I puritani in Inghilterra, negli anni immediatamente successivi a Caravaggio e a Galilei, proibirono gli strumenti musicali in chiesa e distrussero gli spartiti di musica religiosa. È l’età di Cromwell, la Prima rivoluzione inglese. Breve nota di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 01 /04 /2024 - 11:32 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Protestantesimo e Riforma protestante e riforma cattolica e controriforma.

Il Centro culturale Gli scritti (1/4/2024)

I puritani decretarono, negli anni in cui furono al potere, la distruzione di tutti gli organi nelle chiese e imposero l’abbandono di strumenti come i violini nella musica liturgica, in quanto strumenti che avrebbero avuto, a loro avviso, il potere di distrarre il popolo (solo con la “restaurazione” di Carlo II si ebbe una rinascita musicale in Inghilterra con figure come quella di Henri Purcell).

Così ne scrive lo storico della musica Basso:

«Una grave crisi colse la Cathedral Music, la musica sacra delle grandi cattedrali al tempo del Commonwealth, quando il vincente Puritanesimo, non ostile e anzi molto ben disposto nei confronti della musica profana, impose lo scioglimento delle cappelle, mise a tacere gli organi, distrusse vetrate, statue e dipinti, impedì ai compositori di impegnare il proprio talento in quel settore e provocò la sistematica distruzione di molta parte del patrimonio musicale espresso prima della Guerra Civile (ciò malgrado, del periodo compreso tra il 1560 e il 1644 si sono conservati oltre 400 full anthems e oltre 450 verse anthems). Si aggiunga, per completare il funereo panorama di una specie di «fondamentalismo» inconcludente (ma che portò anche alla decapitazione di un re), che nulla ha a che vedere con il progresso della società - di atteggiamenti del genere, comunque, è piena la storia anche del Cattolicesimo, del Luteranesimo, del Calvinismo e di altre confessioni religiose - la proibizione di qualsiasi genere di divertimento o passatempo nei giorni festivi. Per fortuna dei posteri, qualche conforto venne dal genio degli artisti: quella è pur sempre l’età di John Milton.
La crisi della Cathedral Music, dunque. Fra i sintomi di quella crisi si può considerare il fallimento del tentativo messo in atto nel 1641 da John Barnard (ca. 1591-ca. 1641), minor canon della Saint Paul’s Cathedral, di dare vita a una regolare pubblicazione di musiche per il culto anglicano: The First Book of selected Church Music, consisting of services and anthems, such as are now used in the Cathedrall and Collegiat Churches of the Kingdom è il titolo di una raccolta in 10 volumi, a noi giunta incompleta, contenente 66 brani di 19 autori, fra i quali primeggiano William Byrd (14 brani), Orlando Gibbons (8), Thomas Tallis (8) e Adrian Batten (6), quest’ultimo (1591-1637) uno degli autori più in vista del momento di cui restano 10 services e una cinquantina di anthems. Che Barnard pensasse alla realizzazione di un ben più vasto progetto è dimostrato dalla vistosa raccolta manoscritta (al Royal College of Music di Londra) copiata negli anni 1625-38 (e dalla quale sono estratte le pagine inserite nell'opera citata), costituita da 174 composizioni (una cinquantina delle quali non note in altre fonti) di 44 autori diversi.
Solamente con la Restaurazione della monarchia, nel 1660, si sarebbe potuta registrare una ripresa, segnata anche dalla nascita di un genere di musica sacra e spirituale - la psalmody - che avrebbe interessato la produzione inglese (e americana) sino agli inizi dell’Ottocento»[1].

Così ne scrive lo storico della musica Vizzaccaro:

«In Inghilterra la tradizione polifonica, fiorita tra Cinque e Seicento con musicisti quali Thomas Talllis (1505 ca.-1585), William Byrd (1540 ca.-1623) e Orlando Gibbons (1583-1625), fortemente influenzati dai polifonisti italiani, fu drasticamente interrotta fra il 1649 e il 1660 dalla Prima rivoluzione inglese, cui seguì l’instaurazione della Repubblica di Cromwell e l’avvento del puritanesimo. La musica fu bandita dalle chiese e le cappelle musicali delle cattedrali vennero soppresse. Con la restaurazione di Carlo II Stuart la musica sacra tornò in auge»[2].

Il problema della censura nel mondo moderno e delle imposizioni nelle diverse nazioni e tradizioni religiose è ben più complesso di quanto spesso si ritenga, quando si vuole restringere ideologicamemte il campo quasi che la questione riguardi solo il cattolicesimo e non anche tutto il protestantesimo e, ancor più, tutte le religioni, tutti i paganesimi e tutti gli ateismi e gli agnosticismi.



[1] A. Basso, Storia della Musica, Torino, UTET, 2004, vol. II, p. 660.

[2] F. Vizzaccaro, Dall’Italia all’Europa: tradizioni parallele e influssi reciproci, in A. Chegai, F. Piperno, A. Rostagno, E. Senici (a cura di), Musiche nella storia. Dall’età di Dante alla Grande Guerra, Roma, Carocci, 2021, p. 288.