Lettera ai professori alla vigilia del primo giorno di scuola: stupitevi, stupiteli, di Alessandro D'Avenia
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Riprendiamo un articolo di Alessandro D'Avenia, pubblicato da Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione del 12 settembre 2010. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Di Alessandro D'Avenia vedi, su questo stesso sito, Bianca come il latte, rossa come il sangue. L'adolescenza dinanzi alla realtà della vita. Un'intervista ad Alessandro D'Avenia.
Il Centro culturale Gli scritti (16/10/2010)
Cari colleghi professori, mancano 24 ore alla prima campana. I vostri alunni sono trepidanti, perché il primo giorno di scuola attraversa il cuore di un ragazzo come uno stormo di promesse. Sperano che quel primo giorno sia un giorno nuovo, sintomo di un anno nuovo, una vita nuova, direbbe Dante.
Rendete quel giorno la loro Beatrice. Non li deludete. Date loro un giorno indimenticabile. Non chiedete delle loro vacanze, non raccontate le vostre. Fate lezione: con un amore con cui non l’avete mai fatta. Preparate oggi quella lezione. È domenica e avete ancora qualche ora. Stupiteli con un argomento che desti la loro meraviglia. Uccideteli di meraviglia!
È dallo stupore che inizia la conoscenza, diceva Aristotele e nulla è cambiato. Annichilite i grandifratelli, gli uominiedonne. Superateli in share con le vostre lezioni. Rinnovate in voi lo stupore.
Spiegate loro l'infinito di Leopardi anche se non è nel programma, fateglielo toccare questo infinito di là dalla siepe dei banchi. Raccontate loro la vita e la morte di una stella. Descrivete loro la sezione aurea dei petali di una rosa e il segreto per cui la si regala al proprio amore. Stupitevi. Stupiteli.
Fatevi brillare gli occhi, fate vedere loro che sapete perché insegnate quella materia, che siete fieri di aver speso una vita intera a imparare quelle cose, perché quelle cose contengono il mondo intero. Stupiteli con la vita, quella che c’è dentro secoli di scoperte, conoscenze, fatti, libri.
Fategliela toccare questa vita. Non torneranno più indietro. Sapranno di avere davanti un professore. Parola meravigliosa che vuol dire “professare”, quasi come una fede, la vostra materia. Se professate questa fede toccheranno attraverso di voi le cose di cui hanno fame: verità, bene, bellezza. Le uniche cose per cui viviamo, che lo vogliamo o no. Tutti vogliamo un piatto buono, un amico sincero, una bella vacanza. È scritto nel dna che vogliamo quelle tre cose, anche se costano fatica.
Diamogliele. Immaginate domani di entrare in classe. Durante la vostra lezione il mondo viene devastato da un’apocalisse. Per una serie di fortunate (!) congiunture siete rimasti vivi solo voi, con la vostra classe. Adesso dipende tutto da voi. Rimboccatevi le maniche, prendetevi cura di quei venti-trenta come fosse il mondo intero.
Che mondo sarà quello di domani? Dipende da te caro collega. Non ti lamentare dei politici, delle strutture, del riscaldamento, dell’orario, adesso ci sei solo tu e loro. Non ci sono ministri, riforme, strutture. C’è la scuola nella sua essenza. Tu e loro e quel che ci sta in mezzo: le parole.
Gli animali si addestrano, gli uomini si educano: con le parole. Non c’è lo stipendio, perché non c’è lo Stato e non c’è il privato: sono loro il tuo stipendio. Ti è rimasto solo un libro: quello della tua materia. Da lì devi partire per costruire il mondo intero.
Quello è il punto di appoggio con cui sollevarlo, il mondo intero. Se loro vedranno in te il fuoco ti ripagheranno con uno stipendio che nessun altro mestiere dà: saranno degli innamorati del bene, della verità, della bellezza (cioè della vita). Non saranno dei furbi, ma degli innamorati.
Forse ti manderanno ugualmente all’inferno come Dante ha fatto - anche se per altri motivi - col suo maestro Brunetto, ma sapranno riconoscerti (come Dante) di avere insegnato loro “come l’uom s’etterna”: come l’uomo si è reso immortale nella storia e come l’uomo si rende immortale al presente.
Caro collega hai 24 ore. A te la scelta: un nuovo giorno, il primo, di una vita nuova. Stupisciti. Stupiscili.