Due interventi di Marco Lodoli e Umberto Eco sull’ignoranza religiosa delle nuove generazioni
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Mettiamo a disposizione per un’ulteriore discussione due provocatori brani sull’ignoranza religiosa delle nuove generazioni scritti da Marco Lodoli per il sito di Tiscali e da Umberto Eco per L’Espresso n. 48, 3 dicembre 2009. Pur non condividendo integralmente le loro affermazioni (ad esempio sulla disaffezione dei ragazzi agli oratori o sulla bontà dell'ipotesi, proprio in questo contesto, di soppressione dell'ora di religione cattolica) riteniamo che i due interventi pongano sul tappeto una questione di grande importanza. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Educazione e scuola nella sezione Catechesi, scuola e famiglia.
Il Centro culturale Gli scritti (6/11/2010)
La religione è uscita completamente dalla vita dei ragazzi, di Marco Lodoli
Che le chiese e gli oratori attraggano sempre meno i ragazzi italiani è un dato di fatto: la religione è uscita completamente dalle loro vite, ormai affascinate da altri immaginari, da altre presenze miracolose e salvatrici. Quello che sorprende di più un insegnante di lettere come me, è la scomparsa definitiva nel linguaggio comune di ogni riferimento al Vecchio e al Nuovo Testamento.
Per secoli e secoli tutti hanno saputo chi fosse “il figliol prodigo”, che razza di guai avesse combinato, perché fosse tornato a casa e quale vitello gli imbandì il padre. Tutti avevano letto e assimilato la parabola dei talenti o della pecorella smarrita, e anche chi poi era diventato atei e mangiapreti continuava a usare certi modi di dire, popolarmente condivisi.
Se San Marino incontrava la Germania in una partita di calcio, il titolo “Davide sfida Golia” era chiaro a ogni ragazzo. Se una paga era frutto di un tradimento o di comportamento miserevole, tutti capivano che si trattava di ignobili “trenta denari”. La pazienza di Giobbe, i castighi d’Egitto, il diluvio universale, Sodoma e Gomorra, la valle di Giosafat, settanta volte sette, un Golgota, una Maddalena, un buon Samaritano, un Fariseo, un sepolcro imbiancato, una vergine stolta: infinite erano le frasi idiomatiche e tanti i personaggi emblematici che uscendo dalla Bibbia e dal Vangelo entravano nel nostro linguaggio.
I giovani capivano i vecchi, magari usavano tante parole nuove, ma non smarrivano quelle precedenti, in cui comunque si racchiudeva una saggezza, un mondo e un cielo. Oggi nessuno dei miei alunni sa che cosa voglia dire “muoia Sansone con tutti i Filistei” o chi diavolo sia questo cammello che deve passare per la cruna di un ago, da dove vengono frasi così e in quali occasioni si potrebbero ancora usare.
È una tradizione morta e sepolta, una collezione di immagini sotterrate per sempre. L’italiano si è sbarazzato in vent’anni di due millenni di storie e parole. Ora possiamo dire che al fast-food c’era un truzzo cool con una posona che je s’accollava. Possiamo dire tante cose, ma meno di una volta, perché il vocabolario è stato svuotato, perché quelle cose lì, professò, le capisci solo tu e gli amici tuoi, perché a me dei preti nun me ne frega un cavolo e vojo parlà come me pare.
I re magi, questi sconosciuti. Perché è necessario, al di là di ogni considerazione religiosa, che i ragazzi abbiano a scuola una informazione di base su idee e tradizioni delle varie religioni, di Umberto Eco
Quasi per caso mi è accaduto di assistere negli ultimi giorni a due episodi, una quindicenne che sfogliava molto interessata un libro di riproduzioni d'arte, e altri due quindicenni che stavano visitando (affascinati) il Louvre. Tutti e tre erano nati ed erano stati educati in paesi rigorosamente laici e in famiglie di non credenti. Questo faceva sì che vedendo 'La zattera della Medusa' capissero che alcuni sventurati erano appena sfuggiti a un naufragio, o che i due personaggi dell'Hayez che si vedono a Brera fossero due innamorati, ma non riuscivano a realizzare perché l'Angelico avesse rappresentato una ragazza a colloquio con una checca alata o perché un signore sciamannato discendesse a balzelloni da una montagna portandosi addosso due lastre di pietra pesantissime ed emanando raggi luminosi dalle corna.
Naturalmente i ragazzi riconoscevano qualcosa in una natività o in una crocifissione, perché avevano già visto qualcosa di simile ma, se nel presepe si inserivano tre signori con mantello e corona, già non sapevano chi fossero e da dove venissero. È vero che questo succedeva anche a Matteo, ma non è questo il punto.
È impossibile capire diciamo i tre quarti dell'arte occidentale se non si conoscono i fatti dell'Antico e del Nuovo Testamento e le storie dei santi. Chi è una ragazza con gli occhi su un piattino, viene dalla notte dei morti viventi? E un cavaliere che taglia in due un capo di abbigliamento fa una campagna anti-Armani?
Quindi succede che, in molte situazioni culturali, ragazzi e ragazze imparano a scuola tutto sulla morte di Ettore ma niente su quella di San Sebastiano, tutto magari sulle nozze di Cadmo e Armonia ma niente sulle nozze di Cana. In certi paesi c'è una forte tradizione di lettura della Bibbia, e i bambini sanno tutto sul vitello d'oro, ma niente sul lupo di San Francesco. In altri posti li si è imbottiti di vie crucis e li si è tenuti all'oscuro della 'mulier amicta solis' dell'Apocalisse.
Ma il peggio avviene ovviamente quando un occidentale (e non solo i quindicenni) ha a che fare con rappresentazioni di altre culture - tanto più invadenti oggi quando la gente viaggia in paesi esotici mentre gli abitanti di quei paesi vengono a installarsi da noi. Non parlo delle reazioni perplesse di un occidentale di fronte a una maschera africana, o delle sue risate davanti a dei Buddha oppressi dalla cellulite (tra l'altro costoro, interrogati, sono pronti a rispondere che Buddha è il dio degli orientali così come Maometto è il dio dei musulmani); è che molti dei nostri vicini di casa sarebbero disposti a pensare che la facciata di un tempio indiano è stata disegnata dai comunisti per rappresentare quello che avveniva a Villa Certosa, e scuotono la testa quando vedono che gli stessi indiani prendono sul serio un signore accovacciato con la testa di elefante, senza rendersi conto che loro non trovano niente da ridire in una persona divina rappresentata come colomba.
Pertanto, al di là di ogni considerazione religiosa, e anche dal punto di vista più laico del mondo, occorre che i ragazzi abbiano a scuola una informazione di base su idee e tradizioni delle varie religioni. Pensare che non sia necessario equivale a dire che non bisogna insegnargli chi fossero Giove o Minerva perché erano solo fole per le vecchiette del Pireo.
Ora il voler risolvere l'educazione alle religioni con l'educazione a una singola religione (tanto per fare un esempio, quella cattolica in Italia) è culturalmente pericoloso perché, da un lato, non si può impedire ad alunni non credenti o figli di non credenti, di non assistere a quell'ora, così perdendo anche un minimo di elementi culturali fondamentali; e dall'altro viene esclusa dall'educazione scolastica ogni accenno ad altre tradizioni religiose. Non solo, ma anche l'ora di religione cattolica potrebbe risolversi in uno spazio di discussione etica, rispettabilissima, sui doveri verso i nostri simili o su cosa sia la fede, trascurando quelle notizie che ci permettono di distinguere una Fornarina da una Maddalena pentita.
È pur vero che quelli della mia generazione hanno studiato tutto su Omero e niente sul Pentateuco, e abbiamo avuto anche pessime lezioni di storia dell'arte al liceo, così come ci insegnavano tutto sul Burchiello e niente su Shakespeare - e nonostante questo ce la siamo cavata, perché evidentemente c'era qualcosa nell'ambiente che ci faceva pervenire sollecitazioni e notizie. Ma quei tre quindicenni di cui dicevo, che non sapevano riconoscere i Re Magi, mi suggeriscono che anche l'ambiente di informazioni utili ne trasmetta sempre meno, e molte invece d'inutilissime.
Che i Re Magi ci tengano le loro sei sante mani sulla testa.