Albert Einstein e la pace nel mondo. Vi spiego perché la fisica è molto più semplice della politica, di Arturo Colombo
Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 2/6/2010 un articolo scritto da Arturo Colombo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (16/6/2010)
Come geniale inventore della teoria della relatività Albert Einstein lo conoscono tutti (o quasi). Pochi, invece, sanno che Einstein occupa un posto anche nel pensiero politico del XX secolo: malgrado non sia stato, come qualcuno pretende, un "pacifista" intransigente. "Il mio ideale politico è l'ideale democratico" ha scritto in Come io vedo il mondo (1934), un suo libro fondamentale per capire che tipo fosse, compreso il suo anti-militarismo: "L'eroismo a comando - sosteneva nel 1930 - gli stupidi corpo a corpo, il nefasto spirito nazionalista, come odio tutto questo, e quanto la guerra mi appare ignobile e spregevole".
Ma appena avverte le ombre minacciose del nazismo di Hitler, Einstein rivela una notevole dose di realismo. E il 20 luglio del 1933 a un pacifista francese che sosteneva l'obiezione di coscienza, replica secco: "Devo dirle candidamente che nelle attuali circostanze, se io fossi un francese o un belga, non rifiuterei il servizio militare; piuttosto presterei un tale servizio di buon grado, convinto così di contribuire a salvare la civiltà europea". Poi abbandona per sempre il Vecchio Continente, non senza lanciare questa provocatoria domanda retorica: "Ma il mondo non vede che Hitler punta alla guerra?".
Di lì a pochi anni, è pronto a rivolgersi due volte - il 2 agosto 1939 e il 7 marzo 1940 - a Franklin D. Roosevelt, allora presidente degli Stati Uniti, per spingere quel Paese a intensificare le ricerche (e i relativi finanziamenti) intorno all'uso dell'uranio per fini bellici, così da annullare il rischio che gli scienziati tedeschi, al soldo di Hitler, riuscissero per primi a fabbricare una simile bomba - salvo confessare, a guerra finita: "Se avessi saputo che i tedeschi non sarebbero riusciti a costruire la bomba atomica, non avrei alzato un dito".
Già nel luglio del 1941 - in piena guerra - rispondeva a un altro pacifista che "la forza organizzata si può combattere soltanto con la forza organizzata", pur ammettendo con franchezza che "per quanto ciò mi dispiaccia moltissimo, non c'è altro modo". Ecco un'ulteriore conferma che Einstein non è mai stato un ingenuo visionario, incapace di misurarsi con la terribile realtà di quegli anni. Tant'è vero che all'indomani della fine del secondo conflitto mondiale, non rinunciava a riconoscere che "fin quando ci saranno gli uomini, ci saranno le guerre" - parole che si ritrovano in un godibilissimo libro-antologia di Einstein, Pensieri di un uomo curioso a cura di Alice Calaprice (Milano, Mondadori, 1997).
Poi, a pochi mesi dalla fine della guerra, intervenendo su "Atlantic Monthly" con l'articolo "Guerra atomica o pace", Einstein aveva posto subito in chiaro che "la scoperta dell'energia atomica non ha creato un nuovo problema, ma ha solo reso urgente la necessità di risolverne uno già esistente". Che voleva dire non già illudersi di cancellare dal mondo il fenomeno bellico, quanto piuttosto affrontare il "nodo" degli Stati nazionali sovrani, che comportano il rischio, sempre incombente, di nuovi contrasti e nuovi scontri.
Sul "New York Times" del 15 settembre 1945 Einstein torna a ribadire che "l'unica salvezza per la civiltà e per la razza umana sta nel creare un Governo mondiale, che fondi sul diritto la salvezza delle nazioni". E dopo pochi mesi, sullo stesso giornale, insiste e aggiunge che "questo Governo mondiale deve essere fondato su una costituzione chiara, approvata dai Governi e dalle nazioni, e deve avere a disposizione l'uso esclusivo delle armi".
Da fermo individualista, Einstein ha sempre diffidato della politica, e soprattutto dello strapotere dei Governi, pur riconoscendo che "un Governo mondiale è preferibile al male, di gran lunga peggiore, rappresentato dalle guerre". E infatti, quando nell'ottobre del 1947 i delegati di cinquantacinque Governi si riuniscono nell'assemblea generale dell'Onu, in una "lettera aperta" preciserà: "Le Nazioni Unite oggi e un Governo mondiale domani devono porsi un unico scopo: la garanzia della sicurezza, della pace e del benessere per tutta l'umanità".
Einstein aveva anche un forte sense of humour, tant'è vero che nell'ultima intervista rilasciata al "New York Times", apparsa postuma il 22 aprile del 1955, a chi gli chiedeva perché si fosse riusciti a scoprire l'atomo, ma non si fosse ancora capaci di trovare i mezzi per controllarlo, aveva risposto: "È semplice, amico mio, perché la politica è più difficile della fisica".
(©L'Osservatore Romano - 2 giugno 2010)