Il miracolo di suor Marie Simon-Pierre, la religiosa guarita da Giovanni Paolo II. «Scrissi il suo nome. E il tremito si fermò», di Paolo Viana
Riprendiamo da Avvenire del 31/3/2007 un articolo scritto da Paolo Viana. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti sulla figura di Giovanni Paolo II vedi su questo stesso sito:
- Ritratto di Giovanni Paolo II: dal mistero della predilezione di Dio alla pienezza di umanità e libertà, del cardinal Camillo Ruini
- “Solo nel mistero del Verbo incarnato trova luce il mistero dell'uomo”: il pensiero di Giovanni Paolo II nel venticinquesimo di pontificato, di Rino Fisichella
- A Dio, padre santo Giovanni Paolo II, di Andrea Lonardo.
Il Centro culturale Gli scritti (5/2/2011)
Dal nostro inviato ad Aix-En-Provence
Il sorriso di suor Marie Simon-Pierre è di una dolcezza toccante e non indulge alla meraviglia. Questa religiosa francese conserva lo stesso sorriso sereno di chi è consapevole che «niente è impossibile a Dio» mentre rievoca i giorni della malattia, quando il morbo di Parkinson non la lasciava dormire; quando ringrazia le consorelle per aver chiesto senza requie l'intercessione di Giovanni Paolo II; allorché torna con la memoria al mattino della guarigione, «inspiegabile» per la Chiesa ma anche per i neurologi che l'hanno esaminata senza sconti; quando, infine, parla della sua devozione per la Vergine, dei bimbi che aiuta a nascere nelle maternità gestite dalle Piccole Sorelle delle Maternità cattoliche e della sua famiglia di Cambrai, che vuole tenere al riparo dai media.
«Ho letto diversi libri sul Papa e si parlava anche molto di voi» commenta la religiosa quarantaseienne, con una punta di timidezza, di fronte ai giornalisti di tutto il mondo che affollano la sala della casa della diocesi di Aix-en-Provence.
L'occasione è il primo e unico incontro pubblico sulla «guarigione di una religiosa in rapporto all'intercessione del servo di Dio Giovanni Paolo II», come recita la nota della diocesi di Aix e Arles. La conferenza stampa, organizzata ieri, è stata voluta dall'arcivescovo Claude Feidt per disinnescare la curiosità globale che si è addensata intorno a questa suora vestita di bianco. Lei non chiede altro che di poter continuare a lavorare tra i suoi malati e pregare per la vita e per la famiglia, secondo il carisma della sua congregazione. Ma per i media di tutto il mondo suor Marie Simon-Pierre è già il primo «miracolo» di Wojtyla, il cui processo di beatificazione vedrà la conclusione della fase diocesana lunedì a Roma. Secondo l'arcivescovo francese, che ha promosso l'inchiesta diocesana, per ora si può parlare solo di una «guarigione legata alla preghiera e all'intercessione di Giovanni Paolo II»: che il caso di Marie Simon-Pierre debba entrare o meno nella causa di canonizzazione di Karol Wojtyla può stabilirlo solo la Congregazione romana per le cause dei santi, che in queste ore riceverà il dossier francese e deciderà se proporlo o meno a Benedetto XVI. Sarà sua l'ultima parola sul «miracolo».
Per suor Marie, invece, il caso si è chiuso il 2 giugno di due anni fa, quando il suo braccio sinistro ha cessato di tremare, i muscoli l'hanno rialzata senza problemi dal letto, la mano ha ripreso a correre sul foglio, spinta da una forza che lei stessa definisce «misteriosa». A chi le chiede se lei si consideri protagonista di un evento soprannaturale, risponde parafrasando le parole evangeliche del cieco nato: «Ero malata e ora mi vedete, sono guarita. Guarita dal Parkinson».
Ripete spesso il nome del morbo, così, senz'astio, anche se si capisce che il ricordo della malattia le riesce di una pesantezza inaudita, sovrastato solo dalla gioia di una donna che oggi si definisce senza remore «trasformata». Ecco la sua testimonianza:
«La malattia è evoluta molto dolcemente ma mi ha portato all'impossibilità di compiere gli atti normali della mia professione d'infermiera. Sono mancina e il morbo aveva colpito proprio la parte sinistra del corpo; eppure, malgrado questi problemi, malgrado i tremiti, la rigidità, il dolore, cercavo di proseguire il mio servizio. Anche Giovanni Paolo II era malato di Parkinson. Lui era il Papa della mia generazione e io gli volevo un gran bene come tutti noi, soprattutto noi suore che lo consideravamo l'apostolo della vita e della famiglia. In quegli anni, cioè dal 2001 al 2005, lo seguivo in televisione e il suo esempio mi dava la forza di proseguire».
«Sarei voluta andare in pellegrinaggio con il Papa a Lourdes nel 2004 - racconta ancora suor Marie -, ma la salute non me lo permise. Ero arrivata al punto che non riuscivo neppure a guardare la TV, dovevo prepararmi per ore. Mi ero preparata anche il giorno in cui è morto e lì ho avuto l'impressione che non ce l'avrei fatta. Invece, quando Benedetto XVI avviò la causa di beatificazione, la mia congregazione decise di iniziare a pregare per chiedere l'intercessione di Giovanni Paolo II per me».
Una decisione, ci spiegano le consorelle, che Marie Simon-Pierre ha tentato di contrastare per quell'umiltà che la portava a trascinarsi per ore, in silenzio, pur di non far mancare il suo contributo alla maternità di Puyricard, a pochi chilometri da Aix.
Il 1° giugno 2005, tuttavia, la situazione si fa insostenibile e la scelta di abbandonare il lavoro improcrastinabile. Suor Marie rivive con queste parole l'incontro con la sua superiora: «Il 2 giugno capii che lavorare ancora significava danneggiare la Maternità e il lavoro delle mie consorelle, quindi andai da lei e le chiesi di esonerarmi. Lei mi rispose che Giovanni Paolo II doveva ancora dire l'ultima parola e mi esortò a scrivere il suo nome. Presi la stilo, scrivevo come se lo supplicassi. Alla fine, il nome del Papa era praticamente illeggibile. Ci guardammo e restammo entrambe in un lungo silenzio».
La guarigione in realtà era lontana solo poche ore. «La sera, sono andata in ufficio prima di tornare in camera - prosegue la religiosa - e lì ho avvertito una voce che mi diceva di scrivere di nuovo il nome di Giovanni Paolo II. Ci ho riprovato e, stranamente, questa volta era leggibile. Ancor più sorprendente: quella notte, i dolori non mi perseguitarono, riuscii a dormire bene e l'indomani mi alzai dal letto completamente trasformata. Sentivo che era una cosa grande, forte, misteriosa. Era il 3 giugno, festa del Sacro Cuore di Gesù. Ho raggiunto la cappella senza problemi, non tremavo più. Poco dopo l'incontro con l'Eucaristia, sentii chiaramente di essere guarita. Mi diressi verso una sorella e alzai la mano dicendo: "Giovanni Paolo II mi ha guarito". Sono corsa a scrivere e la mia mano correva sulla carta. Quello stesso giorno, un impiegato dell'ospedale si è sentito male e io l'ho sostituito».
È una storia che mantiene la sua intensità anche per la superiora di allora, suor Marie Thomas: «Fu anche per me uno shock - ricorda -; ero inquieta, incredula, come l'apostolo Tommaso, di cui porto il nome. Ma visto con il senno di poi, c'erano davvero molti segni». Da quel giorno, suor Marie Simon-Pierre non assume più farmaci ed è guarita anche secondo i medici. L'unico «trattamento» che le rimane si basa su preghiera, lavoro e questa sua radiosità che avvince. «Mi dicono che ho sempre questo sorriso» conferma lei. E subito parte una salva di flash, per catturarlo.