Blog dei redattori de Gli scritti del marzo 2011: appunti senza pretese
Nessuno ti spiega perché vale la pena fare il liceo classico (o un cammino di catechesi). Nota di A. L. su di un passo di Alessandro D’Avenia
In un passo del suo primo romanzo Bianca come il latte, rossa come il sangue (Mondadori, Milano, 2010), Alessandro D’Avenia descrive in maniera straordinaria l’abbandono educativo in cui vengono lasciati i nostri ragazzi: nessuno “spiega” perché valga la pena andare a scuola – ma anche, perché nessuno “spiega” perché valga la pena diventare cristiani!
(da Alessandro D’Avenia, Bianca come il latte, rossa come il sangue, Mondadori, Milano, 2010, pp. 22-23)
Non ho paura di nulla io. Faccio la prima liceo. Classico. Così hanno voluto i miei. Io non avevo idea. La mamma ha fatto il classico. Papà ha fatto il classico. La nonna è il classico fatto persona. Solo il nostro cane non lo ha fatto.
Ti apre la mente, ti dà orizzonti, ti struttura il pensiero, ti rende elastico.
E ti rompe le palle dalla mattina alla sera.
È proprio così. Non c’è una ragione per fare una scuola del genere. Almeno, i prof non me l’hanno mai spiegata. Primo giorno della quarta ginnasio: presentazioni, introduzione all’edificio della scuola e conoscenza dei prof. Una specie di gita allo zoo: i prof, una specie protetta che speri si estingua definitivamente...
Poi qualche test di ingresso per verificare il livello di partenza di ciascuno. E dopo questa calorosa accoglienza... l’inferno: ridotti in ombre e polvere. Compiti, spiegazioni, interrogazioni come non ne avevo mai visti. Alle medie studiavo mezz’ora se andava bene. Poi calcio in qualunque posto assomigliasse a un campo, dal corridoio dentro casa al parcheggio sotto casa. Alla peggio, calcio alla Play.
Al ginnasio era un’altra cosa. Se volevi essere promosso dovevi studiare. Io non studiavo molto lo stesso, perché le cose le fai se ci credi. E mai un professore è riuscito a farmi credere che ne valeva la pena. E se non ci riesce uno che ci dedica la vita perché lo dovrei fare io?
Il peccato è mortale, è generatore di morte!, di A.L.
La sciocca supponenza con cui si etichetta come antica e superata l’espressione “peccato mortale” impedisce invece di cogliere che il peccato fa morire. Il peccato ha a che fare con la morte e deve essere fuggito proprio perché genera morte. Il peccato “inganna”, come insegna Genesi 3. Si presenta come occasione di vita e si trasforma poi in cammino di morte. Senza perdersi in elucubrazioni particolari, basti pensare a come l’assuefazione alla droga o all’alcool spenga ogni desiderio di vita, impedendo progressivamente di godere di qualsiasi cosa.
L’Ingannatore inganna affermando che è Dio ad ingannare, di A.L.
Il Maligno, fin da Genesi, è presentato come colui che inganna, che fa apparire bello il male e brutto e cattivo il bene. E Dio nemico. Il suo tentativo è quello di mettere in cattiva luce Dio, di far credere che Dio sia il nemico da cui guardarsi, colui che non vuole che si goda della sua gioia, che non vuole “si divenga come Lui”. Egli inganna accusando Dio di ingannare.
Chi fa il bene, lo fa per tutti, di G.M.
Chi fa il bene, lo fa anche per i cattivi. Servirà anche a loro, anche se non è dato di sapere se lo sapranno e quando. È proprio di chi ama, avere tutti nel cuore. Egli non pensa solo ai buoni, egli semina per un frutto che sarà raccolto da tanti, soprattutto da chi non lo merita. Passeggiando per le vie cittadine, è pacificante pensare che il bene non divide mai. Non è contro qualcuno. Solo il male è contro qualcuno. Il bene è contro i peccati, ma mai contro le persone. Anzi, attende misteriosamente di incontrare tutti, quando Dio vorrà. Chi critica il cristianesimo, lo attacca accusandolo di dividere. Non sa che ben diversa è la verità, perché egli, anche se non lo vuole, è amato.
Per questo chi crede non deve mai essere contro qualcuno. Se portasse questa divisione nel cuore, tradirebbe il bene di cui pretende di essere testimone.
Serietà della croce, di L.d.Q.
C’è anche un altro motivo per spiegare il mistero della croce. Il peccato fa morire. Il nostro peccato, il peccato degli uomini, è così tremendamente serio che non se ne può uscire, senza che qualcuno ne muoia. La meraviglia del crocifisso è che ne muore Lui e non noi. Ma di quel male, non si può non morire. Quella morte dice anche la serietà delle nostre scelte. Le conseguenze che esse hanno, anche quando ci ostiniamo a negarle.
Il male non può, comunque, non ricordare il bene!, di A.L.
La posizione cristiana sull’esistenza del male è di una verità e forza straordinarie. Il male non è necessario. Si può parlare di Dio, senza dover parlare del male. Si può essere talmente innamorati del Bene ed del Bello, da dimenticare il male.
Ma il male, proprio perché non è Dio, proprio perché non si da dualismo nella fede, il male allora è “solamente” il rifiuto, la lotta contro Dio, la sua assenza. Eppure proprio questa lotta contro di Lui Lo chiama continuamente in causa. In fondo, il male non può che rinviare continuamente al bene. Lì il male non può che essere sconfitto. Egli pensa al Bene e lo ricorda, anche se per negazione. E chi guarda il male, sa che invece esiste il Bene.
Negli ultimi mesi, mi è capitato più volte di parlare con diversi esorcisti. Preti saggi, intelligenti. Ed esorcisti. Ed ecco che è evidente. L’esistenza del Maligno – e la sua sconfitta – è una delle prove dell’esistenza di Dio e del suo Cristo.
Catechesi degli adulti, di A.L.
Il grande problema di una rinnovata catechesi degli adulti è quello di conservare uno stile popolare. Uno stile da “popolo di Dio”, senza rivolgersi solamente a gruppi ristretti con un progetto élitario. L’idea di piccole comunità molto impegnate si risolve facilmente in un disprezzo per il gran numero di persone che non vogliono scegliere un ritmo impegnativo, ad esempio settimanale, di incontro. Non si ribadirà mai a sufficienza che non è necessario – anche se è molto utile - esser parte di un gruppo per essere cristiani maturi. E che esiste una vita cristiana fuori della parrocchia, in famiglia e sul lavoro.
L’esperienza romana mostra che momenti formativi che non chiedono la frequentazione di gruppi, come ad esempio esercizi spirituali in Avvento o in Quaresima aperti a tutti alla sera nella stessa chiesa parrocchiale, vedono la partecipazione di molte più persone rispetto ad altre iniziative riservate ai gruppi già costituiti.
Ma non bisogna dimenticare soprattutto la centralità della domenica nel cammino degli adulti: l’eucarestia è il cuore della loro vita cristiana, è il grande nutrimento, ben più delle riunioni settimanali.
La domenica non è, comunque, solo l’eucarestia. Se si vuole che cresca la formazione degli adulti, è bene che talvolta le riunioni per loro, così come riunioni dei genitori o di giovani famiglie, siano proposte dopo la celebrazione dell’eucarestia domenicale.
Catechesi e primo annunzio: non più una successione cronologica, ma una compresenza, di G.M.
Una interessantissima osservazione di Enzo Biemmi, in La dimensione missionaria della catechesi. Il Convegno EEC nel cuore della problematica del primo annuncio, in “Catechesi” 78 (2008-2009) 3, 2-8 (la citazione è a p. 5):
«Possiamo allora formulare questa ipotesi. La nozione di catechesi ha subito uno slittamento semantico rispetto alla sua funzione tradizionale. Tale slittamento è avvenuto attraverso tre passaggi: la distinzione dal primo annuncio, che la colloca come momento successivo; la sua collocazione a fianco del primo annuncio, che la colloca distinta ma parallela; la sua connotazione qualitativa che la pone all’interno del primo annuncio. Siamo quindi passati da una concezione spaziale lineare del rapporto catechesi/primo annuncio (che opera la distinzione in base al loro tempo di intervento), a una concezione qualitativa, circolare, che tende a rendere compresenti i due servizi della Parola, in quanto ogni situazione e tempo della vita, anche dopo la conversione, ha bisogno di primo annuncio e quindi di una catechesi che possiamo definire globalmente “kerigmatica”, che mantiene cioè come obiettivo primario e come finalità ultima la proposta della fede e l’invito alla conversione».
Dialogando con parroci e rettori del centro città, di A.L.
Ci si accorge che l’insistenza sul costruire la comunità cristiana come primato dell’azione pastorale non è corretta. Che slogan come “dobbiamo abbandonare l’idea di una parrocchia come stazione di servizi” sono spesso solo slogan. Quanta gente frequenta le chiese del centro, senza farne parte stabilmente, senza volere – e soprattutto potere – costruire lì una comunità stabile. Eppure parlando con i sacerdoti delle chiese del centro, avverti la serietà del cammino di tanti laici che vanno a messa in quelle chiese, quando possono. O si servano un istante a pregare prima o dopo il lavoro. O si confessano, portando i loro drammi e le loro gioie. Oppure frequentano, a spizzichi e bocconi, momenti formativi, per trovare un po’ di nutrimento spirituale nella frenesia della vita lavorativa. E capisci che sono veramente “figli di Dio” anche se non entreranno mai nell’idea di comunità stabile che tanti testi di pastorale propongono a torto come l’unica degna di tale nome.
Che una parrocchia del centro sia una “stazione di servizi” è esattamente la sua vocazione: è la sua missione di carità essere al servizio, senza chiedere nulla in cambio. Ma questa missione non ha forse qualcosa da insegnare anche alle parrocchie dove la gente abita stabilmente?
Dialoghi con un sacerdote, di L.d.Q.
La tristezza, spiega Tommaso d’Aquino, è il dolore per l’assenza di un bene. Ma Dio è “il” bene... ecco la grande tristezza.
La sintesi teologica è motivo di serenità. Hai lo sguardo d’insieme. Sai situare un particolare nell’insieme, nello sguardo globale, nel cammino che ci è davanti. La mancanza di sintesi è un vero motivo di ansia e nervosismo.
Se l’iniziazione cristiana è il diventare “figli”, l’eucarestia è l’esercitare la figliolanza, è la possibilità concreta di viverla. L’eucarestia è il “divenire comunione”, rifiutando la logica del “diventare indipendenza!”.
Il sacerdote è un “sacramento ambulante”. Non è sacerdote solo quando celebra. Porta il suo sacerdozio con sé. Dovunque.
Rivoluzionario/dittatore, di G.M.
Ogni rivoluzionario è potenzialmente un dittatore.
Animali domestici, di G.M.
Dice un prete... Se ci si sofferma, non è facile capire come sia possibile addomesticare degli animali così facilmente: è evidente che sono fatti da Dio per gli uomini, per il loro servizio.
Da dove origina il motivo della verginità, di L.d.Q.
Tutto nasce dalla testimonianza, dalla presenza di Dio. La testimonianza rende una persona capace di indicare che un Altro è più importante di noi stessi. Che la persona che amiamo e che ci ama non ha bisogno di noi, ma di un Altro. Chi seduce, vuole, invece, in fondo bastare all’altro. La testimonianza fa nascere la transitività nell’amore. Passi attraverso di me, amandomi anche, ma per amare un Altro, per amare gli altri.
Ecco perché è possibile la verginità. Se non esistesse un Altro, dovresti fermarti a me. E’ la presenza di un Altro che costituisce la libertà dei vergini e dei celibi. Essi possono sottrarsi, per essere transitivi.
Un catecheta che svela le carte, di G.M.
Domando: ma con questi nuovi metodi restano poi più ragazzi dopo la cresima.
Risposta: No.
Dinanzi alla mia perplessità, si sottolinea che l’importante è che si rinnovi la comunità e che acquisisca uno stile diverso e nuovo, anche se poi i ragazzi non si dovessero fermare.
Ma allora l’argomentazione di partenza che la prova del fallimento dell’iniziazione cristiana sta nella partenza dopo la cresima non è una vera argomentazione, è solo un cavallo di Troia.
Un parroco saggio, di L.d.Q.
“Sai qual è il problema dell’iniziazione cristiana?” – mi domanda.
E spiega. “L’iniziazione era, nelle diverse civiltà, un processo che i guerrieri già iniziati ti facevano percorrere per ammetterti fra di loro. Al termine del percorso, finalmente diventavi uno di loro.
Il problema dell’iniziazione cristiana oggi è che arrivi al termine dell’itinerario... tu sei pronto... e non c’è nessun guerriero ad accoglierti, non ci sono gli altri guerrieri, ma ci sei solo tu!”.
Ed, in effetti, in molte realtà, dove sono le comunità giovanili pronte ad accogliere i ragazzi che ricevono la cresima?
Da una nuova congregazione, di A.L.
Fai voto di ricchezza, perché il Signore è la vera ricchezza.
Fai voto di libertà, perché l’obbedienza ti fa maturare nella libertà.
Fai voto di amore, perché la castità di apre all’amore.
Bisogna vedere la chiesa dall’alto, così come la vede Dio, come il corpo del suo Cristo. Come il luogo dove l’uomo viene salvato ed inserito dallo Spirito in Dio.
Il Logos non parla, ma canta,. Canta il Padre ed il suo amore. Il Logos è Parola che canta.
Itinerari di ispirazione catecumenale, di A.L.
Si intende che si debbono riproporre delle tappe?
Oppure che si deve tornare a fare una catechesi sul Credo? E sul Padre nostro? E che lo stile dei tre vangeli della Samaritana, del Cieco Nato e di Lazzaro, forniscono l’ossatura di uno stile di catechesi?