Mettiamo a disposizione on-line la trascrizione della conferenza tenuta dal prof. Lettieri,
presso la parrocchia di san Mattia in Roma, il 18 maggio 2007. Gaetano Lettieri è professore di Storia del
cristianesimo presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma. Lo
gnosticismo sarà il tema del corso che terrà l’anno prossimo presso la sua cattedra. È di
prossima pubblicazione un suo volume sul tema, dal titolo provvisorio: Deus patiens. L’essenza cristologica
dello gnosticismo.
Gli incontri culturali tenuti presso la parrocchia di San Mattia sono organizzati
da d.Mario Pio Biasin. Speriamo di poter mettere presto a disposizione on-line
altre due relazioni del prof.Gaetano Lettieri dal titolo Le
Confessioni di Sant’Agostino e La ricerca
di sé in Sant’Agostino, tenutesi presso la stessa parrocchia.
Il presente testo non è stato rivisto dal suo autore e conserva lo stile parlato, tipico di una relazione
orale. I titoli ed i neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (31/5/2007)
Il cristianesimo si è chiarificato, a livello dottrinale,
soprattutto in risposta alle grandi sfide eretiche, cioè alle interpretazioni
del messaggio di Gesù e della figura di Gesù che furono poi condannate
come eretiche. Senza la sfida eretica, lo stesso sviluppo della teologia cattolica
non sarebbe stato quello che noi conosciamo.
Lo gnosticismo è sicuramente la più importante, la più profonda e quindi anche la più
pericolosa delle eresie della Chiesa antica. Molto spesso si usa un termine, gnosi, (gnosis in greco, che
significa conoscenza), e questo termine ricorre anche all’interno del NT, Paolo stesso parla nella 1Cor
esplicitamente di gnosi. S’intende però per gnosi qualcosa di molto più indistinto e meno
circostanziato dal punto di vista storico. Sicché si parla di gnosi ebraica, gnosi islamica, idealistica.
F.Chr. Baur, grande storico del cristianesimo, della metà del XIX secolo, addirittura, in maniera molto
intelligente, propose una interpretazione della filosofia di Hegel come gnosi speculativa. Quindi il
termine gnosi è termine molto più vago, che corre il rischio di portarci fuori strada, proprio
perché è privo di una serie di connotazioni storiche, cronologiche, quindi anche di
un’identità dottrinale specifica, che invece noi siamo in grado di identificare in riferimento a
quello che io chiamo gnosticismo, cioè questo fenomeno storico circostanziato che ha la sua acme tra il II
e il III secolo dopo Cristo.
Quali sono le fonti per conoscere lo gnosticismo? Sono innanzitutto gli eresiologi, cioè
gli autori cattolici che hanno confutato l’errore eretico a partire dalla fine del II secolo e nella prima
metà del III.
Uno dei nomi più importanti è sicuramente quello di Giustino, anche se di Giustino noi abbiamo
perduto l’opera fondamentale, il Syntagma, confutazione delle eresie e della gnosi in particolare.
Importante a livello di documentazione storica è Ireneo, il grande Ireneo, di origine asiatica ma che
poi diventa vescovo di Lione nella Gallia, (intorno al 180). Ireneo compone l’Adversus Haereses, Contro
le eresie, in gran parte dedicato alla confutazione dello gnosticismo.
Poi citiamo Tertulliano, che in particolare ha scritto contro Marcione, ma anche altre opere contro i
Valentiniani o, in generale, con affermazione della verità cattolica contro l’eresia gnostica
I più importanti di tutti gli eresiologi da un punto di vista speculativo, di profondità di pensiero
teologico, dalla parte cattolica sono i due grandi alessandrini Clemente di Alessandria, che dovrebbe scrivere
le sue opere più importanti intorno al 200 d.C., ed Origene.
Clemente di Alessandria non ci ha lasciato soltanto un’opera importantissima, tra l’altro ristampata
recentemente dalle Paoline, e cioè gli Stromata, (letteralmente “i tappeti”),
dedicata molto spesso ad excursus antignostici, ma ci ha lasciato un’operetta che è forse il
capolavoro dello gnosticismo antico - ora vi spiego in che senso - che è intitolata Excerpta ex
Theodoto(Estratti da Teodoto).
Questo Teodoto era uno gnostico valentiniano alessandrino i cui testi Clemente conosceva. Clemente fa un
estratto di tesi di questo Teodoto che talvolta confuta, commenta. Quest’opera rappresenta il vertice
speculativo dell’eresia gnostica antica.
Concludiamo con l’altro nome che è quello di Origene, il più grande di tutti i teologi dei primi
tre secoli, anche se è un pensatore molto controverso, ma di assoluta genialità, il più grande
conoscitore della Sacra Scrittura di tutta la Chiesa antica. Origene scrive, in particolare, contro gli gnostici
il Commento al vangelo di Giovanni che ci riporta alcuni frammenti importantissimi del primo
commento a noi noto del vangelo di Giovanni che è quello dello gnostico valentiniano Eracleone che,
appunto, Origene utilizza e confuta all’interno del suo straordinario e purtroppo per noi mutilo commentario
del vangelo di Giovanni, una delle opere più importanti di tutta la storia del pensiero cristiano
occidentale.
Con qualche precisazione si potrebbe dire che anche Agostino è una fonte di documentazione sullo
gnosticismo, ma ormai Agostino scrive tra la fine del IV secolo e il 430, anno della sua morte, quindi inizio del
V secolo. Questo significa che lo gnosticismo non è più un pericolo da un punto di vista eretico per la
Chiesa cattolica. Però Agostino scrive tantissimo contro il manicheismo. Il manicheismo è quella
religione di carattere dualistico che eredita e anzi incorpora addirittura tematiche e testi persino della tradizione
gnostica che Agostino confuta.
Quindi possiamo dire che in fin dei conti Agostino rappresenta la liquidazione definitiva da parte cattolica
dell’eresia non tanto gnostica, ma manichea e comunque dualistica.
Aggiungo ancora una precisazione: fino ai primi decenni del XX secolo tutta la nostra conoscenza dello gnosticismo
era una conoscenza in qualche modo viziata. Nel senso che conoscevamo questo straordinario movimento sempre
attraverso la fonte cattolica eresiologica che ci informava sullo gnosticismo. Come dire che io conosco
l’identità di una persona soltanto a partire dalle testimonianze del suo avversario.
Nel 1945 c’è stata una straordinaria scoperta archeologica, a Nag Hammadi, una località
piuttosto desertica dell’Egitto interno. Due ragazzi hanno scoperto delle giare, che contenevano dei volumi con
delle cartonature che hanno consentito anche di datare l’esatto periodo di raccolta e di rilegatura di questi
testi (metà del IV secolo circa), una biblioteca di testi gnostici, la cosiddetta biblioteca gnostica di
Nag Hammadi.
E’ stata una svolta. Questa biblioteca, questi testi gnostici sono in copto. In realtà non
sono solo testi gnostici, ci sono anche un frammento di Platone, uno scritto ermetico, delle operette ascetiche
non gnostiche, ma comunque la grande maggioranza di questi testi è in copto.
Tra questi testi è stato trovato integralmente il Vangelo di Tommaso che sicuramente
è il più importante e complesso degli apocrifi neotestamentari. Sono stati ritrovati altri testi
già conosciuti precedentemente, ad esempio l’Apocrifo di Giovanni che già
era conosciuto precedentemente, anche se in forma letteraria piuttosto diversa, di cui sono state ritrovate ben
tre redazioni all’interno dei codici di Nag Hammadi, a testimonianza dell’enorme importanza che
questo testo ha rivestito all’interno delle tradizioni gnostiche.
E’ stato rinvenuto anche il Vangelo di Filippo, un testo molto bello probabilmente di
impostazione valentiniana, il testo in cui compare l’espressione di Gesù che bacia sulla bocca la
Maddalena e che ha infelicemente ispirato quel libraccio che è il Codice da Vinci di Dan Brown, che
ha solo questo punto storico, questa unica citazione in tutta la enorme documentazione sia canonica che apocrifa a
dimostrazione della totale vacuità appunto del fondamento storico di questa operetta.
Capite la svolta, finalmente a partire da una lenta pubblicazione di questi testi che sono stati resi disponibili da
una ventina-trentina di anni nella loro integralità, noi finalmente conosciamo testi gnostici non mediati
da fonti eresiologiche e quindi possiamo leggere direttamente che cosa questi gnostici dicessero e
pensassero.
La scoperta è praticamente contemporanea a quella della biblioteca di Qumran. Voi sapete che a
proposito dell’AT noi siamo abituati a ragionare a partire dalla traduzione che abbiamo nella Bibbia di
Gerusalemme che traduce il testo masoretico, traduce il testo ufficiale della tradizione giudaica riconosciuto come
testo definitivo della Bibbia e quindi recepito dalla tradizione cristiana. In realtà i cristiani dei primi
secoli conoscono la Bibbia, chiaramente per motivi culturali, non tanto nella sua fonte originaria ebraica, ma
appunto attraverso la traduzione dei LXX, una traduzione degli ultimi due secoli all’incirca
dell’era avanti Cristo in greco dei testi giudaici. Oppure attraverso le traduzioni latine antiche. Quella
latina dell’Antico Testamento è molto tarda, ad opera di Girolamo, la cosiddetta Vulgata che accoglie
anche il Nuovo Testamento che non è in realtà propriamente traduzione geronimiana.
Comunque qual è il problema interessantissimo? Che ovviamente uno dice: il testo originale della Scrittura
dell’Antico Testamento è quello masoretico, non quello che la tradizione occidentale ha recepito
attraverso la traduzione dei LXX in greco e la traduzione latina. Perché Qumran è stato molto
importante? Perché per alcuni frammenti, per alcuni testi che noi conosciamo in ebraico, e quindi
anteriori e indipendenti alla traduzione sia dei LXX che ovviamente alla molto più tarda traduzione latina,
ci si accorge che il testo ebraico è talvolta, non sempre ovviamente, più vicino alla traduzione dei
LXX che a quello che diventa l’ebraico masoretico.
Questo per farvi capire la complessità di alcune questioni filologiche. Quindi anche da quel punto di
vista la scoperta di Qumran ha un’importanza storico-teologica enorme non solo per l’enorme fondo di
testi che vengono assegnati alla tradizione essenica, che è una tradizione fondamentale. Persino il Papa, a
mio parere con un certo ardimento, sostiene che probabilmente il Battista – ed in misura minore anche poi
Gesù – avrebbe conosciuto il movimento di Qumran e sarebbe stato influenzato da tradizioni
esseniche.
Ciononostante anche la scoperta di Nag Hammadi è una scoperta decisiva soprattutto
per la questione delle origini della cristologia, cioè per le origini, potremmo dire, della teologia
cristiana. Quindi non è soltanto un fenomeno secondario, una curiosità dotta, quella relativa allo
gnosticismo, propria di un cristianesimo estremamente raffinato e culturalmente intellettualistico, ma la
questione gnostica è relativa all’origine della cristologia cristiana.
Scusate se utilizzo questa espressione che sembrerebbe paradossale di cristologia cristiana, che
è una specie di tautologia, ma in realtà non lo è e cercherò di spiegarvi
perché.
Incominciamo ad andare più a fondo della questione. Inizialmente vi ho detto che lo gnosticismo rappresenta
questo complesso movimento che è condiviso da tutta una serie di testi, di autori, non databili prima del
II secolo d.C. Le prime attestazioni storiche di dottrine gnostiche non riusciamo ad averle prima del 120-130
d.C.
Giustino che comincia a confutare le dottrine gnostiche intorno al 140, evidentemente doveva averle conosciute come
radicate precedentemente, quindi dobbiamo necessariamente retrocedere di venti-trenta anni, ma non prima
dell’inizio del II secolo.
Questo è un dato storico innegabile. Noi non conosciamo testi gnostici del I secolo d.C. Ciononostante
la tesi più diffusa e più condivisa anche a livello internazionale e soprattutto unanimemente
condivisa da tutti gli editori dei codici di Nag Hammadi è che lo gnosticismo sia un fenomeno o precedente
o coevo all’inizio, alla genesi del Cristianesimo, e quindi vada sostanzialmente ad essere collocato
cronologicamente non in dipendenza, ma in relazione di indipendenza dal Cristianesimo.
Ma soprattutto per molti studiosi lo gnosticismo sarebbe quella dottrina che spiega l’origine della
cristologia alta cristiana, ovvero influirebbe esso sul cristianesimo e non viceversa. Malgrado la datazione
storica piuttosto tarda dei testi gnostici rispetto ai testi neotestamentari che, state attenti, tutti si dimostrano
dipendere da testi neotestamentari, così come noi li conosciamo oggi.
Cioè quando noi leggiamo i testi gnostici capiamo che questi testi conoscono, citano o fanno riferimento a
testi neotestamentari, soprattutto a Paolo e al Vangelo di Giovanni, ma anche ai sinottici. Malgrado questo dato
evidente, gran parte degli studiosi è convinto che lo gnosticismo sia stata la fonte decisiva delle origini
della cristologia alta, cioè della cristologia che interpreta Gesù come Dio.
Per essere più chiaro vi riporto quella che è la teoria di Rudolf Bultmann, il grande,
paradossale, radicale esegeta del NT, tedesco, della prima metà del XX secolo, il quale in realtà
eredita questa tematica dalla cosiddetta Religionsgeschichte Schule, cioè dalla Scuola della storia delle
religioni di Göttingen, questo grosso centro universitario tedesco - vi faccio solo due nomi, Reitzenstein e
Bousset, straordinari studiosi.
Si costituisce all’interno della cultura tedesca tardo-ottocentesca e protonovecentesca, una specie
di dogma che afferma: in fin dei conti il cristianesimo non è altro che, ovviamente, una religione tra
altre religioni, ma in più una religione che fissa le sue strutture ereditandole da contesti
storico-religiosi coevi, sicché soltanto identificando l’origine storico-religiosa di una dottrina
cristiana noi conosciamo davvero in profondità quella dottrina cristiana.
In particolare lo gnosticismo sarebbe quella specie di base religiosa intermedia tra tradizione iranica e
tradizione giudaica più eterodossa, chiamiamola così, che nutre la stessa svolta teologica che
costituisce la dottrina cristiana della divinità di Gesù. In modo ancora più semplice: in
fin dei conti lo gnosticismo sarebbe il fenomeno storico-religioso decisivo che spiega la nascita della
cristologia neotestamentaria.
Bultmann da questo punto di vista ha affermato che originariamente la comunità primitiva gesuana, che secondo
lui, non conosceva in senso proprio la divinità di Gesù, comincia a introdurre un mito di un
redentore celeste che discende dal cielo, o addirittura nella variante del redentore redento nei testi gnostici.
Lo gnosticismo a sua volta avrebbe ereditato questo mito da tradizioni iraniche, gnostiche orientali, e, comunque, lo
fa calare sulla persona storica di Gesù.
Sicché il vangelo di Giovanni applicherebbe il mito gnostico del redentore celeste, del redentore divino,
sulla figura storica di Gesù di Nazaret, eliminando dal mito gnostico, che eredita, alcuni elementi troppo
astrusi e radicali. Distillerebbe cioè una cristologia alta a partire dalle dottrine gnostiche per
adattarla alla figura di Gesù di Nazaret. Voi capite l’importanza di una teoria di questo genere.
In sintesi: da dove trae origine l’affermazione della divinità di Gesù, secondo questa scuola di
pensiero? Per la scuola storico-religiosa l’origine è storica, proviene dall’influenza di una
dottrina che ha una contestualizzazione ben precisa attestata in tutta una serie di testi gnostici che, secondo
questa stessa teoria, nello loro originaria redazione precedevano gli stessi testi neotestamentari. Questa presunta
dottrina gnostica precedente serve ad esprimere determinate caratteristiche in realtà non originarie di
Gesù.
C’è un libro molto importante di uno studioso tedesco Carsten Colpe, che ha confutato questo
“dogma” storico-religioso. In realtà - vi riassumo la questione - proprio perché noi non
abbiamo attestazioni in testi gnostici indipendenti e precedenti ai testi neotestamentari questa spiegazione è
storicamente illeggibile, ed io sono dello stesso parere.
Ma cosa significa davvero gnosi, cosa significa gnosticismo?
Lo gnosticismo ha una caratteristica fondamentale, quella di considerare gli eventi che noi conosciamo ad esempio
dai vangeli sinottici della vita di Gesù come nient’altro che una specie di ombra, di superficie, di una
verità teologica eterna. E’ il cosiddetto principio dell’esemplarismo inverso. Faccio un
esempio, quello del battesimo di Gesù nel Giordano, che per tutta la tradizione gnostica è
l’evento più importante della vita di Gesù, ancora più della morte sulla croce.
Questo è molto indicativo, perché è l’evento della manifestazione della discesa del divino
nel mondo, quindi proprio dell’unione tra qualcosa di inferiore e un elemento divino che discende, è il
momento dell’incarnazione. Mentre il momento della Passione è svalutato in qualche maniera, poi vedremo
perché. Questo battesimo, che pure racconta l’evento decisivo della salvezza per gli stessi gnostici,
è la figura di un evento eterno, cioè di un battesimo eterno, di un’apparizione eterna, potremmo
dire pre-cosmica, pre-storica.
Che addirittura in alcuni testi, per es. negli apocrifi di Giovanni, si dà prima a livello intradivino
- noi potremmo dire per intenderci tra di noi intratrinitario, ma in realtà la Trinità è molto
più complicata e sfrangiata nei sistemi gnostici. I valentiniani arrivavano a pensare a 365 persone, ovvero
eoni nel mondo divino, c’è una specie di politeismo cristiano. Ma noi dobbiamo capire la logica al
di sotto della superficie così fiabesca e fantasiosa e anche irrazionale del mito gnostico.
Allora non soltanto il battesimo si dà all’interno del movimento stesso della costituzione della
divinità in se stessa e nel suo procedere eterno, ma anche a livello di prima apparizione della
divinità al momento della creazione di Adamo. Voi vedete che quindi il battesimo di Gesù al
Giordano è il momento storico trasmessoci dai vangeli, che ci riflette, ci rivela delle verità eterne.
O la prima manifestazione salvifica del Redentore celeste, nel momento stesso in cui Adamo viene creato, o
addirittura qualcosa che avviene nel cuore stesso della divinità, nel suo eterno divenire.
Facciamo un altro esempio: la morte di Gesù sulla croce è, per gli gnostici valentiniani,
l’immagine, a livello storico depotenziato - inferiore potremmo dire - di un fatto eterno, o meglio
precosmico, pre-storico, che si dà all’interno dello stesso divenire di Dio, cioè il fatto che ad
un certo punto un eone, una persona del mondo divino trascendente muore: Sophia. La croce è una croce
storica che riflette una croce teogonica, cioè teologica, che spiega come Dio diviene Dio. Molti di voi
potrebbero obiettare che queste sono favolette. Guardate che perfino favolette come Biancaneve hanno una strana
consonanza con i miti gnostici. I sette nani sono i sette arconti, Biancaneve è il femminile che cade
prigioniero del mondo inferiore, il principe azzurro è il redentore celeste, il bacio è ciò che
sveglia dalla morte. Vi ricordo che il bacio era il saluto dei cristiani, ma anche il segno dell’evento mistico
fondamentale dei valentiniani che era l’unione sessuale tra maschile e femminile. Questo per farvi capire
quanto il fiabesco sia in realtà molto più profondo ed articolato di quanto noi siamo abituati a
pensare.
Il problema è questo, stiamo molto attenti perché è questo il punto fondamentale. In fin dei
conti gli gnostici sono i primi pensatori cristiani in assoluto, in questo anticipano gli ortodossi, a cominciare a
pensare al mondo divino come un mondo di relazioni e di movimento. Noi potremmo dire che la prima teologia
trinitaria, anche se non è propriamente espressa nell’articolazione di tre persone, a livello
cristiano, è la teologia gnostica.
In quanto cominciano a pensare Dio non come un’unità immota, una persona assoluta e sola, ma come un
Padre che ha un Figlio, e se ha un Figlio è una madre, e quindi è come un ribollire
dell’amore di Dio in se stesso. E’ come un movimento di amore di Dio per Dio in Dio. Capite la
profondità e la radicalità degli gnostici? Ecco perché in Dio ci può essere un battesimo,
addirittura una passione, una morte e, poi lo vedremo, una caduta.
Perché il mondo divino non è il mondo immobile e perfetto del dio aristotelico, ma il mondo del Dio
d’amore, il mondo di una relazione tra soggetti divini, di cui la relazione fondamentale è
Padre-Figlio.
Cosa vuol dire questo? L’origine del sistema gnostico è proprio la dottrina cristiana che annuncia
che Gesù è il Figlio di Dio e che in Gesù Dio si rivela come Padre di un Figlio. Noi
potremmo dire che lo gnosticismo per questo poi esplode con quella pluralità di personaggi, quasi una variante
pagana politeistica della concezione della divinità cristiana. Ma ciò che è interessante
è il movimento di uscita dalla fissità, dall’unità, dall’unicità immota del
Dio giudaico.
Lo gnosticismo è questo fenomeno, per molti aspetti irrazionale, di riflessione su un Dio che si
costituisce in una relazione di persone. Che si muove, perché ama, perché genera il Figlio,
perché cerca il Figlio e si unisce con il Figlio nell’amore. Voi capite che proprio perché si
dà una distinzione tra Padre e Figlio decisiva, come punto di partenza dell’intuizione gnostica, noi
troveremo come figura centrale dello gnosticismo stesso, un’altra figura che è quella del femminile,
della madre. Se c’è un Padre ed un Figlio, dice lo gnosticismo, deve esserci anche una madre.
E la madre sapete cos’è? Lo Spirito Santo, Ruah, femminile in ebraico. Ecco, praticamente i tre
personaggi chiave dello gnosticismo - qui cito gli scritti del più geniale interprete di tutti i tempi
dello gnosticismo, Antonio Orbe, un gesuita morto qualche anno fa. Chi conoscesse il castigliano e volesse
approfondire lo gnosticismo si compri i meravigliosi cinque volumi degli Estudios valentinianos, di Orbe, che
sono, al di là del loro interesse, una cattedrale di intelligenza e di capacità di interpretazione
straordinaria. Orbe ha messo bene a fuoco che al di là dei nomi assurdi che voi, quando aprite qualsiasi testo
gnostico, troverete, al di là della pluralità di personaggi, i veri personaggi della teologia gnostica
sono tre: padre, figlio e madre, ovvero Padre, Figlio e Spirito Santo.
E’ l’abbozzo della dottrina della Trinità. Prima dei sistemi gnostici noi abbiamo della
Trinità solo formule. La formula battesimale: “Andate e battezzate nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo”, che diventa comunque la formula rituale, una forma del culto, della liturgia, e che
permea quindi, pervade tutta la fede della comunità primitiva. Ma non abbiamo ancora alcuna articolazione
teologica propria riflessa intellettualmente. La prima forma di teologia trinitaria cristiana è quella
gnostica. Tant’è che la vera teologia trinitaria ortodossa si costituisce in polemica con quella
gnostica.
Più ordinatamente vediamo ora come funziona il mito gnostico? Lo gnosticismo è
serio perché per la prima volta, a partire dal cristianesimo, pensa a Dio in maniera nuova ed inedita, come un
movimento eterno, un divenire di Dio in Dio, come un movimento che mette in relazione diverse persone. Dio
è il mistero della relazione d’amore tra persone divine. E Dio è in particolare l’amore del
padre per il figlio. Ma dato che il figlio è il figlio che si è fatto uomo, questo figlio che è
in Dio assume caratteristiche evidentemente antropomorfe. La distinzione stessa tra un padre ed un figlio in Dio,
non può non spingere verso un’interpretazione antropomorfa della divinità stessa. Ecco:
padre, madre, figlio, amore, relazione d’amore tra padre, madre e figlio. Questa relazione antropomorfa fa
sì che tutte le caratteristiche fondamentali dell’uomo vengano assunte nel divino stesso.
E qual era la connotazione chiave dell’uomo nella tradizione giudaica, nella tradizione biblica? Il
peccato. Questa è la geniale intuizione gnostica. Se Dio non è il Dio unico della tradizione
giudaica, ma un Dio d’amore che è relazione di persone che anticipa la stessa Trinità cattolica e
ortodossa. Se questo Dio è un padre che ama un figlio e questo figlio è un figlio umano-divino, come
confessa la tradizione cattolica ormai precocemente fissata all’inizio del II secolo, a partire dal vangelo di
Giovanni, allora tutto ciò che è umano è in Dio, persino il peccato.
Sicché la grande sfida paradossale dello gnosticismo qual è? Questo Dio che è un Dio di
relazione d’amore eterna tra padre e figlio, è un Dio in cui il figlio è l’uomo amato
eternamente da Dio sicché il padre viene chiamato uomo e il figlio viene chiamato figlio dell’uomo.
Quindi è un uomo che ama un suo figlio, un uomo che ama un figlio dell’uomo, ma se l’umano
è divino, persino il peccato ci dice qualcosa del figlio stesso. E’ questo che i cattolici
considereranno mostruoso nello gnosticismo, avere spinto a tal punto l’introduzione nella divinità
dell’umano dall’aver attribuito al Dio di Gesù persino il peccato.
Un’ultima precisazione per poi esporre le caratteristiche fondamentali del mito gnostico. Lo gnosticismo da
cosa dipende, allora? Riprendiamo ciò che avevo detto all’inizio: per la tesi di Bultmann che ha
tutta una tradizione alle spalle e che ancora oggi viene massimamente condivisa, lo gnosticismo rappresenta una
specie di calderone di dottrine a partire dalle quali esce la dottrina della cristologia alta che viene applicata su
Gesù. C’è un redentore divino che è proprio Gesù di Nazaret.
In realtà, da come sto cercando di presentare la questione gnostica e anche dalla caratteristica
articolazione dei testi gnostici stessi che quasi sempre dipendono da versetti giovannei, nei loro nodi speculativi
decisivi, lo gnosticismo cosa presuppone? L’affermazione straordinaria che Gesù di Nazaret è
il Logos preesistente ed è il monogenes, l’Unigenito, ovvero
è Dio. Ciò significa che lo gnosticismo rappresenta una specie di cortocircuito, come dire, di
dilatazione paradossale e di interpretazione paradossale della rivoluzionaria affermazione giovannea che il divino
è un divino che si articola in un Padre ed un Figlio.
I primi commenti storici cristiani al vangelo di Giovanni sono i commenti gnostici, in particolare quello di
Eracleone. Il vangelo di Giovanni ha trovato un’enorme resistenza da parte di molte chiese cattoliche, ad
essere riconosciuto. Roma non lo amava e non lo ha mai amato, gli sembrava che fosse troppo assonante con quelle
dottrine gnostiche che cominciavano a pullulare nella Chiesa del II secolo. Noi dobbiamo fare uno sforzo se
vogliamo capire l’inizio della storia del cristianesimo a livello teologico e dottrinale, di capire che quello
che noi diamo per assodato, che Gesù è Dio e che la Trinità si articola in un Padre, un Figlio e
uno Spirito Santo, è in realtà stata una conquista storica dal punto di vista della determinazione
dottrinale delle Chiese primitive.
Il vangelo di Giovanni ha dichiarato che Gesù è Dio ed è preesistente e creatore ed è
monogenes, Unigenito, ed è il Logos presso Dio, ed è l’Io Sono, l’eterno nome di Dio.
Cosa che non fanno i vangeli sinottici. E che la stessa dottrina della Trinità si costituisce a partire da una
riflessione sul vangelo di Giovanni che è prima gnostica e poi cattolica.
E stiamo attenti, su cosa ragiona la dottrina della Trinità ortodossa? Sul movimento d’amore tra Padre,
Figlio e Spirito Santo. Da Origene ai Cappadoci ad Agostino. In fin dei conti rappresenta una rigorizzazione di
ciò che in maniera apparentemente irrazionale e fantastica gli gnostici avevano già cominciato a
pensare.
Quali sono i fenomeni gnostici più rilevanti? Qual è l’articolazione gnostica di un mito che possa essere sinteticamente messo a fuoco? Lo gnosticismo è un nome storiografico che classifica una serie di testi, di autori, quindi di prospettive niente affatto del tutto convergenti, con molte differenze, peculiarità, distinzioni. Comunque diciamo una classificazione storiografica che identifica un minimo comune denominatore. Diciamo che le due correnti fondamentali dello gnosticismo (in realtà sono almeno cinque, ma sintetizzo) sono:
Le due correnti fondamentali dello gnosticismo sono dunque quella valentiniana e quella sethiana o
barbelognostica. Perché barbelognostica? Perchè il personaggio specifico di questa forma di gnosi
è per Ireneo Barbelo e perché Ireneo chiama questo gruppo che confessava questo tipo di dottrina
“gnostici”, come nome proprio. Questa dottrina è corrispondente all’apocrifo di Giovanni, il
testo che a Nag Hammadi è stato trovato in tre codici, con varianti. Perché sethiani? Perché
in tutti questi testi la figura del redentore celeste assume anche il nome di Seth, il figlio di Adamo dopo la morte
di Abele.
Voi capite l’interesse di questa definizione di sethiano, perché se il redentore celeste viene
chiamato con il nome di Seth e non Gesù, questa tradizione barbelognostica potrebbe attestare una forma di
gnosticismo indipendente dal cristianesimo e magari influente su di esso. In realtà Seth è una variante
del nome di Gesù che è esso stesso attestato all’interno della tradizione
barbelognostica.
Invece l’altra corrente che è quella della tradizione valentiniana ha in Valentino il suo capofila. Di
Valentino purtroppo conosciamo soltanto qualche frammento - alcuni studiosi hanno attribuito a Valentino anche un
testo molto bello ed importante, il Vangelo di verità, trovato a Nag Hammadi. Soprattutto Valentino ha
costituito una grande scuola gnostica, che ha una ramificazione orientale alessandrina, tra cui Teodoto abbiamo
già citato gli estratti da Teodoto di Clemente - ed una ramificazione occidentale. In questa noi
ricostruiamo la figura di Tolomeo ed Eracleone, due grandi gnostici.
La grande dottrina valentiniana che Ireneo riporta come tale nel I libro dell’Adversus haereses,
è molto presumibilmente una dottrina attribuibile a Tolomeo, forse il più geniale degli autori
valentiniani.
Come si articola il mito gnostico? Dio è un Dio che si articola sempre almeno in forma
binitaria, spesso trinitaria. Questa forma trinitaria assume poi una quantità enorme, irrazionale di
configurazioni. Vi ho già detto che in alcuni testi valentiniani le persone divine sono addirittura 365,
come ogni giorno dell’anno. A noi in realtà non interessa la forma esteriore, ma la struttura
teologica.
Secondo aspetto: la teogonia. Dio non è un Dio fermo, ma un Dio che diviene, che ama, un Dio che genera
un figlio, che si riconosce nel figlio.
Un ulteriore aspetto che vi ho già accennato è l’introduzione di una prospettiva radicalmente
antropomorfica all’interno della divinità stessa. Tutto ciò che è l’uomo
è stato assunto in Dio. Da questo punto di vista lo gnosticismo rappresenta una radicalizzazione, una
teologizzazione della dottrina dell’incarnazione, cioè dell’assunzione dell’uomo in Dio da
parte di Gesù di Nazaret. Noi potremmo dire che tutta la teologia gnostica è una cristologia. In
Gesù di Nazaret Dio ha assunto l’uomo, il che vuol dire che l’uomo è eternamente in Dio.
L’assunzione storica è lo specchio di un evento eterno. Ma se io assumo l’uomo in Dio assumo anche
il peccato. Ecco l’elemento irriducibile alla tradizione cattolica dello gnosticismo.
Il personaggio che nella grande maggioranza dei testi sia valentiniani che sethiani, non in tutti, ma nella
netta maggioranza dei testi, pecca e decade viene chiamato Sophia, sapienza. Malgrado il suo nome
significativo, rappresenta per gli gnostici quella parte debole della divinità, che pur generata
all’interno di questo vortice, questo movimento d’amore tra padre, figlio, madre, figlio, ad un certo
punto pecca e cade fuori dal divino stesso.
Sapete cos’è Sophia? Innanzitutto il nome che la tradizione cattolica riconosce a Gesù stesso
nella sua preesistenza (Pr 8). Secondariamente, Sophia, come è stato messo in rilievo da pochi ma
intelligentissimi studiosi, è una figura di Eva stessa, il femminile in Dio. In qualche modo, chi è
Sophia? Il divino che pecca, Eva che pecca. Lo gnosticismo radica il peccato di Adamo, la caduta dell’uomo
ad immagine e somiglianza di Dio in Dio stesso, ma pensa anche l’altro versante della dottrina
dell’immagine e della somiglianza dell’uomo con Dio. Il fatto che questa immagine e somiglianza decada al
di fuori di Dio. Questa caduta e questo peccato generano, per la dottrina gnostica, un fatto incredibile. Sophia
viene cacciata al di fuori del mondo divino, in questi miti gnostici, genera un aborto, che è il
demiurgo.
Questo demiurgo è il creatore de mondo ed è il Dio d’Israele. Egli crea il mondo
materiale. Ecco allora il dualismo, tipico dello gnosticismo. A differenza del Dio trinitario c’è
qui una realtà divina superiore ed una realtà divina inferiore, che crea e da la legge
veterotestamentaria o filosofica.
Ci sono poi due nature nel mondo creato, una psichica ed una materiale,
oltre a quella divina. Una parte del divino cade nel mondo inferiore. Il
problema dello gnosticismo è quello del ritorno del divino caduto nel
pleroma divino stesso. Solo gli uomini spirituali torneranno in questo pleroma
divino.
La chiesa rifiuterà 3 elementi delle dottrine gnostiche. Innanzitutto la presenza del peccato nel
divino stesso. In secondo luogo l’affermazione dell’esistenza di due divinità, una
superiore ed una inferiore. Infine la distinzione degli uomini per nature, corrispondenti alle divisioni
precedenti. Per gli gnostici solo gli eletti sono uomini superiori
Vedete come con le dottrine gnostiche la discussione tocchi i grandi temi del cristianesimo, come in un primo
abbozzo tutto da chiarire. Cos’è la grazia che svuota la Legge? Come si legano il divino e
l’umano in Gesù? Come capire l’intimità dell’umano nel divino e del divino
nell’umano, in espressioni come quelle del vangelo di Giovanni: “Voi siete uno con me, come io e il Padre
lo siamo”. Cosa Gesù rivela della nostra vera identità? Insomma, la questione gnostica
è ben più affascinante delle storielle. Siamo ad un passaggio nel quale la teologia è costretta
ad affrontare questioni nodali.
Lo gnosticismo, insomma, nella sua forma così paradossale, ha la grande capacità di cogliere alcune
questioni nodali della storia del cristianesimo primitivo. Prima questione: Chi è Gesù?
La risposta gnostica è chiara: E’ Dio. Guardate che questa risposta, fino al 150, la davano
così chiaramente molto pochi in ambito cattolico. A Roma quasi nessuno, solo Giustino, grande filosofo,
influenzato dalla cristologia del Logos orientale giovannea. Qual è il vangelo decisivo per gli gnostici?
Giovanni, mentre invece la tradizione cattolica fa più fatica a riconoscere la centralità del
vangelo di Giovanni.
Che cosa rivela Gesù Cristo? Che in Gesù Dio e uomo sono una cosa sola, che noi siamo chiamati ad
una intimità assoluta con Dio in Cristo. Noi non siamo più i servi, ma i figli. E se siamo figli di
Dio siamo divini noi stessi.
Altra questione: la salvezza cristiana è una salvezza di amore assoluto, di intimità tra umano e
divino. Che non è, in quanto annuncio di evento di grazia, riconducibile al rapporto tra codice
etico-religioso e osservanza, tra legge e ubbidienza del soggetto, tramite il suo libero arbitrio e la sua
volontà. Altra enorme questione, che non a caso affiorerà successivamente, quando i cattolici
confuteranno lo gnosticismo affermando che noi ci salviamo attraverso il libero arbitrio.
La questione invece rispunterà successivamente con Agostino. L’amore di Dio assoluto che
inscrive la stessa creatura all’interno del movimento trinitario divino, che trasforma i figli in eternamente
amati da Dio e dal Figlio, non può dipendere da un atto contingente di libertà della creatura
stessa. E’ la questione della predestinazione. Non è un’invenzione dei cattivi eretici
gnostici, ma una questione di cui noi leggiamo nei testi di Qumran, che in alcuni testi veterotestamentari emerge
(Isaia), che in testi di Giovanni emerge (figli del diavolo, figli della luce, quasi un determinismo che alcuni
autori hanno indicato come operante in Giovanni. Se Dio non traesse noi a Lui, noi non ci convertiremmo). Questa
è la posizione del Vangelo di Giovanni: il fatto stesso che voi credete è un dono di Dio. Come
dice anche Paolo in Rm 9,1: Quando essi ancora non eran nati e nulla avevano fatto di bene o di male - perché
rimanesse fermo il disegno divino fondato sull’elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui
che chiama.
La caratteristica degli gnostici è quella di trasformare l’annuncio economico di una predestinazione
universale paolina in dottrina filosofica dell’elezione basata sulla distinzione tra la natura spirituale e le
altre nature. Noi potremmo dire che questa è già una prima forma di individualizzazione della
dottrina della predestinazione che trova in Agostino un altro diversissimo testimone.
Chiudo con un’ultima considerazione: il rapporto tra gnosticismo e cristianesimo risulta evidente. Però
lo gnosticismo è anche testimone di una forma che, per la prima volta nella storia della tradizione
cristiana, è evidentemente mediata da una prospettiva filosofico-sapienziale. La questione è:
gnosticismo = cristianesimo e filosofia.
Il che comporta i gravi pericoli dello gnosticismo, de-storicizzazione, disprezzo della realtà storica,
materiale, carnale dell’uomo. Disprezzo della dimensione storica della rivelazione di Gesù,
sicché Gesù tende ad essere il Logos eterno e non l’uomo in cui il Logos si incarna, che soffre,
che patisce. Ricordo che in una dottrina gnostica addirittura il Logos si ritrae, torna nel Pleroma prima della
passione di Gesù, ride quando Gesù o un suo fantasma, o un sostituto viene crocifisso, perché
dice: “Voi pensate di uccidere il Figlio di Dio, ma il Figlio di Dio si è gia ritratto”.
Altro elemento tipico: in fin dei conti la verità di salvezza cristiana per gli gnostici è una
verità elitaria, è la rivelazione di una filosofia profonda. Vi ricordo una importantissima
testimonianza di Porfirio, che parlandoci degli gnostici che popolavano la scuola di Plotino qui a Roma, ci dice che
gli gnostici disprezzavano Platone, perché dicevano di conoscere le profondità e gli abissi di Dio che
Platone non era riuscito a sondare, si consideravano più profondi di Platone stesso.
Da questo punto di vista la questione dello gnosticismo, che è una questione perenne per la tradizione della
Chiesa e della storia del cristianesimo è questa: cos’è davvero la Rivelazione? Chi è
davvero Gesù?
La risposta gnostica è una risposta che noi potremmo davvero definire razionalistica: è una
verità eterna, un mistero eterno ed abissale, un mistero nascosto nella profondità
dell’essere che materialmente appare soltanto per riflessi, superficialmente; è un mistero che,
in fin dei conti, prescinde dalla pesantezza, e vorrei dire anche dalla fatica, dal peso della carne della
storia.
Non è un caso che i grandi confutatori dello gnosticismo (Ireneo, Tertulliano, Agostino) insistono sulla
dimensione della storicità, della carne, del corpo, della realtà storica. Mentre invece la
tentazione eterna gnostica, di cui lo gnosticismo come momento storico così determinato è la prima
grande attestazione, è quella di trasformare l’evento della salvezza in una filosofia elitaria, in
una riflessione filosofica concettuale.
Ecco perché Hegel può ancora essere considerato un erede dello gnosticismo. La riduzione del mistero
della redenzione e della storia di Gesù di Nazaret ad evento eterno, a movimento eterno della
verità.
Ma stiamo attenti: quanta della responsabilità delle affermazioni dello gnosticismo non l’ha il Vangelo
di Giovanni? Questa è la grande questione che lo gnosticismo solleva. Giovanni ha chiamato Gesù Logos,
monogenes, unigenito. Vi faccio presente che monogenes è il nome che, nel Timeo, Platone dà al
cosmo, che è chiamato eikon, immagine, del divino trascendente, immagine visibile del dio invisibile.
Non è che il prologo di Giovanni cominciasse già ad entrare in una dialettica con il Timeo
platonico? Questa coincidenza del termine monogenes, cosmo come immagine del divino in Platone, che invece
in Giovanni è Cristo, il Logos che è monogenes, immagine del divino! In fin dei conti lo
gnosticismo non è un caso, ma un movimento speculativo generato dalla svolta teologica giovannea che con un
coraggio straordinario definisce non soltanto Gesù Dio, ma Logos, unigenito (monogenes),
come Dio presso Dio, come Dio che ha un movimento e che ama ed è amato eternamente da Dio. Come Dio che in Dio
unifica i suoi, le sue creature, i figli.
Domanda: Questo parlare di Dio, della Trinità con queste numerose aggettivazioni mi
ha ricordato S.Tommaso d’Aquino che dopo aver scritto tanto, commentato quasi tutti i libri della Scrittura,
dopo aver scritto i volumi della Summa Theologica, dopo aver scritto la Summa contra gentiles, alla
fine della sua vita fa silenzio.
Risposta: E’ molto interessante quello che lei ha detto, ed io lo voglio forzatamente ricollegare
all’ultima mia affermazione. Lei ha detto che il vero culmine e compimento della teologia è il silenzio
mistico, cioè che la comprensione teologica comunque, soprattutto nei grandi, almeno nel massimo autore della
tradizione cattolica, culmina in una confessione della inattingibilità del mistero.
Io, in una maniera un po’ più rozza e usando categorie più storiche dico qualcosa di analogo.
In fin dei conti lo gnosticismo è la prima forma, malgrado i suoi limiti, i suoi difetti, i suoi aspetti
eretici, di teologia, di riflessione logica su Dio. Il grande limite storico è di non aver avuto questa
riserva dell’eccedenza mistica nei confronti della verità teologica e di voler imbrigliare la
rivelazione in una specie di schema dialettico, di schema filosofico-teologico.
Ciononostante la mia osservazione è che non appena noi prendiamo con Giovanni Gesù, la rivelazione
del mistero di Dio e lo definiamo Logos, parola verità eterna, noi siamo costretti a fare teologia. Quindi
esisteranno forme deformanti di teologia e forme cattoliche, appropriate, misurate.
Qual è il dispositivo cattolico fondamentale? Che la “teogonia”, il divenire, l’amore
trinitario di Dio è una cosa, e che la vicenda, il peccato della creatura è un’altra. E’ il
rifiuto di identificare gli spirituali, cioè gli uomini eletti, come consustanziali con il Logos. Mentre
per gli gnostici tutti gli spirituali hanno la stessa natura del Figlio, per la confessione cattolica tutto potrebbe
andare bene ma con una distinzione: che tutti sono figli o hanno la possibilità di diventare figli, e che
questi figli non sono consustanziali con il Figlio stesso. Vi ricordo che il termine homooùsios,
che è il termine che a Nicea viene utilizzato per definire la consustanzialità del Figlio con il Padre,
è utilizzato dagli gnostici per definire la consustanzialità degli eletti, cioè degli
spirituali, con il mondo divino trascendente.
Questo è indicativo: consustanziale per gli gnostici è ciò che identifica gli spirituali, gli
eletti, ed il divino. La tradizione cattolica riserva questo termine esclusivamente al rapporto tra il Figlio
ed il Padre. Il problema è che la teologia è la maledizione e anche la via obbligata della
tradizione cristiana non appena afferma la divinità del Figlio e l’identità del Figlio con il
Logos.
C’è il problema anche dell’ellenizzazione, dell’introduzione di categorie filosofiche, e
dell’interpretazione della rivelazione come filosofia e come verità eterna. Mi permetto di ricordare,
l’affermazione di Benedetto XVI: in fin dei conti ciò che caratterizza la verità rivelata
della fede cristiana è la fiducia nel Logos e nella capacità di riconoscerlo. Potremmo dire che
è cattolico chi fa teologia! Detto così a me non convince molto, perché c’è la
riserva mistica, ma la questione è interessante perché il problema è quello che lei
indicava.
Domanda: Quale logica seguono gli gnostici per dire che Dio cade fuori di Dio, che la Sophia pecca?
Risposta: Se noi prendiamo il mito gnostico e lo studiamo così capiamo che in realtà è
un’insensatezza. Come si spiega la caduta di Sophia? La caduta di Sophia è la caduta dell’uomo ad
immagine, la caduta dell’uomo dal divino. E’ il corrispettivo della caduta dell’uomo
dall’Eden. Mentre per la tradizione cattolica Adamo ed Eva cadono dall’Eden in quanto creature che non
sono divine, ma create, per il sistema gnostico Sophia-Eva cade dal mondo divino stesso di cui fa parte.
Capendo che Sophia = Eva come è possibile un’idea così bislacca, che gli gnostici introducano nel
mondo divino Adamo-Eva, che trasformino la creatura in un momento, nel suo cadere, come un momento del divino stesso?
La risposta è una sollecitazione cristologica. In Cristo l’umano è assunto nel divino, ma
tutto l’umano. Cristo assume Adamo, ma Adamo, con Eva, decade. Cristo è Adamo, nella sua dimensione
perfetta e redentiva, ma è un Adamo che ormai è inseparabile dal destino dell’umanità,
tant’è che muore per riassumere Adamo e ricondurlo a sé.
Altra argomentazione gnostica: se Dio muore per una creatura che pecca, vuol dire che questa creatura che pecca
non è qualcosa di dominato e subordinato, ma è il cuore stesso del divino, una parte del divino
stesso. Qui il mito gnostico serve ad esprimere un’intuizione paradossale a livello teologico, il fatto
che Dio è in qualche modo, kenoticamente, crocifisso da sempre al destino di peccato e di futura redenzione
della creatura. Sophia è la creatura.
Soltanto che a partire dal vangelo di Giovanni la creatura è dichiarata da Gesù intima con il Figlio
e intima con il Padre. La conclusione è che la creatura, se Dio muore per assumerla, appartiene a Dio
stesso. Voi potreste dirmi che allo gnosticismo manca l’iperbole della grazia divina, il fatto che Dio possa
morire per una creatura che non è parte di sé, ma che ama. Noi dobbiamo però capire qual
è la logica più profonda dello gnosticismo. Sophia che cade è la creatura che cade.
Aggiungo un particolare che lo fa capire ancora meglio. Sophia viene definita dai valentiniani Sophia morta,
perché, decadendo, muore. E sapete cosa succede quando Sophia muore? Viene crocifissa. In Sophia si rivela un
elemento cristologico. In fin dei conti chi è il Dio cristiano? Il Dio che muore sulla croce, che patisce,
prigioniero di un corpo. Il destino di Sophia è come dedotto dal paradossale movimento kenotico redentivo
del Figlio.
Domanda: Come riconoscere se lo gnosticismo si ripropone oggi? Potremmo dire che il Codice da Vinci è
una forma moderna di gnosticismo?
Risposta: Il codice da Vinci non ha nulla di gnostico.
Il singolo gnostico si considera come consustanziale con il padre e con il figlio. L’uomo è divino in
se stesso. Poi ci sono varianti, alcuni sostengono che proprio perché sono divino io posso anche peccare
perché il peccato non corrompe ili divino, come il fango che ricopre l’oro ma non lo corrompe. Ci sono
gnostici asceti invece. In comune avevano questo sentimento di potenza e di liberazione dal mondo e dalla prigionia
del mondo.
Lo gnosticismo è una tentazione perenne della storia del cristianesimo. Vi faccio un esempio, un paio di mesi
fa sono stato chiamato da Mauro Pesce a Bologna ad essere relatore di una tesi di dottorato sulle forme di gnosi
contemporanea americana. Quello che voi sentite nominare come New Age rappresenta una forma molto depotenziata,
banalizzata, globalizzata, una deriva contemporanea gnostica. Questi singoli autori americani - vi cito il testo
forse più importante di tutto lo gnosticismo contemporaneo americano, Un corso in miracoli, che ha una
complicatissima vicenda di stesura - sono evidenti prestiti gnostici. La concezione gnostica che oggi è
viva afferma che noi siamo divinità, o meglio noi abbiamo una scintilla divina dentro di noi e siamo in un
mondo di tenebre che ci imprigiona. La conoscenza della nostra vera origine è libertà dal
peccato, da un rapporto di subordinazione servile nei confronti del divino e quindi è la intuizione della
nostra radice divina stessa che realizza la nostra piena libertà e felicità.
Il Codice da Vinci non ha nulla di gnostico, perché degrada la vicenda di Gesù, di Maddalena in
senso totalmente antignostico, ad una vicenda di sesso e potere politico. Gesù e Maddalena sono andati a
letto insieme e hanno generato una generazione che sarebbe quella che poi avrebbe governato la Francia in un periodo
storico poi nascosto. Non c’è nulla di gnostico.
La cosa più interessante è questa: quando sono andato a Bologna ho appreso, che ad Amsterdam
c’è una cattedra di dottrine ermetiche e praticamente gnostiche che studia questi fenomeni storici.
Perché questo? Perché in tutta la storia della cultura occidentale questa idea attraversa tutto il
pensiero occidentale e tutta la storia del cristianesimo. E’ ricorrente la tentazione gnostica. Si
può sintetizzare nella pretesa di avere qualcosa di divino in noi, il senso di estraneità e di
distacco e anche di superiorità nei confronti del mondo, il rifiuto della Chiesa cattolica come chiesa di
psichici - dicevano gli gnostici - cioè come Chiesa di massa, mentre invece la vera religione, la vera gnosi
è conoscenza elitaria, di pochi, di eletti. E la concezione della salvezza con la conoscenza della propria
origine e con la liberazione dal mondo e da qualsiasi condizionamento storico. Questo è il pericolo
concreto dello gnosticismo, la trasformazione della rivelazione cristiana, che la Chiesa media, in facile dottrina
antropologica che esalta astrattamente l’uomo, che lo separa dalle sue responsabilità, dal suo compito
di carità, di testimonianza storica, anche dalla sua dimensione incarnata. Far sì quindi che la
salvezza sia identificata unicamente nell’intuizione della propria radice divina.
La predestinazione è solo un aspetto. Per Agostino che è un predestinazionista, la
predestinazione non è mai assumibile sulla propria persona. Chi è predestinato e pensa di esserlo in
realtà è il più dannato di tutti. Questo vi fa capire la complessità e anche la
serietà religiosa di Agostino. Gli gnostici invece erano convinti di essere eletti e allora da questo
punto di vista questo elemento gnostico potremmo definirlo come elemento di un’elezione predestinata e
selettiva. Il pericolo fondamentale dello gnosticismo è la denuncia della fede della Chiesa come fede di
serie B, di massa, come fede infantile, mitica e mitologica e la riduzione della rivelazione di salvezza a
consapevolezza di una propria identità divina, di una dimensione non della carità, del dono, della
grazia, ma del possesso, della potenza e dell’esaltazione. E dell’astrazione da un punto di vista
storico.
Anche a livello più alto, speculativo, perché questi fenomeni contemporanei di gnosi sono molto banali
teologicamente, noi abbiamo un’altra variante gnostica: Hegel, Schelling, i più grandi filosofi
dell’idealismo tedesco, possono essere interpretati davvero come varianti dello gnosticismo antico. Nella
riduzione della rivelazione cristiana a figura di una verità eterna logicamente contemplata. Potremmo dire
più semplicemente la riduzione del cristianesimo a filosofia. Solo il filosofo riesce ad identificare
intellettualmente la religione.
Ma la domanda è sempre la stessa: che c’entra il vangelo di Giovanni con tutto questo? Il vangelo
di Giovanni afferma che Dio è Logos, che quindi soltanto chi conosce la verità (Alètheia)
conosce Dio, che è l’Io Sono, ed è un mistero ontologico quello di Dio. Secondo aspetto, Giovanni
afferma che chi crede nel Figlio è uno con il Figlio e con il Padre. Chi conosce la divinità di
Gesù, egli stesso partecipa della divinità.
Conoscete la prima lettera di Giovanni - e qui mi appoggio all’interpretazione di un grandissimo storico, un
cattolico, Raymond Brown (La comunità del discepolo prediletto). Brown interpreta la prima lettera di
Giovanni come un primo tentativo di correzione di alcune derive possibili all’interno del vangelo
giovanneo. All’interno della comunità giovannea ci sarebbe stata una deriva, una interpretazione
unidirezionale, forzata, del vangelo di Giovanni in direzione gnostica, o che approderà allo gnosticismo.
La prima lettera di Giovanni comincia a frenare e a sottolineare dei contrappesi che impediscano questa deriva. Per
esempio Gesù non è soltanto Dio, ma ha sofferto realmente, è un Gesù storico, visto nella
sua concreta dimensione storica di uomo che patisce. Chi nega che questo Gesù storico sia il Figlio è
anticristo, dice la 1Gv.
L’affermazione di una identità mistica spirituale tra i membri della comunità e il Figlio
è in qualche modo qualcosa di delirante, di perverso, di demoniaco, mentre l’obbligo della
comunità giovannea è quello di farsi carico dei fratelli, di amarsi reciprocamente e di trovare un
collegamento con la grande Chiesa cattolica di fondazione apostolica, petrina e successivamente anche paolina.
Già alla radice della tradizione giovannea si dà una possibile interpretazione gnostica del vangelo di
Giovanni e c’è una esigenza di correzione di questa tendenza.
Domanda: Cosa dicono gli gnostici delle nature umane?
Risposta: Le nature degli uomini per gli gnostici sono tre:
L’unica natura che ha il libero arbitrio è quella intermedia. Gli appartenenti
alla natura ilica sono destinati alla dannazione, sono i pagani. La natura intermedia a seconda di come esercita il
libero arbitrio, se si comporta bene ed ama Cristo si salva, se si comporta male viene distrutta. Questi sono i
cattolici. La natura spirituale, comunque si comporti, dato che ha un seme divino in sé si salva
necessariamente.
Come si riconosce la natura pneumatica? E’ la natura che è in grado di capire la gnosi, il cattolico
che resiste e non accetta la dottrina gnostica è uno psichico e non è in grado di accettarla
perché non ha una natura spirituale. Colui che invece si professa seguace di questa dottrina e conosce i
misteri di Dio e capisce il mistero della salvezza, è davvero eletto, davvero gnostico. “Li
riconoscerete dai loro frutti”. Se questi si convertono ed entrano nella ristretta conventicola degli eletti,
hanno una natura eletta. Se invece rifiutano come fantasie, come la maggioranza degli eresiologi, della Chiesa
cattolica, queste dottrine, sono solo psichici, non hanno il seme spirituale e non saranno capaci di entrare nella
verità. Se si comporteranno bene, in dimensione escatologica non rientreranno nel pleroma, nella
Trinità, consustanziali con essa, ma rimarranno intorno al Pleroma, ma fuori di esso.
Domanda: Chi è la madre in Dio nel pensiero gnostico?
Risposta: La madre per gli gnostici non è Maria, è lo Spirito Santo. La madre è una
madre divina. Loro la chiamano la “donna”, non è mai pensata a partire da Maria. La dottrina
mariana è sostanzialmente assente dai testi gnostici. Mentre già con Ignazio di Antiochia intorno al
115 si comincia a mettere a fuoco la dottrina di Maria.
L’altro nome della donna è Sophia. C’è una donna madre che genera il figlio e che
rappresenta il principio materno di generazione e di accoglimento della pluralità dei figli. Poi
c’è l’elemento femminile Sophia che invece rappresenta l’aspetto negativo della
femminilità, la sensualità, peccaminosità, instabilità e quindi la sua caduta, Eva per
intenderci. C’è una donna Maria e una donna Eva. Gli gnostici hanno una costante attenzione per la
donna a partire proprio dalla lettura dei testi neotestamentari.
Ciononostante la figura più interessante per loro non è quella di Maria madre di Gesù, ma di
Maria Maddalena. Maria è la donna amata da Gesù, colei che aveva sette demoni, colei che viene
identificata con la peccatrice perdonata che unge il capo di Gesù e quindi si identificano i due personaggi
all’interno della tradizione cattolica. Ma allora chi è Maddalena per gli gnostici? La prostituta
perdonata, la peccatrice che pure è intimamente amata da Gesù, colei che posseduta dal demonio è
stata liberata da Gesù? Una figura dell’identità gnostica, ecco perché amavano tanto Maria
Maddalena. E’ colei che ha peccato, ma che d’altra parte è la sposa escatologica di Gesù
stesso.
Questo è l’unico elemento che quel libraccio che è il Codice da Vinci eredita dal
Vangelo di Filippo(fra l’altro sapete bene che anche dire Codice da Vinci è assurdo;
“da Vinci” non è il suo cognome, ma l’indicazione del luogo della sua nascita, per cui si
sarebbe dovuto chiamare il Codice di Leonardo!). L’unico aggancio del Codice da Vinci con lo gnosticismo
è la dottrina che Gesù amava Maria Maddalena e che quindi si baciano sulla bocca e che Maria Maddalena
è più grande di tutti i discepoli.
Come il vangelo di Giuda sottolinea come l’apostolo peccatore è in realtà l’unico apostolo
che conosce e comprende davvero Gesù. Il più problematico dei discepoli è il più intimo
dei discepoli stessi.
Se Sophia è un elemento del divino che decade, quando Gesù discende a redimerla in realtà
redime una parte del divino stesso, quindi redime se stesso. Gesù è il Dio uomo, il Dio che assume
l’uomo, il Dio che assume l’uomo decaduto, che redime l’uomo decaduto ovvero il Dio che redime se
stesso. Questo è un concetto interessantissimo, al di là della dottrina forzata di questi storici della
religione fra 800 e 900 che cercavano questo mito del redentore redento in testi iranici senza trovarlo.
E’ interessante invece per le possibili interpretazioni successive che genera. Schelling dice che in qualche
modo la morte di Gesù sulla croce, la redenzione dell’uomo, non può essere soltanto un evento
storico, ma deve essere la rivelazione dell’eterno movimento di Dio in se stesso. E’ proprio
un’interpretazione gnostica. Quando Dio redime noi uomini, in realtà obbedisce ad una sua eterna
esigenza, che è l’amore per l’altro, per l’altro che pecca, che non è altro da Dio,
ma è in Dio stesso. Dio lo ama come fosse se stesso. Quindi anche nella forma delirante del mito, della
forzatura eretica, capiamo la radice di questo errore, che è l’assolutizzazione iperbolica
dell’amore di Dio per l’uomo. Dio ama talmente l’uomo da farne un momento interno di Dio
stesso. Ecco la radice cristologica del mito gnostico. Adamo è in fin dei conti colui che rivela
l’oggetto dell’eterno amore di Dio. Anche se pecca.
Domanda: Qual’è il rapporto dello gnosticismo con l’ebraismo? Non potrebbe derivare da
esso?
Risposta: Una vecchia teoria che oggi è stata recepita da molti studiosi di gnosticismo! Lo
gnosticismo in realtà sarebbe un movimento coevo o addirittura anteriore cronologicamente alla formazione del
Nuovo Testamento e quindi al costituirsi del cristianesimo come religione. Da dove è derivato, allora, secondo
questa teoria questo movimento? Da forme eretiche, marginali, sapienziali, gnosticheggianti ebraiche. Questa
è una tesi che poi ha preso grande importanza dopo gli scritti di Scholem sulla Kabbalah, perché
Scholem è convinto che la Kabbalah che rappresenta dottrine mistico-teosofiche giudaiche medievali in
realtà riportasse dottrine molto più antiche, addirittura databili all’età di genesi del
cristianesimo.
Gran parte degli studiosi considera lo gnosticismo dipendente da forme marginali, paradossali, di gnosi giudaica.
Con un’enorme difficoltà però, alla quale a mio parere gli studiosi non sono in grado di
rispondere. Che ciò che caratterizza lo gnosticismo è il suo animus antigiudaico. Da Jonas a
Taubes, si arriva a parlare addirittura di antisemitismo teologico, nel senso in cui il Dio dei giudei è il
Dio della legge, il Dio inferiore, non il Dio trascendente.
A mio parere allora è vero che lo gnosticismo ha una radice giudaica, eretica e marginale, ma sapete qual
è questa radice giudaica eretica e marginale? Quella cristiana, perché solo il cristianesimo
introduce all’interno della tradizione religiosa giudaica un paradosso assoluto, cioè che il redentore
è il maledetto dalla Legge e quindi instaura una dialettica radicalissima di scissione all’interno
dell’identità giudaica stessa tra la Legge e la Grazia, la Legge e il Messia redentore.
Io approfondirei questa posizione dominante oggi: radice giudaica non vuol dire niente. Si attaccano al fatto che
esiste Yahweh ed esiste un angelo inferiore al quale viene delegato il governo della creazione. L’angelo
inferiore sarebbe l’origine del demiurgo mentre Yahweh rimarrebbe, separato dalla creazione, il Dio
trascendente. Ma è una cavolata. Perché l’angelo non deriva da Yahweh, non è qualcosa
che dipende da una frattura intradivina. E Yahweh non ha nulla di quell’articolazione trinitaria che
è propria del Dio cristiano. In tutti i grandi miti gnostici, in particolare nell’apocrifo di Giovanni,
sapete cosa fa il demiurgo dopo aver creato il mondo? Dice: “Io sono l’unico Dio”. Cioè
bestemmia - dice il testo apocrifo di Giovanni. Bestemmia perché parla monoteisticamente. Il Pleroma divino
risponde dall’alto: “Menti perché esiste l’uomo e il figlio dell’uomo”.
Perché Dio è binitario o trinitario.
Come facciamo a radicare questa sconfessione del monoteismo giudaico e questo annuncio del padre-figlio
all’interno della tradizione giudaica? Soltanto passando alla radice cristiana, che chiaramente è
nutrita dal giudaismo, ma che va oltre il giudaismo, posso capire qual è il retroterra dello
gnosticismo!
Domanda: E coloro che dicono che lo gnosticismo ha origini in secoli più antichi, in India o in altri
luoghi dell’Estremo Oriente?
Risposta: La rinvio per questo al famoso documento finale del convegno internazionale di Messina del 1966,
al quale tanto contribuì il prof.Ugo Bianchi. Tutti gli studiosi seri sulla materia affermarono allora
che, per non fare confusione, bisogna distinguere fra lo gnosticismo come fenomeno storico che ha una precisa
datazione e dei precisi contorni – e che secondo me, come ho cercato di dimostrare, discende dal
cristianesimo – e idee e concetti molto più generali che possiamo riunire sotto il termine
“gnosi” che possiamo ritrovare in contesti anteriori o posteriori, senza che ci sia una filiazione
diretta di questi.
Domanda: Ma qualcuno degli eresiologi era stato gnostico? E qual’è la datazione degli scritti di
Nag Hammadi?
Risposta: Epifanio è stato in una setta gnostica, prima di diventare cattolico. I testi
ritrovati a Nag Hammadi sono copie post-costantiniane di testi più antichi, i cui originali, comunque, sono
tutti dal II secolo in poi. Non c’è un accordo totale degli studiosi su chi fossero i possessori
della biblioteca di Nag Hammadi, ma si può ipotizzare un gruppo gnostico, forse perseguitato dopo
Costantino.
Per altri articoli e studi del prof.Gaetano Lettieri o sui vangeli apocrifi presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici