La fatica intellettuale, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 19 /10 /2020 - 16:00 pm | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Educazione e cultura.

Il Centro culturale Gli scritti (19/10/2020)

La fatica intellettuale è spesso sottovalutata. Si pensa che chi studia, ricerca o scrive faccia un lavoro ozioso e, in fondo, riposante.

Così non è, anzi questo è falsissimo. Chi lo pensa può tornare al periodo dei suoi studi per riaverne immediatamente coscienza.

Ma non è solo la mera fatica di concentrarsi. Anzi.

1/ La fatica di andare oltre l’ideologia che di tutto si impossessa

La prima grande fatica che si avverte quando si studia in profondità è quella di non potersi orientare subito. Si ha bisogno di tempo, di tantissimo tempo, per riuscire a capire qualcosa.

Questo è ancora più vero oggi, quando esistono fiumi di cose già dette nate da impostazioni ideologiche errate. Leggendole, ci si accorge subito che non toccano l’essenziale, che tante affermazioni sono gravate dall’ideologia e dal pregiudizio di chi le ha scritte. Come negli anni ’60 tanti scoprirono giustamente il pregiudizio della storiografia precedente, così oggi si scopre il pregiudizio di quei decenni che hanno formato l’attuale intellighenzia.

Se si cerca di sfuggire a quelle maglie e di rileggere qualcosa andando direttamente alle fonti, leggendo direttamente i testi, ecco che tutto diventa faticosissimo. Non si trovano i riferimenti subito. A volte servono giorni e giorni, mesi e anni, per giungere a leggere qualcosa che non sia gravato dall’impostazione dell’intellighenzia.

L’ho sperimentato e lo sperimento ogni giorno. Anzi diventa ogni giorno una convinzione radicata perché verificata dall’esperienza.

Chi mi ha mai raccontato che esistono omelie di Vincent van Gogh, perché per un certo tempo è stato un predicatore protestante?

Chi mi ha mai raccontato che alla presa di Roma, il 20 settembre 1870, il papa e il re dettero ordine di fare una resistenza solo simbolica e di attaccare similmente senza fare morti? Chi racconta che per comando del re le truppe non avrebbero dovuto oltrepassare Castel Sant’Angelo, per lasciare libero il papa e che fu Pio IX, invece, a chiedere che esse avanzassero fino alla basilica perché ci furono tumulti nella notte e i soldati piemontesi dovettero difendere il papa, schierandosi appena fuori il Palazzo apostolico a sua difesa?

Chi mi ha mai detto che le pietre di Stonehenge non sono nella loro posizione originaria, bensì vennero ricollocate senza alcuna attenzione scientifica e, conseguentemente, qualsiasi affermazione che si fa su di esse è arbitraria?

Chi mi ha mai raccontato che Piero della Francesca dipinge la Resurrezione di Cristo perché il nome di Sansepolcro deriva dalla presenza in città delle reliquie del Santo Sepolcro portate dai monaci per cui ovunque in città si rappresenta Cristo che esce dal Sepolcro?

Sono solo alcuni degli innumerevoli esempi che si potrebbero fare. Ma non appena intuisci che per una comprensione corretta di quegli eventi e di quelle figure devi approfondire quanto appena accennato, ecco che lo studio si fa complicatissimo e faticosissimo. Non si sa dove reperire fonti, dove leggere studi attendibili e si perdono giornate e giornate a ricostruire un quadro corretto della verità delle cose.

È necessario, insomma, seguire sentieri poco percorsi, con il rischio di sbagliare, comunque sacrificando tanto tempo.

2/ Il tempo dedicato alla ricerca è sottratto alle relazioni. Non si costruisce qualcosa, senza perdere qualcos’altro. Lo studio, la ricerca, la scrittura richiedono tempo e questo è già un primo aspetto del tempo sottratto alla bellezza delle amicizie.

Ma non è solo tale tempo che è quantitativamente sottratto. La ricerca richiede cura, attenzione, memoria. Si sottraggono spazi di memoria, di dedizione ad una questione che si ha in mente e, talvolta, anche mentre si è con altre persone, con le persone amate, si è presi da quei quesiti irrisolti che tornano in mente.

Quanto le relazioni amicali avrebbero bisogno di maggiore memoria, di maggior totalità e attenzione!

Eppure quella fatica, quella sottrazione di tempo, è feconda: è una modalità di amore, con la quale si contribuisce a costruire la vita e le coscienze degli altri. È tempo sottratto, ma, da un altro punto di vista, è tempo donato.

Questo è il dilemma che sempre rode l’intellettuale - e anche questa è fatica.

Da un lato sai della necessità del lavoro culturale, dall’altro sai che ti cambia, che ti rende diverso, che ti sottrae ad altri aspetti. Arricchisce e impoverisce!

Forse per questo ne è emblema San Girolamo che da un lato è circondato dai suoi libri e scrive e spiega la Scrittura, dall’altra è in penitenza e prega dinanzi ad un teschio e al crocifisso.