Aperti d’estate. Gli oratori, più che un servizio, di Umberto Folena
Riprendiamo da Avvenire del 3/7/2011 un articolo scritto da Umberto Folena. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Vedi anche, su questo stesso sito, la sezione Catechesi e pastorale.
Il Centro culturale Gli scritti (10/7/2011)
Aperti d’estate. Quando gli altri chiudono. Aperti soprattutto d’estate, come per tutto il resto dell’anno. C’è chi ha le radici talmente profonde e salde in un territorio, in un quartiere, in un paese, in mezzo alla gente, da non potersi rendere assente mai, altrimenti sarebbe perduto. Gli oratori italiani questo sono: una delle più palesi e felici espressioni della Chiesa tra la gente, a servizio della gente, a partire da coloro che alla gente stanno più a cuore: i figli, bambini ragazzi giovani. Gli oratori sono a servizio ma non vanno confusi, da nessuno e in nessun modo, per semplici 'erogatori di servizi'. Nessun erogatore di servizi rimane aperto sempre, soprattutto durante le ferie, e senza orario di chiusura, anzi: spalancati e frequentati specialmente quando gli altri calano la serranda.
Parliamo degli oratori in generale, ma sono troppi per poterli comprendere tutti. Parliamo degli oratori migliori affinché chi può ancora migliorare sia incoraggiato a migliorarsi, vincendo le tentazioni più facili: la pigrizia, l’autosufficienza, la chiusura. Un oratorio è cattolico, senza ombra di dubbio. Ma proprio perché cattolico è aperto, anzi spalancato a chiunque, pure a chi cattolico non è, o pensa di non esserlo abbastanza. Aperto a chi ti conferma nelle tue idee; aperto a chi, educatamente, le contesta. Don Marco Mori, del Forum degli oratori, riassume così la formula vincente degli oratori: «Tutto l’uomo e tutto il Vangelo». Il Vangelo, senza sconti. Ma anche tutto l’uomo, in ogni sua declinazione: l’uomo che prega, gioca, pensa, ride, dialoga, è triste, s’innamora, s’indigna, si rallegra. L’uomo che impara a non avere paura di pregare, giocare, pensare, ridere, dialogare, rattristarsi, innamorarsi, indignarsi, rallegrarsi. Non ha paura di scoprire chi veramente egli sia. Non ha paura di crescere, e di crescere in compagnia, scoprendo il prevedibile e l’imprevedibile di sé e degli altri. Tutto l’uomo, ovvero tutti gli uomini.
Questa, se vogliamo, è l’educazione. E questa è la missione degli oratori, valida per ogni bambino ragazzo giovane di buona volontà. Non un cenacolo esclusivo di tutti uguali e tutti 'perfetti', ma la piazza dei diversi uniti da valori comuni e progetti condivisi, regole precise e un’identità («tutto il Vangelo») tanto indiscutibile e forte da non far temere il confronto.
Va da sé – no: dovrebbe andare – che un luogo educativo vive e palpita grazie ad animatori preparati e autorevoli. La semplice buona volontà non basta, per essere un educatore. Si può essere educatori anche giovanissimi – don Mori elogia la disponibilità e la capacità degli «animatori adolescenti», bravi come i migliori fratelli maggiori nel prendersi cura dei bambini – purché si possa contare su un percorso formativo d’alto profilo. Sarà banale, ma occorre ripeterlo: l’oratorio più tecnologico vive se ci sono persone che lo rendono vivo. Paradossalmente, meglio un campo in terra battuta con i rubinetti d’acqua gelida, ma abitato da animatori preparati e appassionati, del campo in erba sintetica con le docce e l’acqua calda, ma abitato da grigi burocrati stanchi che timbrano il cartellino come impiegati qualsiasi. Per questo nessun investimento nella formazione degli educatori sarà mai eccessivo.
L’oratorio d’estate, infine, è la prova tangibile di un servizio pubblico, aperto a tutti e d’alta qualità, ma non statale. Con buona pace di chi identifica il 'pubblico' con lo 'statale'.
Aperti tutto l’anno, dunque, e apertissimi d’estate. Senza orario, ma non senza bandiera («tutto, assolutamente tutto il Vangelo »).