Calcedonia oggi Kadiköy, il suo Concilio del 451 e la martire Sant’Eufemia con la sua chiesa, da L. Padovese, Giovanni Paolo Maggioni e Engin Akyürek

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 01 /04 /2024 - 11:20 am | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Calcedonia oggi Kadiköy, il suo Concilio del 451 e la martire Sant’Eufemia con la sua chiesa, da L. Padovese

Riprendiamo sul nostro sito la presentazione di Calcedonia oggi Kadiköy di L. Padovese – A. Dalbesio – O. Granella – F. Aliani, Turchia. I luoghi delle origini cristiane, Casale Monferrato, Piemme, 1987, pp. 76-78. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Turchia e Cristianesimo.

Il Centro culturale Gli scritti (1/4/2024)

Il quartiere di Kadıköy, sulla costa asiatica di İstanbul, ricopre il sito dove sorgeva l’antica Calcedonia. Un paesaggio che vede insieme vecchie case in legno nello stile tipico e suggestivo del Bosforo e moderni palazzi in cemento sostituisce e ricopre le antiche costruzioni romane. Così di questo luogo, in epoca cristiana reso famoso dal suo celebre concilio ecumenico del 451, non resta nulla da visitare.

Pare sia stato un gruppo di coloni provenienti da Megara, città sull’istmo di Corinto, a fondare Calcedonia intorno al 685 a.C. Il nome Calcedonia (Chalkedòn), assai simile al greco Cartagine (Charchedòn), non è greco ma fenicio e significa Nuova città (Karkhi Don). Agli inizi Calcedonia costituì un piccolo stato indipendente, talvolta in rivalità con la vicina Bisanzio. In effetti, nei pressi del ponte di Moda, sono state rinvenute tracce di un’installazione fenicia, poi rimpiazzata dai coloni di Megara.

Quando i Turchi, verso la metà del XIV secolo, si impadronirono della città la chiamarono Kaleca Dünya (terra del tappeto), pare a causa del suo aspetto ridente. Dopo la presa di Costantinopoli (1453), Maometto II la diede in feudo al primo cadı o giudice d’Istanbul, Hıdir bey. Da qui il nome attuale di Kadıköy (villaggio del giudice).

[…]

Le fonti di cui disponiamo ci informano che Calcedonia entrò assai presto a contatto con il cristianesimo. Il primo personaggio della comunità cristiana calcedonese, che risulta già costituita alla fine del II secolo, è il vescovo Teocrito, che in quegli anni lottò contro gli ofiti, una setta gnostica nella quale il serpente (ophis), tanto nella dottrina che nella pratica cultuale, pare avesse grande importanza: [presso di loro] il ruolo primario ascritto a questo animale è riconducibile alla dottrina del Dio demiurgo dell’Antico Testamento [che secondo tale dottrina era] contrario all’uomo. In questa lettura il serpente – simbolo della tentazione (Gn 3) – assumeva una valenza positiva: diveniva il benefico elargitore della scienza del bene e del male che il Dio nell’Antico Testamento [secondo quel gruppo gnostico avrebbe voluto] nascondere all’uomo.

Secondo Epifanio (Panarion 37) e Predestinato (XVII; PL 53, col 593) gli ofiti si sarebbero valsi d’un serpente vivo, simbolo di Cristo, per celebrare l’Eucaristia. Il tocco della sua lingua avrebbe consacrato il pane. Come riferisce ancora Predestinato, Teocrito di Calcedonia confutò pubblicamente i sacerdoti degli ofiti, ne uccise i serpenti e liberò il popolo dal pericolo di questa setta (ivi).

Nei primi decenni del IV secolo a capo della comunità calcedonese compare Maride, discepolo di Luciano d’Antiochia e strenuo difensore di Ario, al quale era legato d’amicizia. Anche a Nicea Maride offrì all’amico il proprio appoggio. Nel periodo successivo Maride si schierò con il gruppo filoariano (eusebiani), che provocò la deposizione di Atanasio d’Alessandria (335) e sostenne la politica arianeggiante dell’imperatore Costanzo (324- 361). 

Egli fa la sua ultima comparsa nel 362 quando, assai attempato e cieco, incontrò l’imperatore Giuliano l’Apostata di passaggio a Calcedonia. In quella circostanza egli rimproverò Giuliano chiamandolo empio, apostata. Dal canto suo questi, sottolineando la malattia di occhi di Maride, ribatté: «È sicuro che il tuo Dio galileo non ti guarirà mai».

Lo storico Socrate, che riporta l’episodio, ricorda che Giuliano aveva preso l’abitudine di chiamare Cristo il Galileo e i cristiani i Galilei (H.E., III,12).

Agli inizi del IV secolo la comunità cristiana di Calcedonia dovette sperimentare la persecuzione messa in atto da Diocleziano. Pare che i cristiani messi a morte siano stati una cinquantina.

Tra di essi spicca il nome di Eufemia, che consumò il suo martirio nell’anno 303. Al di là delle notizie leggendarie sviluppatesi sul suo conto, due elementi paiono degni di fede: il dato oggettivo della verginità di Eufemia e il supplizio del fuoco cui sarebbe stata sottoposta.

In onore della martire fu eretta una basilica sepolcrale, edificata anteriormente al 399, data in cui in questa chiesa avvenne l’incontro tra il generale goto Gainas e l’imperatore Arcadio (383- 408).

La pellegrina Eteria, nel suo pellegrinaggio in Oriente, annota d’essere giunta anche a Calcedonia. «Qui» scrive «mi fermai a causa del famosissimo santuario di Santa Eufemia, a me già noto da tempo».

Questa basilica martiriale, sita su una collina a un miglio da Calcedonia – forse nell’odierna località di Haydar Paşa – non esiste più.

Dalla descrizione che ne fa Evagrio (536-600 ca.) nella sua Storia Ecclesiastica (II,3), essa era architettonicamente simile alla basilica del Santo Sepolcro in Costantinopoli.

Dovette essere anche di dimensioni notevoli se nel 451 poté raccogliere gli oltre 600 (o 350?) padri convocati per il celebre concilio di Calcedonia, indetto dall’imperatore Marciano con l’assenso di papa Leone Magno.

Il fatto che il concilio abbia avuto luogo nella basilica di Sant’Eufemia rende ragione dell’importanza che il culto della Santa —considerata protettrice dell’ortodossia—godrà in epoca successiva tanto in Oriente che in Occidente.

Nel concilio, che iniziò i suoi lavori l’8 novembre del 451, si esaminarono gli atti del concilio di Efeso del 449 (Latrocinio efesino). In questa circostanza l’ormai defunto arcivescovo di Costantinopoli Flaviano fu riabilitato.

La base dottrinale del concilio venne fornita dalla lettera che papa Leone, tempo addietro, aveva inviato a quest’ultimo, e nella quale il monofisismo d’Eutiche era condannato

Nonostante la contrarietà di diversi vescovi e dei legati pontifici, l’imperatore riuscì a ottenere che il concilio producesse una propria professione di fede. In essa risulta utilizzato il linguaggio e il patrimonio concettuale fornito dalla cultura filosofica ellenistica. I concetti di natura, di persona e di ipostasi stanno alla base della formula calcedonese, che giunse a definire in Cristo le due nature (umano/divina) senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, mantenendo ciascuna delle due la sua proprietà e concorrendo a formare una sola persona o ipostasi.

Come è noto, l’assimilazione delle decisioni conciliari incontrò in seguito grandi difficoltà. Il fatto che una larga fascia di vescovi non fosse convinta delle scelte fatte, la considerazione che esse furono imposte dall’imperatore in un momento storico di crescente separatismo regionale e, infine, l’uso stesso d’un bagaglio concettuale ellenistico che esprimeva l’universo politico/culturale greco-romano, ma non quello copto e siriaco, lasciano intravedere le difficoltà che segnarono il dopo Calcedonia.

In questo concilio, accanto alle prese di posizione dottrinale, furono trattati anche temi attinenti alla vita della Chiesa. Tra l’altro si riconobbe a Costantinopoli l’autorità di nuova Roma, seconda soltanto alla prima (can. 28). 

Si stabilì che le diaconesse non venissero ordinate prima dei 40 anni (can. 15); che i monaci fossero sottoposti all’autorità del vescovo (can. 3, 4, 20); che una Chiesa non dovesse rimanere priva del vescovo per più di tre mesi (can. 25), ecc.

Dopo il concilio, la Chiesa di Calcedonia assurse al ruolo di metropoli, nonostante fosse priva di Chiese suffraganee. Nella sua storia è registrata anche l’esecuzione dell’imperatore Maurizio e dei suoi cinque figli, avvenuta per volere dell’usurpatore Foca nel porto d’Eutropio (602).

A partire dal 609 Calcedonia andò soggetta a invasioni da parte di Persiani e di Arabi (l’ultima nel 782), che accelerarono il processo di decadimento di questa città, avente una certa importanza, almeno sino al secolo VII.

Sant’Eufemia e la sua chiesa a Calcedonia, Due abstract dalle relazioni di Giovanni Paolo Maggioni e Engin Akyürek 

Riprendiamo sul nostro sito le sintesi introduttorie di due relazioni tenute al Teatro della Casa d’Italia in Istanbul il 16/1/2019 (https://iicistanbul.esteri.it/it/gli_eventi/calendario/sant-eufemia-a-sultanahmet/). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Turchia e Cristianesimo.

Il Centro culturale Gli scritti (1/4/2024)

La tradizione di Sant’Eufemia, di Giovanni Paolo Maggioni (Università del Molise)

A Sultanhamet si conservano ancora i resti di un’antica chiesa dedicata a Sant’Eufemia decorati da un importante ciclo di affreschi di epoca medievale. Collocato all’interno della rotonda del Palazzo di Antioco, di cui sopravvive solo una piccola porzione nel cortile dell’Adliye Saray (Palazzo di Giustizia), il martiryum di Sant’Eufemia, restaurato di recente, è un prezioso documento storico e artistico della città antica. […]

La duplice testimonianza di sant’Eufemia di Calcedonia

La vita della martire Eufemia, martirizzata sotto Diocleziano, nel 303, segue i canoni classici della letteratura agiografica delle origini.

Il suo culto ha dato origine a due tradizioni diverse, sviluppatesi in tempi diversi.

La tradizione più antica, meno diffusa e anteriore al concilio di Calcedonia, venne raccolta da Asterio, vescovo di Amasea tra il 380 e il 410, che racconta come probabilmente i carnefici si accanirono soprattutto sulla bocca della santa, prima della sua esecuzione, sul rogo (probabilmenteper una corrispondenza con il verbo greco φημί [femi] a cui il nome di Eufemia è etimologicamente legato).

La seconda tradizione si sviluppa a partire dal Concilio di Calcedonia, svoltosi nella basilica dedicata ad Eufemia in quella città. Secondo questa tradizione, pressoché predominante nella letteratura agiografica successiva, la martire fu protagonista di un miracolo cruciale: aperta la sua tomba, sul petto di Eufemia vennero collocati i testi delle due professioni di fede di cui si discuteva, quella ortodossa e quella eutichiana.

Dopo alcuni giorni, la tomba venne riaperta e il testo monofisita venne ritrovato sotto i piedi della santa, il testo ortodosso invece tra le sue mani.

Da qui ebbe inizio una nuova tradizione cultuale, caratterizzata da un’enorme diffusione della venerazione in funzione antimonofisita, dalla costruzione di luoghi di culto sparsi in tutta Europa e da una nuova leggenda che riprendeva moltissimi dei luoghi comuni della letteratura agiografica e che divenne la leggenda di riferimento per santa Eufemia fino ai nostri giorni.

Il culto di Eufemia ha avuto un’importante diffusione in Occidente, già a partire dal IV secolo. La figura chiave per l’affermazione del culto nell’Europa latina e soprattutto nel nord Italia è Ambrogio di Milano, il quale, probabilmente in occasione di un viaggio ad Aquileia, città molto legata al mondo greco, venne in possesso di un certo numero di reliquie della santa, che provvide a deporre in due basiliche milanesi e a distribuire nelle cittadine legate alla sua città; sempre per la sua presumibile mediazione, alcune reliquie arrivarono a Nola, il cui vescovo Paolino era in rapporti epistolari con lui, e a Rouen, dove era vescovo Vitricio, a sua volta amico di Paolino. Altre reliquie erano presenti a Ravenna.

La chiesa di Santa Eufemia di Sultanahmet: architettura e affreschi, di Engin Akyürek (Koç University)

Una prima chiesa dedicata a Santa Eufemia si trovava nella zona di Calcedonia, la moderna Kadiköy. Fu luogo di culto molto noto per via dei miracoli attribuiti alle reliquie della santa che lì si conservavano e per il Concilio di Calcedonia che ebbe luogo proprio nella basilica a santa Eufemia.

Nel 626, per le incursioni delle truppe sassanidi, si decise di dedicare alla santa un edificio nei pressi dell’Ippodromo e di trasferirvi le sue reliquie. Fu così che venne trasformato in chiesa il triclinium, cioè l’antico salone del palazzo di Antioco di Persia, influente figura della corte bizantina ai tempi di Arcadio e Teodosio II, le cui proprietà erano state confiscate nel 439.

Divenuta un importante centro di culto in epoca bizantina, la chiesa di santa Eufemia presso l’ippodromo venne distrutta dall’imperatore Costantino V durante l’iconoclastia e successivamente restaurata dall’imperatrice Irene (797-802).

Nuovi danni subì tra il 1204 e il 1261, durante l’impero latino d’Oriente. Successivamente, venne restaurata tra il 1280 e il 1290 e decorata con un ciclo di affreschi pervenuto sino a noi e tutt’ora in parte visibile.

Durante il periodo ottomano, le fonti non registrano informazioni e della struttura si perse memoria.

Nel 1939, dopo l’abbattimento di un edificio sul lato nord-ovest dell’Ippodromo, comparve la parete della chiesa decorata da affreschi e a seguire vennero avviate campagne di scavo nel 1942 e nel 1950-1952.

Gli affreschi superstiti, che datano al XIII secolo e che sono collocati in una nicchia del lato ovest dell’antico edificio, illustrano la vita di santa Eufemia, raccontandola in quattordici scene ripartite in due ordini, per una superficie complessiva di oltre sette metri. A partire dal 2015 sono stati avviati lavori di conservazione e restauro dell’edificio sotto il patrocinio della Fondazione Vehbi Koç e al termine la struttura verrà convertita in museo.