Un nuovo sguardo sulla legge naturale, di Roland Minnerath
Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 20/6/2009 un articolo scritto dall’ Arcivescovo di Digione Roland Minnerath a commento del documento della Commissione Teologica Internazionale “Alla ricerca di un’etica universale: Un nuovo sguardo sulla legge naturale”. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti vedi su questo stesso sito la sezione Cristianesimo, ecumenismo e religioni.
Il Centro culturale Gli scritti (1/12/2011)
La ricerca della legge naturale è un dovere da parte della comunità politica, poiché la legge naturale è l'orizzonte veritativo su cui essa è chiamata a costruirsi. La città può essere esposta a due tentazioni estreme: l'anarchia, che lascia ogni libertà agli individui, o l'oppressione, che soffoca ogni libertà. In ogni caso, essa, in quanto costituita da persone umane, si dota di un insieme di norme a cui riferirsi e di cui chiede il rispetto ai suoi membri.
Questo significa però che abbia il potere di imporre ogni legge? È possibile per la legge essere arbitraria, iniqua e ritagliata a misura dei vantaggi di qualcuno? Gli uomini che vivono in società devono piuttosto scoprire quali siano le norme giuste che governano le loro relazioni. La legge che vale per tutti deve infatti avere una legittimità che trascende la volontà di coloro che l'hanno formulata. Deve essere buona e vera per tutti i cittadini, tramite il suo adeguamento alla realtà e deve essere un faro che illumina tutte le situazioni possibili, rimanendo altresì aperta al suo perfezionamento.
I greci pensavano che le leggi della città fossero un dono degli dei. Essi hanno scoperto, dietro la molteplicità delle costituzioni politiche delle società, l'esistenza di un ordine implicito delle cose, che hanno chiamato ordine naturale. Ed è a questo ordine naturale che conviene riferirsi ogni volta che vi sia un'incertezza o un conflitto fra le norme in vigore. Ma qual è la natura di quest'ordine? Gli stoici hanno considerato l'unità dell'ordine cosmico e fisico e dell'ordine morale.
Con maggior acutezza, Aristotele ricorda che l'ordine naturale della società civile è un ordine fondato sulla struttura stessa dell'umanità. La legge naturale appartiene all'ordine etico e la sua specificità risiede nella ricerca costante di che cosa è l'uomo.
La dottrina sociale della Chiesa si è costruita elaborando quest'ordine naturale, la cui struttura è inscritta nell'essere umano. La legge naturale non è altro che la legge che il Creatore ha impresso nella sua creatura. Non vi è contraddizione fra la visione di un ordine immanente alle cose, riconosciuto dalla ragione, da una parte, e la Rivelazione cristiana, dall'altra. L'antica alleanza era la legge del popolo di Israele, mentre la nuova alleanza contiene in sé la distinzione fra ordine politico ed escatologico. Le istituzioni politiche della società appartengono all'ordine naturale. La fede cristiana non instaura l'ordine escatologico in quello temporale, ma si ispira al primo per illuminare e vivificare il secondo.
San Tommaso d'Aquino ha ricollocato con chiarezza l'etica politica nella sfera temporale, presidiata dalla ragione e dalla legge naturale. La dottrina sociale della Chiesa è universale perché rispetta questa distinzione, che le permette di indirizzarsi a tutti gli uomini, qualunque sia il loro credo. Perciò le istituzioni civili devono essere informate dal criterio della loro conformità all'ordine naturale creato da Dio, un ordine non esente da peccato, certamente, ma anche capace di accogliere la luce della grazia. La giustizia umana non è perfetta, ma è capace di tendere al proprio perfezionamento, perché la grazia non distrugge la natura ma la suppone, la eleva e ne discerne le potenzialità. Così la legge naturale appartiene all'ordine di quella creazione nella quale Dio ha posto tutti gli esseri, nella diversità delle loro credenze e culture. In tal modo, l'unità del genere umano si concentra in ciò che noi chiamiamo "natura umana".
La legge naturale ci insegna che l'ordine politico e sociale è costruito su due poli: la persona e il bene comune. La persona è il fine della società e non l'inverso: essa non è mai un mezzo al servizio di uno scopo che la oltrepassa. La persona è un essere sociale per sua natura, e non può esistere e realizzarsi che in rapporto e in comunione con altre persone. La persona è così costituita al centro di diversi cerchi concentrici, a cui essa appartiene e con cui vive in simbiosi: anzitutto la famiglia a cui appartiene, cellula naturale basilare di ogni società, e poi il suo ambito sociale e culturale, il suo ambito di lavoro, la comunità dei suoi vicini, la sua nazione e, infine, l'intera umanità. Nessuno può vivere isolato e, fintantoché si aggregano in società, le persone perseguono un "bene comune".
Vi è un bene comune dell'impresa, uno della nazione e un bene comune universale. Il bene comune non è però estrinseco alla persona ma si colloca all'interno della sua ricerca di umanità. Nello stesso tempo, il bene comune non è la mera somma dei beni o degli interessi particolari, e può richiedere dei sacrifici alle persone. Infatti, accade anche che i membri di una società debbano talvolta rinunciare a interessi propri e promuovere quelli comuni, affinché la comunità possa perpetuarsi e svolgere appieno le sue funzioni. La società umana è istituzionalizzata proprio al fine di procurare ai suoi membri il loro bene comune, vale a dire, la libertà delle persone, la verità nelle loro relazioni, la giustizia, la solidarietà. La dottrina sociale della Chiesa, enunciando questi elementi costitutivi del bene comune, non fa che mettere in luce le esigenze della legge naturale, scritte nel cuore degli esseri dal loro Creatore. Il bene comune, quello della città, è sempre di ordine temporale.
La legge naturale è l'orizzonte sulla cui base devono essere tracciati i lineamenti della società umana. Dinanzi a essa, tutti - sia governanti che governati - sono giudicati con una stessa unità di misura. I valori morali e le norme giuridiche su cui si fonda la città devono essere radicati nell'umanità dell'uomo, così come la ragione la riconosce, tenendo conto delle circostanze in cui vivono le persone e le società. La legge naturale circoscrive anche gli attributi del potere pubblico, il quale trova il suo limite davanti al santuario della coscienza delle persone. Anzi, lo Stato va compreso come un servizio da esercitare a favore della società e delle persone che la compongono. È suo compito vigilare alla salvaguardia di quel bene prezioso che è la dignità delle persone. Perciò lo Stato non può invadere il campo delle scelte intime - religiose o filosofiche - che impegnano la coscienza personale. Fondato sul diritto, esso trova la sua legittimità nella propria coerenza con il diritto naturale, che gli permette di rimanere equidistante da anarchia e totalitarismo. Appartiene all'ordine naturale e perciò dell'etica della legge naturale.
La legge naturale (lex naturae) non è il diritto naturale (ius naturae), malgrado la difficoltà di mantenere questa distinzione, specialmente nella lingua tedesca e in quella inglese. La legge naturale è infatti quell'ordine delle cose che è oggettivabile e discernibile dalla ragione. Il diritto naturale è l'applicazione delle legge naturale alle relazioni fra le persone e alle relazioni fra le persone e la società. Vi è presenza del diritto finché vi è determinazione di ciò che è proprio di ciascuno. La legge naturale è di carattere antropologico e il diritto è la misura di ciò che è giusto.
Il diritto naturale è la norma ideale a cui deve riferirsi il legislatore quando emana le leggi positive. Il diritto naturale è la misura immanente ai rapporti interpersonali e sociali, ed è l'orizzonte di trascendenza, e dunque di legittimità, del diritto positivo.
Se dunque una legge civile contraddice esplicitamente il diritto naturale - vale a dire, ciò che appartiene ai caratteri dell'umano - perde la sua qualità di legge che obbliga in coscienza. Il diritto naturale è una creazione della ragione e non è fissato una volta per tutte in formule, poiché la ragione integra sempre nuovi elementi di comprensione della natura umana e dell'universo in cui essa si muove. Il diritto naturale è un giudizio della ragione pratica, che riconosce ciò che è giusto. E la misura di ciò che è giusto, è una grandezza che occorre riconoscere sempre con la più grande precisione.
La modernità ha ceduto ampiamente a una concezione volontarista e positivista del diritto. Da Hobbes a Kelsen, viene considerato diritto soltanto ciò che la volontà del legislatore ha deciso: è diritto soltanto ciò che è testo formale della legge. Se il giudice deve attenersi con precisione alla volontà del legislatore, quest'ultimo non può pertanto agire in modo arbitrario. Attualmente è possibile osservare una tendenza inflazionista a proposito dei diritti umani, la cui lista va allungandosi sulla base delle rivendicazioni esercitate dai vari gruppi di pressione. Ma essi sono espressione del desiderio e non della natura umana, che ne costituisce il fondamento.
(©L'Osservatore Romano - 20 giugno 2009)