La papessa Giovanna, di Ferdinando Antonelli
Riprendiamo da l'Enciclopedia Cattolica, VI, Città del Vaticano, 1951, coll. 482-486, la voce “Giovanna, papessa”. Per uno studio moderno più dettagliato, cfr. A. Boureau, La papessa Giovanna, Torino, Einaudi, 1991.
Il Centro culturale Gli scritti (19/7/2010)
Esempio tipico di come nasce, si sviluppa e tramonta una leggenda.
SOMMARIO: I. Fonti e contenuto. - II Diffusione e sviluppo della leggenda. - III. Origine della leggenda. - IV. Tramonto della leggenda.
I. FONTI E CONTENUTO. - Fino alla metà del sec. XIII la leggenda della papessa G. è sconosciuta. Le varie notizie che si trovano in cronisti o scrittori anteriori a quell'epoca, furono interpolate successivamente. Nel manoscritto del Liber pontificatis, Vat. lat. 3762, del sec. XII, p. es., la notizia della papessa G., fol. 124r, è un'aggiunta del sec. XIV (cf. Lib. Pont., II, p. XXVI; riproduzione fototipica dopo p. XXIV).
Le fonti della papessa G. incominciano con la metà del sec. XIII e si possono dividere in due gruppi.
A capo del primo gruppo vi è la Chronica universalis Mettensis, composta verso il 1250 e attribuita a Giovanni de Mailly, O.P. (ed. G. Waitz, in MGH, Scriptores, XXIV, p. 514). Qui dopo Urbano II (m. nel 1099) viene introdotta una donna, senza indicazione del nome, la quale fingendosi uomo diviene notaio di curia, cardinale, papa. Un giorno salendo a cavallo partorisce ed è lapidata. Con poche varianti la favola viene accolta da Stefano di Bourbon, O. P., (m. ca. il 1262) nel suo De diveris materiis praedicabilibus (Quétif-Echard, I, p. 367) e nella Chronica minor di un frate minore di Erfurt (ca. 1265) edita da O. Holder-Egger (MGH, Scriptores, XXIV, p. 184); qui però la papessa è collocata dopo Sergio III (m. nel 914).
A capo del secondo gruppo di fonti vi è il Chronicon pontificum et imperatorum di Martino Polono, O. P. (m. nel 1279; ed. L. Weiland, ibid., XXII, p. 428). Si discute se il testo sulla papessa sia di Martino o aggiunto da altri; in questo caso l'aggiunta non è molto posteriore, poiché nel 1312 Ptolomeo di Lucca (Hist. eccl., 16,8) dice che tutti i manoscritti di Martino da lui letti la contengono. Nel Chronicon di Martino Polono la leggenda si precisa: dopo Leone IV (m. nell'855) sale sul trono papale Giovanni Anglico, di Magonza e vi siede oltre due anni e mezzo; «hic, ut asseritur, femina fuit». Da giovane, vestita da uomo fu condotta ad Atene da un amasio, divenne dottissima, si trasferì a Roma ed insegnò, e finalmente fu assunta al papato; il sesso la tradì e un giorno andando da S. Pietro al Laterano, fra il Colosseo e la chiesa di S. Clemente, partorì, e morta fu ivi sepolta. Per questo, soggiunge il Polono, da allora in poi i papi, come si crede, non passano più per quella via. Da Martino Polono dipendono, con alcune varianti, Martino Minorita, nella sua opera Flores temporum, scritta verso il 1292 (ed. O. Holder-Egger, in MGH, Scriptores, XXIV, p. 243) e molti altri.
II. DIFFUSIONE E SVILUPPO DELLA LEGGENDA. - Per mezzo soprattutto della divulgatissima cronaca di Martino Polono, la leggenda si diffuse rapidamente e si impose universalmente, dal sec. XIV fino alla metà del sec. XVI. Nel duomo di Siena furono introdotti, verso il 1400, i busti dei papi e vi fu ammesso anche quello della papessa G. In pieno Concilio di Costanza, Giovanni Hus si appellò alla papessa senza che nessuno lo contraddicesse. Peggio ancora: la leggenda si accrebbe di un'altra leggenda ancor più strana, quella della probatio sexus, di cui si trovano i primi indizi già alla fine del sec. XIII. La spudoratezza degli umanisti e l'odio dei protestanti verso il papato sfruttarono largamente questa volgare e sciocca creazione della fantasia popolare.
III. ORIGINE DELLA LEGGENDA. - Sono state tentate varie spiegazioni. Quella più probabile si basa su questi elementi:
a) Nel sec. X vari Papi rimasero sotto l'influsso di tre donne potenti: Teodora, moglie di Teofilatto, e le figlie Teodora e Marozia. In quel secolo ci furono quattro papi di nome Giovanni: X, XI, XII, XIII. Di Giovanni XI (931-35) il contemporaneo Benedetto di S. Andrea del Soratte nel suo Chronicon scrive: «subiugatus est Romam potestative in manu feminae» (MGH, Scriptores, III, p. 714). Da questo il passaggio all'idea di una donna salita sul trono pontificio non era difficile.
b) Altro elemento di particolare importanza si ha nell'esistenza di una statua di donna con un bambino presso la chiesa di S. Clemente, e di un'iscrizione. La statua è ricordata anche nei Mirabilia del sec. XIV: «Item iuxta Coliseum in platea iacet ymago que dicitur papa femina, cum puero» (ed. G. Parthey [Berlino 1869], testo latino, traduzione e commento di I. F. Corti, Albano 1930, p. 58). Secondo il Tomassetti la statua, rinvenuta al tempo di Sisto V presso la chiesa di S. Clemente, sarebbe forse da identificarsi con Giunone che allatta Ercole, esistente oggi nel Museo Chiaramonti (cf. G. Tomassetti, La statua della papessa G., in Bull. della Commiss. arch. comun. di Roma, 35 [1907], p. 90 sg.). Quanto all'iscrizione è da notare che già nella prima notizia sulla papessa, quella della Chronica univ. Mettensis, viene riportata l'iscrizione che sarebbe stata posta sulla sua tomba: Parce pater patrum papissae prodito partum. Presso Stefano di Bourbon si legge invece: Parce pater patrum papissae prodere partum. Si conoscono altre due versioni: Papa pater patrum papissae pandito partum, e : Papa pater patrum peperit papissa papellum. Analizzando le quattro versioni si trovano questi elementi comuni: P... pater patrum P P P. Il titolo pater patrum era caratteristico dei sacerdoti di Mithra, e proprio sotto la chiesa di S. Clemente è stato rinvenuto un grandioso speleo mitriaco. L'abbreviazione PPP è frequente nell'epigrafia funeraria e in quella dedicatoria, ove spesso significa propria pecunia posuit. Sicché la spiegazione più ovvia è che si sia trattato di un'iscrizione dedicatoria di un certo P[apirius ?], sacerdote di Mithra, fatta a sue spese.
c) Finalmente un terzo elemento che può aver influito a confermare la leggenda era il fatto che i papi, andando da S. Pietro al Laterano, evitavano di passare per quella strada, ciò che dipendeva solo dal fatto che la strada era troppo stretta per il corteo papale.
Quanto alla seconda leggenda, quella della probatio sexus, la spiegazione è più facile. Nel sec. XIII invalse l'uso che il Papa nuovo eletto, prendendo possesso del Laterano, si sedesse sopra una sedia di porfido perforata, proveniente probabilmente da qualche antico edificio termale, mentre veniva cantato il versetto del salmo: et de stercore erigens pauperem. Nata che fu la favola della papessa, la fantasia popolare suscitò l'altra leggenda della prova del sesso, e molti scrittori umanistici continuarono a divulgare l'insulsa notizia contro la realtà dei fatti, come è provato, p. es., da Agnolo di Scarperia, il quale, descrivendo come testimonio oculare l'elezione di Gregorio XII (1406), accenna alla diceria che definisce «insanam vulgi fabulam» (citato dal Döllinger, op. cit. in bibl., vers. it., p. 36).
IV. TRAMONTO DELLA LEGGENDA. - Non erano mancati dubbi fin dal sec. XIII, ma veri studi capaci di dimostrare l'infondatezza della leggenda della papessa G. si ebbero solo dalla metà del sec. XVI in poi. Fra i primi meritano di essere ricordati:
Onofrio Panvinio (m. nel 1568), nelle note alle Vite dei papi del Platina (I, Venezia 1663, pp. 208-11); il card. Bellarmino, De Romano Pontifice (Ingolstadt 1586), t. I, 1. III, cap. 24; Florimondo di Rémond, Erreur populaire de la papesse Jeanne (Parigi 1588); e il protestante D. Blondel, Familier esclaircissement de la question, si une femme a esté assise au siège papal de Rome entre Léon IV et Benoit III (Amsterdam 1647). Fra i più recenti merita particolare menzione l'opera del Dollinger.
Una confutazione della leggenda oggi è superflua. Basti notare che fino al sec. XIII nessuna fonte accenna ad un fatto cosi straordinario. La serie poi dei papi come la si conosce oggi non ammette alcun intervallo fra Leone IV e Benedetto III, dove viene inserita più comunemente la papessa, né ad altre date del sec. XI.
Bibl.: J. v. Döllinger. Die Papstfabeln des Mittelalters, 2ª ed . Stoccarda 1890, vers. it. sulla lª ed. tedesca (1863), Favole del medioevo intorno ai Papi, Torino 1866; E. Müntz, La légende de la papesse Jeanne dans l'illustration des livres, du XVe, au XIXe siècle, in Bibliofilia, 2 (1900), pp. 325-39; F. Vemet, Jeanne la Papesse, in DFC, II (191l), coll. 1253-70; E. Vacandard, Etudes de critique et d'hist. Religieuse, Parigi 1923, pp. 13-39.