L’esigenza di chiarificare, per muoversi all’interno della teologia pastorale: il quadro di riferimento proposto da mons.Lanza (G.M.)
E’ quanto mai urgente e necessario chiarificare l’identità della teologia pastorale. E’ da essa che trae luce l’azione della Chiesa. Mons.Lanza propone una articolazione in tre aspetti:
-definisce il primo “costitutivo”, “fondamentale”, come il DNA che deve essere presente in ogni azione della Chiesa – potremmo dire, anche, ontologico. E’ il triplice munus – che Benedetto XVI chiama nella DCE aufgabe, cioè quasi “dono da ridonare” - Martyria, Leiturgia, Diakonia. La Parola, la Liturgia, la Carità non possono mai essere separate le une dalle altre in nessuna azione della Chiesa, ma rinviano continuamente l’una all’altra.
-chiama il secondo “antropologico”. Questo aspetto vuole valorizzare tutte le dinamiche dell’umano. Ogni azione ecclesiale - che deve continuamente rifarsi alla Martyria, alla Leiturgia, alla Diakonia, senza mai poterle separare l’una dall’altra - deve però essere riferita all’uomo, all’uomo di questo tempo, con il suo linguaggio ed i suoi problemi, le sue paure ed i suoi desideri. Questa attenzione della pastorale permette di non cadere nei due rischi opposti, quello, da un lato, di enunciare affermazioni che non dicano nulla a questo tempo, quello, dall’altro, di utilizzare il linguaggio di questo tempo senza più dire Dio e la sua diversità.
-indica il terzo aspetto come “morfologico” o “fenomenologico”. Qui sono da individuare le concrete azioni che la Chiesa pone in atto nei differenti ambiti specifici, ad esempio la catechesi, la scuola, l’affettività e la famiglia, gli ambienti lavorativi, la cittadinanza, ecc. ecc.
Sono confini che non si lasciano sempre tracciare così bene, ma che consentono, comunque, un orientamento. Esemplifica parlando della catechesi: la catechesi non è la diretta espressione della Martyria, della Parola. La catechesi, piuttosto, appartiene alle forme della azione ecclesiale e deve interagire con le altre forme, come la famiglia, la scuola, la cittadinanza, ecc. ecc. (III aspetto), deve comprendere indissolubilmente la Parola, la Liturgia e la Carità (I aspetto), deve collocarsi nelle dinamiche dell’umano (II aspetto).
Nella relazione con il secondo aspetto, è centrale, secondo la sua proposta, che la catechesi torni ad “essere possibile”, non tanto quantitativamente, quanto qualitativamente, nella sua capacità di dire la gioia della fede alla vita della persona di questo tempo, di dire propriamente Dio, ma di dirlo in maniera da essere comprensibile a chi ascolta.
La catechesi è la forma ecclesiale tipica dell’iniziazione cristiana. Secondo la sua lettura, perciò, non è così evidente che sia corretto parlare di catechesi permanente, così come non è scontato che sia bene parlare di catechesi degli adulti, anche se già iniziati alla fede, per indicare la formazione degli adulti tout court. Fra l’altro utilizzando la parola “catechesi” per indicare ogni momento della formazione cristiana si corre il rischio di pensare la formazione degli adulti sul modello di quella dell’iniziazione cristiana con delle riunioni settimanali, ecc. ecc. come nel caso dei piccoli.
Le moderne scienze dell’educazione ci confermano, secondo la sua prospettiva, che gli anni da zero a dodici sono decisivi nella formazione della personalità e sarebbe gravissimo che la chiesa si ritraesse dall’impegno verso queste fasce di età. Scherzando si potrebbe dire con una battuta che “i problemi vengono dopo, ma gli snodi si preparano prima!”. Piuttosto è da prendere molto più sul serio il fatto che dopo gli 8, 9 anni, cambia il modo di interrogare del bambino. Se fino a quell’età l’interrogare è originato dalla curiosità e l’atteggiamento del bambino è quello imitativo, dopo quell’età l’interrogare diventa dubitativo. Lì la catechesi non può più limitarsi a dire, ma deve, ancor più, motivare e convincere, indicare verità, bontà e bellezza delle proprie affermazioni. E’ necessario, allora, che la catechesi faccia emergere il perché, che non lo comprima e che aiuti a rispondere ad esso, con verità.
Altrimenti la domanda o si spegne o diviene solo una sfida, una provocazione. Qui è la grande sfida della formazione dei catechisti, perché non si limitino ad essere persone di buona volontà, ma maturino il gusto e la preparazione per vivere tutta la dinamica del rapporto domanda-risposta.
Le quattro parti del catechismo della Chiesa Cattolica hanno una connessione profonda che la tradizione ha individuato nei secoli. La prima parte parla dell’opera di Dio, di ciò che Dio ha fatto una volta per sempre. La seconda dell’opera che Dio compie nel presente, attraverso la Chiesa ed i sacramenti. La terza della risposta dell’uomo a Dio, nelle relazioni che l’uomo istituisce con gli altri uomini. La quarta tratta di quella risposta che è il diretto rivolgersi dell’uomo a Dio, la preghiera. Non deve essere dimenticata, nella comprensione del valore del Catechismo della Chiesa Cattolica, la prospettiva della teologia fondamentale, che studia i motivi della fede e della credibilità del cristianesimo. E’ nuova, ad esempio, nel Catechismo la riflessione sull’homo capax Dei, nella prima parte che tratta della fede, prima del Simbolo: non era, precedentemente, un tema strettamente catechistico.
Il tema del primo annunzio – è la questione decisiva dell’evangelizzazione - andrebbe declinato, secondo la sua proposta, in tre passi distinti, tutti significativi.
-Il primo annunzio avviene sempre in un ambito preciso, ad esempio quello del lavoro, della comune cittadinanza, della vita familiare, della riflessione sulla cultura, ecc. Qui, spesso, il cristiano non dice direttamente il centro della sua fede ma, piuttosto, la sua lettura cristiana di ciò che avviene, di ciò che vale, di ciò che è in questione. Oppure esprime la sua creatività, generando gesti, pensieri, cultura. Questo è il passaggio decisivo del cosiddetto “primo annunzio”.
-C’è poi l’aspetto dell’emergere del motivo della fede, come scaturigine di ciò che si è affermato nel concreto di una situazione.
-C’è, infine, l’aspetto di una catechesi più completa e sistematica che completa la fede che è stata detta ed accolta.
Anche qui le distinzioni non si presentano nettamente, ma servono solo per un quadro più completo dei diversi aspetti.
-definisce il primo “costitutivo”, “fondamentale”, come il DNA che deve essere presente in ogni azione della Chiesa – potremmo dire, anche, ontologico. E’ il triplice munus – che Benedetto XVI chiama nella DCE aufgabe, cioè quasi “dono da ridonare” - Martyria, Leiturgia, Diakonia. La Parola, la Liturgia, la Carità non possono mai essere separate le une dalle altre in nessuna azione della Chiesa, ma rinviano continuamente l’una all’altra.
-chiama il secondo “antropologico”. Questo aspetto vuole valorizzare tutte le dinamiche dell’umano. Ogni azione ecclesiale - che deve continuamente rifarsi alla Martyria, alla Leiturgia, alla Diakonia, senza mai poterle separare l’una dall’altra - deve però essere riferita all’uomo, all’uomo di questo tempo, con il suo linguaggio ed i suoi problemi, le sue paure ed i suoi desideri. Questa attenzione della pastorale permette di non cadere nei due rischi opposti, quello, da un lato, di enunciare affermazioni che non dicano nulla a questo tempo, quello, dall’altro, di utilizzare il linguaggio di questo tempo senza più dire Dio e la sua diversità.
-indica il terzo aspetto come “morfologico” o “fenomenologico”. Qui sono da individuare le concrete azioni che la Chiesa pone in atto nei differenti ambiti specifici, ad esempio la catechesi, la scuola, l’affettività e la famiglia, gli ambienti lavorativi, la cittadinanza, ecc. ecc.
Sono confini che non si lasciano sempre tracciare così bene, ma che consentono, comunque, un orientamento. Esemplifica parlando della catechesi: la catechesi non è la diretta espressione della Martyria, della Parola. La catechesi, piuttosto, appartiene alle forme della azione ecclesiale e deve interagire con le altre forme, come la famiglia, la scuola, la cittadinanza, ecc. ecc. (III aspetto), deve comprendere indissolubilmente la Parola, la Liturgia e la Carità (I aspetto), deve collocarsi nelle dinamiche dell’umano (II aspetto).
Nella relazione con il secondo aspetto, è centrale, secondo la sua proposta, che la catechesi torni ad “essere possibile”, non tanto quantitativamente, quanto qualitativamente, nella sua capacità di dire la gioia della fede alla vita della persona di questo tempo, di dire propriamente Dio, ma di dirlo in maniera da essere comprensibile a chi ascolta.
La catechesi è la forma ecclesiale tipica dell’iniziazione cristiana. Secondo la sua lettura, perciò, non è così evidente che sia corretto parlare di catechesi permanente, così come non è scontato che sia bene parlare di catechesi degli adulti, anche se già iniziati alla fede, per indicare la formazione degli adulti tout court. Fra l’altro utilizzando la parola “catechesi” per indicare ogni momento della formazione cristiana si corre il rischio di pensare la formazione degli adulti sul modello di quella dell’iniziazione cristiana con delle riunioni settimanali, ecc. ecc. come nel caso dei piccoli.
Le moderne scienze dell’educazione ci confermano, secondo la sua prospettiva, che gli anni da zero a dodici sono decisivi nella formazione della personalità e sarebbe gravissimo che la chiesa si ritraesse dall’impegno verso queste fasce di età. Scherzando si potrebbe dire con una battuta che “i problemi vengono dopo, ma gli snodi si preparano prima!”. Piuttosto è da prendere molto più sul serio il fatto che dopo gli 8, 9 anni, cambia il modo di interrogare del bambino. Se fino a quell’età l’interrogare è originato dalla curiosità e l’atteggiamento del bambino è quello imitativo, dopo quell’età l’interrogare diventa dubitativo. Lì la catechesi non può più limitarsi a dire, ma deve, ancor più, motivare e convincere, indicare verità, bontà e bellezza delle proprie affermazioni. E’ necessario, allora, che la catechesi faccia emergere il perché, che non lo comprima e che aiuti a rispondere ad esso, con verità.
Altrimenti la domanda o si spegne o diviene solo una sfida, una provocazione. Qui è la grande sfida della formazione dei catechisti, perché non si limitino ad essere persone di buona volontà, ma maturino il gusto e la preparazione per vivere tutta la dinamica del rapporto domanda-risposta.
Le quattro parti del catechismo della Chiesa Cattolica hanno una connessione profonda che la tradizione ha individuato nei secoli. La prima parte parla dell’opera di Dio, di ciò che Dio ha fatto una volta per sempre. La seconda dell’opera che Dio compie nel presente, attraverso la Chiesa ed i sacramenti. La terza della risposta dell’uomo a Dio, nelle relazioni che l’uomo istituisce con gli altri uomini. La quarta tratta di quella risposta che è il diretto rivolgersi dell’uomo a Dio, la preghiera. Non deve essere dimenticata, nella comprensione del valore del Catechismo della Chiesa Cattolica, la prospettiva della teologia fondamentale, che studia i motivi della fede e della credibilità del cristianesimo. E’ nuova, ad esempio, nel Catechismo la riflessione sull’homo capax Dei, nella prima parte che tratta della fede, prima del Simbolo: non era, precedentemente, un tema strettamente catechistico.
Il tema del primo annunzio – è la questione decisiva dell’evangelizzazione - andrebbe declinato, secondo la sua proposta, in tre passi distinti, tutti significativi.
-Il primo annunzio avviene sempre in un ambito preciso, ad esempio quello del lavoro, della comune cittadinanza, della vita familiare, della riflessione sulla cultura, ecc. Qui, spesso, il cristiano non dice direttamente il centro della sua fede ma, piuttosto, la sua lettura cristiana di ciò che avviene, di ciò che vale, di ciò che è in questione. Oppure esprime la sua creatività, generando gesti, pensieri, cultura. Questo è il passaggio decisivo del cosiddetto “primo annunzio”.
-C’è poi l’aspetto dell’emergere del motivo della fede, come scaturigine di ciò che si è affermato nel concreto di una situazione.
-C’è, infine, l’aspetto di una catechesi più completa e sistematica che completa la fede che è stata detta ed accolta.
Anche qui le distinzioni non si presentano nettamente, ma servono solo per un quadro più completo dei diversi aspetti.