Essenziale il ruolo dei cattolici per l'Italia unita. Intervista ad Agostino Giovagnoli, direttore del dipartimento di scienze storiche alla Cattolica, in vista della Messa per il 150° promossa dalla Cei, di Angelo Zema
Riprendiamo l’intervista rilasciata da Agostino Giovagnoli ad Angelo Zema e pubblicata sul sito Romasette il 14/3/2011. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Di Agostino Giovagnoli vedi su questo stesso sito I nodi di 150 anni di unità d'Italia. Per altri testi vedi la sezione Storia e filosofia.
Il Centro culturale Gli scritti (15/3/2011)
Fare memoria e guardare al futuro, in spirito di leale collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese. È il senso della Messa promossa dalla Cei per giovedì 17 marzo nel 150° dell’unità d’Italia: alle 12 la presiederà il cardinale Bagnasco nella basilica di Santa Maria degli Angeli.
«Un segno importante», afferma Agostino Giovagnoli, direttore del dipartimento di Scienze storiche all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che abbiamo intervistato alla vigilia della ricorrenza. «L’impegno della Chiesa per l’unità del Paese è in atto da anni: pensiamo al pontificato di Giovanni Paolo II e all’azione della Cei, con la Grande preghiera per l’Italia, per contrastare quelle tendenze disgregatrici e secessioniste che la Chiesa avverte con preoccupazione, interpretando le esigenze più vere di tutti gli italiani».
Qual è stato il ruolo della Chiesa e dei cattolici nell’Italia unita?
Un ruolo importante, anche se il conflitto Chiesa-Stato ha segnato le origini dello Stato unitario. L’unificazione è un processo di secoli, non è solo quello degli ultimi anni prima dell’unità. Un processo che comprende appieno la formazione che la Chiesa ha esercitato nella costruzione dell’identità italiana, premessa dello Stato unitario.
Le radici dell’Italia affondano quindi ad un periodo molto anteriore all’800.
Assolutamente. Penso alla creazione dello «spazio italiano», prima ancora dello Stato italiano, e penso al ruolo cruciale del Papa in modo particolare. Nell’800 c’è stato poi chi ha raccolto l’eredità precedente e l’ha portata dentro il processo di unificazione anche politico-istituzionale. Penso al ruolo di figure come Rosmini e Manzoni, che sono stati interpreti di questa eredità e l’hanno trasformata in una delle componenti fondamentali del dibattito risorgimentale.
Si è parlato di un’unificazione imposta a tutto il territorio nazionale, che avrebbe poi compromesso l’autonomia di alcune regioni e il loro sviluppo.
L’Italia era divisa in Stati, e le esigenze della storia hanno spinto per il superamento di un frazionamento avvertito come anacronistico dai protagonisti del Risorgimento per motivi culturali, economici, di politica internazionale. Il processo di unificazione si è rivelato positivo per la modernizzazione del Paese. Pensiamo a quello che poteva rappresentare un’Italia divisa, con barriere e dogane, con la limitazione nella mobilità dei capitali, delle idee, della manodopera. Le modalità dell’unificazione, poi, si possono discutere.
Quali aspetti del Risorgimento sono stati più colpiti dalla retorica?
Credo che la retorica abbia ingessato il Risorgimento nei suoi aspetti strettamente militari: le guerre di indipendenza, la spedizione dei Mille, il movimento insurrezionale mazziniano. Si è molto insistito su questi aspetti con il complesso che in fondo l’Italia non era una grande potenza militare. Si è invece parlato poco di un processo di unificazione culturale del Paese cui la Chiesa e i cattolici hanno dato un contributo importante.
Un contributo essenziale anche per il varo della Costituzione. Quale impronta ha lasciato nei principi della nostra Carta fondamentale?
I cattolici hanno ripreso nel secondo dopoguerra il ruolo che avevano avuto nel dibattito risorgimentale e che poi era stato messo in ombra dal dissidio Chiesa-Stato. Mi riferisco per esempio al pensiero giuridico di Rosmini, che antepone la persona allo Stato o che collega la società alle istituzioni. Elementi tipici della tradizione cattolica, come l’attenzione alle formazioni intermedie, che sono espressi nella nostra Carta costituzionale.