, Mamma, sì! - io le dico. – Viva, viva, sì... ma non è
questo! Io potrei ancora, se per pietà mi fosse stato nascosto, potrei ancora ignorare
il fatto della tua morte, e immaginarti, come t'immagino, viva ancora laggiù, seduta su
codesto seggiolone nel tuo solito cantuccio, piccola, coi nipotini attorno, o intenta ancora a
qualche cura familiare. Potrei seguitare a immaginarti così, con una realtà di
vita che non potrebbe esser maggiore: quella stessa realtà di vita che per tanti anni,
così da lontano, t'ho data sapendoti realmente seduta là in quel tuo cantuccio.
Ma io piango per altro, Mamma! Io piango perché tu, Mamma, tu non puoi più dare a
me una realtà! E' caduto a me, alla mia realtà, un sostegno, un conforto. Quando
tu stavi seduta laggiù in quel tuo cantuccio, io dicevo: “Se Ella da lontano mi
pensa, io sono vivo per lei”. E questo mi sosteneva, mi confortava. Ora che tu sei morta,
io non dico che non sei più viva per me; tu sei viva, viva com'eri, con la stessa
realtà che per tanti anni t'ho data da lontano, pensandoti, senza vedere il tuo corpo, e
viva per sempre sarai finché io sarò vivo; ma vedi? è questo, è
questo, che io, ora, non sono più vivo, e non sarò vivo per te mai più!
Perché tu non puoi più pensarmi com'io ti penso, tu non puoi più sentirmi
com'io ti sento! E ben per questo, Mamma, ben per questo quelli che si credono vivi credono
anche di piangere i loro morti e piangono invece una loro morte, una loro realtà che non
è più nel sentimento di quelli che se ne sono andati. Tu l'avrai sempre, sempre,
nel sentimento mio: io, Mamma, invece, non l'avrò più in te. Tu se qui; tu m'hai
parlato: sei proprio viva qui, ti vedo, vedo la tua fronte, i tuoi occhi, la tua bocca, le tue
mani; vedo il corrugarsi della tua fronte, il battere dei tuoi occhi, il sorriso della tua
bocca, il gesto delle tue povere piccole mani offese; e ti sento parlare, parlare veramente le
parole tue: perché sei qui davanti a me una realtà vera, viva e spirante; ma che
sono io, che sono più io, ora, per te? Nulla. Tu sei e sarai per sempre la Mamma mia; ma
io? Io, figlio, fui e non sono più, non sarò più...
L'ombra s'è fatta tenebra nella stanza. Non mi vedo e non mi sento più. Ma
sento come da lontano lontano un fruscio lungo, continuo, di fronte, che per poco m'illude e mi
fa pensare al sordo fragorio del mare, di quel mare presso al quale vedo ancora mia madre. Mi
alzo; m'accosto a una delle finestre. Gli alti giovani fusti d'acacia del mio giardino, dalle
dense chiome, indolenti s'abbandonano al vento che li scapiglia e par debba spezzarli. Ma essi
godono femineamente di sentirsi così aprire e scomporre le chiome e seguono il vento con
elastica flessibilità. E' un moto d'onda o di nuvola, e non li desta dal sogno che
chiudono in sé. Sento dentro, ma come da lontano, la sua voce che mi sospira:
“Guarda le cose anche con gli occhi di quelli che non le vedono più! Ne avrai
un rammarico, figlio, che te le renderà più sacre e più
belle”.
[Nota 1] Colloquii coi personaggi fu
pubblicata la prima volta nel “Giornale di Sicilia”, 17-18 agosto 1915, ora in
Novelle per un anno, volume terzo, tomo II, Mondadori, Milano, pp.1139-1153. La madre, Caterina
Ricci-Gramitto, era morta proprio in quell'anno nella casa di famiglia e casa natale di
Pirandello in una località detta “Caos”, nelle vicinanze di Girgenti (dal
1927 Agrigento). La casa è stata ora trasformata in museo, il Museo della Casa natale di
Luigi Pirandello. Sotto il grande pino, non lontano dalla casa, sotto il quale Pirandello amava
fermarsi per pensare, dipingere, riposarsi, scrivere, riposano ora le ceneri dell'autore
siciliano.
Una versione cinematografica della novella è stata girata dai fratelli Taviani, per
l'ultimo episodio del film Kaos.
[Nota 2] L.Pirandello, Novelle per un anno , volume terzo, tomo II, Mondadori, Milano, pp.1152-1153.
Per altri articoli e studi sui classici e la letteratura presenti su questo sito, vedi la pagina Letteratura nella sezione Percorsi tematici