Il matrimonio tra battezzati non credenti. Un parere della Commissione teologica internazionale, di Serge-Thomas Bonino, segretario della Commissione Teologica Internazionale

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 08 /03 /2020 - 16:30 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 2/3/2020 un articolo di Serge-Thomas Bonino, o.p., segretario generale della Commissione Teologica Internazionale. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Educare all’affettività.

Il Centro culturale Gli scritti (8/3/2020) 

Al termine del recente Sessennio, la Commissione Teologica Internazionale (Cti) ha pubblicato un ultimo documento su La reciprocità tra fede e sacramenti nell’economia sacramentale. Una parte rilevante del testo è dedicata a un problema teologico le cui conseguenze pastorali sono non da poco: il valore sacramentale del matrimonio dei battezzati non credenti. Lungi da un approccio puramente casistico, la questione viene inserita nell’ampio quadro teologico di un documento la cui intenzione fondamentale è di mettere in rilievo l’intrinseco legame che unisce fede e celebrazione dei sacramenti. Si tratta di evitare tanto una fede così eterea che si disancori dalla vita ecclesiale e dalla pratica sacramentale quanto un concezione «magica» dei sacramenti, scollegata dalla vita di fede.

I primi capitoli del documento, appoggiandosi alle fonti normative della fede cristiana, mettono in risalto il carattere dialogale di tutta l’economia sacramentale della salvezza e la reciprocità vitale tra fede e sacramenti. La fede quale risposta, sotto la grazia, dell’uomo all’iniziativa salvifica di Dio entra nella struttura stessa dell’atto sacramentale. Questo vale per ciascuno dei sette sacramenti della Chiesa, pure attuandosi in ciascuno di loro in un modo specifico. La Cti ha messo a fuoco i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana e il caso molto speciale del sacramento del matrimonio (§§ 135-182).

Seguendo uno schema già applicato agli altri sacramenti contemplati, il documento comincia col delineare, partendo dalla Scrittura e dalla Tradizione, la natura e il profilo sacramentale del matrimonio cristiano (§§ 135-142). Poi, esso si ferma a lungo — quasi un quarto del documento — sul problema teologico e pastorale posto dal matrimonio tra «battezzati non credenti» (n° 143-182). Dato che il battesimo è il sacramento della fede, la nozione stessa di «battezzati non credenti» è a dir poco paradossale. Però, si tratta di una situazione di fatto, purtroppo ampiamente diffusa. Di fronte a questa situazione, due errori pastorali vanno evitati quando battezzati non credenti chiedono di sposarsi «in chiesa».

Il primo è l’automatismo sacramentale che, con il pretesto “teologico” che ogni matrimonio tra due battezzati è di per sé sacramentale, prescinde senz’altro dalla loro fede personale; il che porta non di rado a celebrazioni menzognere e poco edificanti.

Il secondo è di imporre, come se la Chiesa fosse una dogana, delle esigenze elitiste ed eccessive quanto al grado di fede richiesto. Il “pistometro”— apparecchio per misurare il grado di fede — non è ancora stato inventato! Spetta piuttosto al pastore soffiare sulle braci forse nascoste sotto le ceneri.

Per far luce sulla questione, la Cti presenta le coordinate teologiche del problema e segue un percorso sistematico attraverso i recenti documenti ecclesiali, dal documento della Cti sul matrimonio (1977), in cui il problema era già sollevato, fino agli insegnamenti degli ultimi Papi, senza dimenticare la giurisprudenza canonica (cfr. §§ 146-165). Orbene, questo percorso punta a una tesi precisa che la Cti riprende, sviluppa e difende: l’assenza totale di fede personale rende dubbia la validità del matrimonio sacramentale nella misura in cui essa può compromettere l’intenzione minimale di contrarre un matrimonio naturale. In effetti, la grazia suppone la natura e il matrimonio quale sacramento suppone l’esistenza del matrimonio “naturale” che viene elevato a un significato soprannaturale e a una causalità di grazia. Se dunque la realtà naturale viene meno, il sacramento non può attuarsi.

Ora, la Cti prende atto dei profondi cambiamenti culturali contemporanei. La verità del matrimonio naturale è inseparabile da una precisa antropologia fondamentale — la persona come essere di comunione, la sacramentalità del corpo umano sessuato... — la quale spiega e giustifica le note che definiscono il matrimonio naturale: indissolubilità, fedeltà, apertura alla vita... Questa verità della persona umana è accessibile di diritto all’esperienza riflessiva dell’uomo. Però, nei fatti, l’uomo concreto ha spesso bisogno che essa sia confermata e protetta dalla fede. Ora, dal declino sociale della fede cristiana e da qualche altro fattore risulta che questa verità non è più oggi un riferimento comune condiviso. Anzi, non solo essa viene respinta da molti individui, ma diverse antropologie del tutto incompatibili con questa visione dell’uomo hanno imposto il loro predominio nelle istituzioni culturali, giuridiche e politiche. La banalizzazione del divorzio, la diffusione di una mentalità contraccettiva, l’occultamento della differenza sessuale, ma anche, in modo più radicale, la concezione del senso della vita come individualistica realizzazione di sé, contribuiscono a indebolire negli animi la visione antropologica su cui poggia il matrimonio naturale.

Pertanto, quando viene meno la fede personale vissuta (questa grazia che risana e perfeziona la natura, direbbe san Tommaso), è sempre più improbabile che i nubendi abbiano l’intenzione di fare ciò che la Chiesa intende fare quando celebrano il matrimonio e, per tanto, è lecito dubitare della validità del sacramento celebrato in queste condizioni. Certo, bisogna non sottovalutare la stupenda potenza della natura, la quale è in grado di resistere a tante deformazioni culturali. La forza del loro amore, la bellezza attraente della vita di famiglia... non di rado porta i non credenti a intravedere e desiderare la verità del matrimonio naturale. Resta il fatto che la percezione di questa verità del matrimonio è minacciata quando non viene coltivata in un ambiente, personale e comunitario, di fede vissuta.

In ultima analisi, spetta ai pastori discernere quale sia l’intenzione dei battezzati non credenti quando chiedono di sposarsi “in chiesa”, ma i principi dispiegati nel documento della Cti offrono loro orientamenti preziosi, fondati sulla verità umana e cristiana del matrimonio.