Louis-Marie Chauvet fa il punto sulla confermazione. Appunti di Andrea Lonardo
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Il Centro culturale Gli scritti (28/12/2010)
«Ci troviamo attualmente in una situazione paradossale per quanto concerne la confermazione. Sul piano pastorale, probabilmente non si sono mai impiegati tanti sforzi per preparare a essa i giovani, sforzi spesso portatori di frutti spirituali e missionari importanti nella loro vita, come pure, indirettamente, in quella delle comunità cristiane. Sul piano teologico, invece, i discorsi tenuti su questo sacramento hanno un che di insoddisfacente».
Con queste parole controcorrente si apre un importante articolo del grande liturgista Louis-Marie Chauvet, tradotto in italiano in una recente miscellanea di suoi saggi[1].
L'affermazione è controcorrente da più punti di vista. Innanzitutto, perché offre una valutazione positiva degli sforzi pastorali che sono stati profusi nella cura del cammino verso la cresima dopo il Concilio Vaticano II – come è noto, di fatto è negli anni immediatamente successivi al Concilio che si è affermata la prassi di un congruo cammino offerto ai ragazzi dopo la celebrazione della comunione in vista della cresima, anche se questa posticipazione della confermazione non trova fondamento scritto in nessun testo conciliare.
Ma, ancora più significativa è la considerazione che è sul piano teologico – ed anche liturgico – che non esiste ancora un consenso condiviso.
Chauvet prosegue denunciando i limiti delle due opposte tendenze che si registrano negli studi teologico-pastorali sulla confermazione: o sono semplificatori, trascurando la complessità della tradizione in merito, oppure sono molto complessi ma giungono a conclusioni antitetiche, a seconda degli elementi che vengono sottolineati.
Chauvet mostra poi che la difficoltà di comprensione teologico-pastorale della cresima è antica quanto il cristianesimo stesso. La confermazione, infatti, si potrebbe dire, non ha un significato “proprio”, bensì ne ha solamente uno “relativo”, cioè relazionato al battesimo.
Alle origini, infatti, «nulla indicava allora che si passasse da un “sacramento” a un altro, poiché i riti si susseguivano senza discontinuità. Ecco perché, “quando i padri vogliono distinguere dal battesimo i riti complementari, non hanno un termine specifico per designarli nel loro insieme”»[2].
Ma “relativa” al battesimo (prima che all'eucarestia), non vuol dire “identica” al battesimo. Da un lato, fin dall'antichità, la confermazione non è stata interpretata come un sacramento che conferisce qualcosa in più che, di per sé, mancherebbe al battesimo: «sarebbe “probabilmente un controsenso”, sottolinea Bernard Botte, voler desumere dal verbo latino confirmare l’idea che la confermazione venga ad “aggiungere una grazia di forza che sarebbe stata assente dal battesimo”. “Confermare” significa semplicemente “rinsaldare il battezzato completando ciò che è stato fatto nel battesimo... Cercarvi qualcos’altro equivale a sbagliare strada”»[3].
Per questo è fuorviante, dal punto di vista pastorale, conferire maggiore importanza alla cresima rispetto al battesimo: «la tradizione mostra chiaramente che essa [la confermazione] non può prendere un peso teologico superiore al battesimo, neppure nel caso in cui lo si sia ricevuto da piccoli. Non si può teologicamente sminuire il battesimo per valorizzare la confermazione. Questo del resto è un punto importante nella prospettiva ecumenica»[4].
D'altro canto, proprio la tradizione occidentale ha elaborato la distinzione fra battesimo e confermazione, come appare già dal Sinodo di Elvira (l'odierna Granada, in Andalusia) nel 300 d.C. circa che stabilì alcune disposizioni sull'unzione crismale che doveva seguire se si era amministrato il battesimo in pericolo di morte. Il canone 38, infatti, afferma: «Se la persona che è stata battezzata in pericolo di morte riacquista la salute, sia condotta dal vescovo, affinché mediante l’imposizione della mano possa ricevere il completamento (perfici) del rito» (cf. Sinodo di Elvira [300ca], canone 38, in Enchiridion symbolorum, p. 61, nr. 120). Anche il canone 77 dello stesso sinodo riguarda quasi sicuramente la stessa prassi sacramentale, come spiega Chauvet: «È probabilmente a casi di questo tipo che allude il medesimo sinodo di Elvira al canone 77: “Il vescovo dovrà portare a compimento mediante la benedizione (per benedictionem perficere)” coloro che siano stati battezzati da un diacono che regge una pievania “senza vescovo o presbitero” (ibid., n. 121)»[5].
La separazione dei due sacramenti - che si intravede già ad Elvira - si affermò in occidente. Nel mondo latino, infatti, si volle privilegiare nella celebrazione della confermazione la sottolineatura della comunione con la chiesa locale, attraverso il conferimento della cresima da parte del vescovo. L'oriente, invece, non separò mai, se non in via eccezionale, i tre sacramenti del battesimo, della cresima e dell'eucarestia.
Inoltre, nello stesso modo di celebrare il sacramento della confermazione gesti liturgici complementari fra di loro hanno il primo posto in oriente o in occidente: «Una tale evoluzione non si è operata in modo lineare: mentre le chiese di oriente metteranno piuttosto l’accento sull’unzione con il crisma, quelle di occidente accentueranno piuttosto l’imposizione delle mani; ma sia le une che le altre assoceranno o combineranno questi due riti»[6].
Per Chauvet non si tratta di stabilire quale delle due prassi sia quella giusta. Piuttosto le diverse prassi seguite dall'oriente e dall'occidente mostrano come non sia possa stabilire a propri qual è la soluzione oggi migliore per la celebrazione della cresima.
Infatti, «questa separazione [fra battesimo ed eucarestia] non era fatale. Il problema era di sapere se si voleva mantenere la priorità data all’unità della celebrazione: in tal caso, l’unzione per il dono dello Spirito era conferita da preti che battezzavano; oppure se si voleva sottolineare che ogni iniziazione deve essere suggellata dal capo della chiesa locale, il vescovo: l’unzione o l’imposizione delle mani era allora rinviata. Le chiese di oriente scelsero la prima soluzione, esigendo però che il crisma fosse benedetto dal vescovo, ed è ciò che in genere avviene ancora oggi. La chiesa latina, dal canto suo, optò per la seconda, e ciò ebbe come conseguenza, tra il V e l’VIII secolo, la progressiva separazione della confermazione dal battesimo»[7].
Proprio questa diversa tradizione mostra che non si può nemmeno stabilire a priori qual è l'età giusta per conferire la confermazione: «Questo fatto ci ricorda che non c’è un’età per la confermazione: ogni “battezzabile” è teologicamente “confermabile” (e anche “eucaristicabile”). Certo, la chiesa latina richiede che i battezzati abbiano raggiunto l'età della ragione per ricevere la confermazione e l'eucaristia; ma si tratta di una disposizione disciplinare, che come tale è sempre riformabile»[8]. La tradizione non è, da sola, argomento che può dirimere la questione.
Se ci si dovesse rifare alla prassi primitiva, non ci sarebbe che un'unica soluzione, quella di conferire tutti i sacramenti insieme nella stessa liturgia, quindi dando la cresima e l'eucarestia a tutti i neonati battezzati, oppure quella di attendere ad amministrare i tre sacramenti, evitando di battezzare i neonati.
Ma è proprio la tradizione a mostrare che la chiesa ritenne opportuna un'evoluzione rispetto alla prassi originaria!
In occidente, nonostante spesso nei secoli si sia rimandata la confermazione per attendere la presenza del vescovo, l'ordine teologico nella presentazione dei sacramenti restò, comunque, immutato. Infatti, la chiesa continuava ad avere consapevolezza del loro ordine e non si riteneva che la prassi seguita lo inficiasse, «come testimonia in particolare l’ordine di enumerazione dei sette sacramenti nelle liste che ne sono state fatte. Queste liste, che compaiono nel XII secolo, menzionano sempre la confermazione tra il battesimo e l’eucaristia, e non dopo quest’ultima. E nei trattati dei sacramenti, i teologi medievali hanno sempre seguito questo medesimo ordine»[9].
Per Chauvet, allora, il semplice richiamo alla tradizione originaria non è un criterio sufficiente per orientarsi oggi nella stessa direzione: «Sul piano pastorale, in ogni caso, non si può sostituire il dispositivo attuale della confermazione durante l’adolescenza e della sua preparazione di un anno, in virtù dei frutti che porta nella vita cristiana di molti giovani, se non gli si trova un equivalente. È il bene spirituale delle persone a fornire qui il criterio decisivo degli orientamenti pastorali, e spetta al discorso propriamente teologico tenerne conto, anche se gli inconvenienti già segnalati permangono»[10].
Chauvet ricorda ancora come, secondo l'affermazione del concilio di Trento, «fatta salva la sostanza dei sacramenti, la chiesa ha il potere di modificare quanto essa giudica essere conveniente all'utilità spirituale di coloro che li ricevono»[11].
Note al testo
[1] Teologia e pastorale della confermazione, in L.-M. Chauvet, L'umanità dei sacramenti, Qiqajon, Magnano, 2010, pp. 297-310; la citazione a p. 297 e l'articolo è apparso nell'originale francese nel 1998.
[2] L.-M. Chauvet, Teologia e pastorale della confermazione, in L.-M. Chauvet, L'umanità dei sacramenti, Qiqajon, Magnano, 2010, p. 299. Chauvet cita qui B. Botte, Le vocabulaire ancien de la confirmation, in “La maison-Dieu”, 54 (1958), p. 5.
[3] L.-M. Chauvet, Teologia e pastorale della confermazione, in L.-M. Chauvet, L'umanità dei sacramenti, Qiqajon, Magnano, 2010, p. 300. Chauvet cita qui il Botte nell'articolo sopra citato, pp. 21-22.
[4] L.-M. Chauvet, Teologia e pastorale della confermazione, in L.-M. Chauvet, L'umanità dei sacramenti, Qiqajon, Magnano, 2010, p. 301.
[5] L.-M. Chauvet, Teologia e pastorale della confermazione, in L.-M. Chauvet, L'umanità dei sacramenti, Qiqajon, Magnano, 2010, p. 303, in nota.
[6] L.-M. Chauvet, Teologia e pastorale della confermazione, in L.-M. Chauvet, L'umanità dei sacramenti, Qiqajon, Magnano, 2010, p. 303.
[7] L.-M. Chauvet, Teologia e pastorale della confermazione, in L.-M. Chauvet, L'umanità dei sacramenti, Qiqajon, Magnano, 2010, pp. 303-304.
[8] L.-M. Chauvet, Teologia e pastorale della confermazione, in L.-M. Chauvet, L'umanità dei sacramenti, Qiqajon, Magnano, 2010, pp. 304-305.
[9] L.-M. Chauvet, Teologia e pastorale della confermazione, in L.-M. Chauvet, L'umanità dei sacramenti, Qiqajon, Magnano, 2010, p. 305.
[10] L.-M. Chauvet, Teologia e pastorale della confermazione, in L.-M. Chauvet, L'umanità dei sacramenti, Qiqajon, Magnano, 2010, p. 309.
[11] Cfr. Dottrina e canoni sulla comunione, in Enchiridion Symbolorum, pp. 716-717, n. 1728.