La leggenda anti-clericale creata ad arte dall’illuminismo che il medioevo discutesse dell’anima delle donne. Breve nota di Andrea Lonardo, con voce da Cathopedia

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 20 /08 /2017 - 13:53 pm | Permalink | Homepage
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1/ Breve nota di Andrea Lonardo

Riprendiamo sul nostro sito una breve nota di Andrea Lonardo.

Il centro culturale Gli scritti (20/8/2017)

Ogni volta che si ascolta qualcuno affermare che la Chiesa dubitò dell’esistenza dell’anima nella donne, si deve ritenere la suddetta persona un “ciuccio”, anche se comunque un “asino” dotato di “anima”. Ovviamente il giudizio a discredito diverrebbe molto più grande se la persona in questione si fregiasse del titolo di “storico”[1] e non di semplice opinionista: in questo caso il “ciuccio” avrebbe sempre un’“anima”, ma i suoi titoli di studio varrebbero carta straccia.

L’unica presunta attestazione di una tale discussione sarebbe rinvenibile non in un Concilio ecumenico, bensì in un Sinodo provinciale di nessuna importanza che si tenne a Mâcon nel 585. Siamo agli inizi della Chiesa dei franchi e vennero riuniti dal vescovo Prisco di Lione esclusivamente i vescovi delle Gallie per discutere di temi assolutamente non inerenti la donna: il riposo domenicale, il battesimo dei bambini, le decime, il diritto di asilo nelle chiese.

In quell’occasione - racconta Gregorio di Tours – un unico vescovo sollevò una questione linguistica, se cioè fosse giusto utilizzare semplicemente il termine maschile homines per rivolgersi anche alle donne (mulieres) o se si dovesse utilizzare homines et mulieres – si pensi alla discussione odierna sul gender se sia bene utilizzare “uomini-uomini/maschi” per indicare tutti i generi o se sia meglio specificare. Si intuisce facilmente che il vescovo non aveva in mente nessuna affermazione di valore antropologico, ma volesse chiarire la terminologia di Genesi, senza alcun riferimento ad una minore dignità di uno dei due sessi.

Come che siano le cose, i suoi colleghi risposero all’unanimità che il termine homines comprendeva anche le mulieres, ma non essendo materia di discussione, bensì di pura discussione filologico-esegetica, non si trova traccia di tale discussione nei canoni del Sinodo che trattano di tutt’altro.

Se poi il sunnominato “ciuccio” fosse in grado di provare che in quell’unico caso - in cui in realtà si parlava di tutt’altro -, un unico vescovo avesse comunque ritenuto di questionare sulla cosa, si troverebbe comunque ad avere un solo caso in circa 1500 anni di storia (dicesi 15 secoli!), nel silenzio assoluto sulla questione di papi, vescovi, preti, teologi, letterati, poeti, re, gente del popolo, opere d’arte, e così via

Si pensi, all’opposto, all’enorme stima che quei 5 secoli di storia hanno avuto della donna e della sua anima a partire dalla Vergine Maria, alla Maddalena e alle altre donne del seguito di Gesù, alle discepole di san Paolo, alle martiri, alle sante, alle regine, alle teologhe, alle principesse delle Chanson de geste, alle semplici donne del popolo: veramente non vi è motivo per la nascita di una simile leggenda se non in un pre-giudizio anti-clericale.

Gli “illuminati” somarelli vorrebbero far credere ai loro lettori che la Madonna, Anna sua madre, Elisabetta madre del Battista, Anna la profetessa, la Maddalena, Maria di Cleofe, Febe, Prisca, Cloe, Evodia, Sintiche e le altre discepole di Paolo che affermò che non c’era più uomo né donna e che la donna pregava e profetizzava in assemblea (1 Cor 11,5), Lidia, Monica madre di Agostino e illa compagna di Agostino e madre di Adeodato, Melania l’anziana e sua nipote Melania la giovane che traduceva i libri dal greco al latino per Agostino, Proba, Paola e Eustochio, Cecilia e Agnese, Agata e Lucia, Barbara, Caterina d’Alessandria d’Egitto protettrice dei filosofi le cui reliquie sono nel monastero sul Monte Sinai, Elena imperatrice, Serena, Arianna, Macrina, Galla Placidia, Giulia Domna, Anicia Giuliana, Olimpiade, Pulcheria, Anna di Cipro, Gosvinta, Rabi’a, Hripsime, Rosvita, Theofano, Scirin, Teodolinda, Amalasunta, Teodora, Berta regina del Kent e prima sovrana cristiana di Canterbury e Londra, Brigida di Irlanda, Chiara d’Assisi, Vanna moglie di Jacopone da Todi, Ildegarda di Bingen, Matilde di Canossa, Cunegonda, Anna Comnena, Irene imperatrice, Digna, Aurea, Benilde, Colomba, Flora, Maria e le loro compagne martiri a Cordoba in Andalusia sotto l’Islam, Brunilde, Caterina da Siena, Giovanna d’Arco, Ginevra “amata” da Lancillotto, Isotta “amata” da Tristano, Adelaide, Giovanna Latina, la regina Elisabetta d’Ungheria, Iacopa de’ Settesoli, Scolastica, Eloisa, Francesca amata da Paolo, Piccarda Donati, Beatrice, Laura, Fiammetta, Brigida di Svezia, Francesca Romana, Costanza d’Altavilla, Giovanna I regina di Sicilia, e così via (e non si dimentichi il De mulieribus claris del chierico Boccaccio), non avrebbero avuto l’anima secondo la Chiesa dei primi 15 secoli?

Per approfondimenti cfr.

- R. Pernoud, Immagini della donna nel Medioevo, Jaca

- J. Leclercq, La figura della donna nel Medioevo, Jaca

In chiave divulgativa e scolastica, cfr. R. Pernoud - G. Bacchin, Una giornata con… una castellana medioevale, Jaca

2/ Voce da Cathopedia, La leggenda dell’anima delle donne (al 7/8/2017)

Con leggenda dell'anima delle donne si intende la convinzione secondo la quale la Chiesa cattolica avrebbe a lungo dibattuto circa l'esistenza o meno di un'anima nelle donne. Il dibattito sarebbe stato risolto nel Secondo concilio di Mâcon (585), con esito affermativo o negativo a seconda versioni della leggenda.

Si tratta di un mito anticattolico elaborato e diffuso a partire dalla riforma protestante, poi tramandatosi durante l'illuminismo del 700 e il positivismo dell'800, al pari di altre leggende nere sul medioevo (p.es. la leggenda dell'anno 1000, lo ius primae noctis, la leggenda della Terra piatta, l'ampliamento dell'efferatezza di inquisizione e crociate).

Fonti

Coloro che citano il dibattito circa l'anima delle donne non riportano documenti (prediche, opere patristiche, sinodi, encicliche) che avrebbero trattato l'argomento. L'unica fonte citata è il Secondo concilio di Mâcon (Mansi 9,947 ss., online). Tuttavia la consultazione dei canoni del concilio (o meglio sinodo locale) permette di constatare come non si è trattato né deliberato sull'argomento. L'origine del mito va trovata nel resoconto del concilio come riportato dal cronista Gregorio di Tours (Historiarum Francorum 8,20), dove viene anche marginalmente descritto un episodio che però non ha a che fare con l'anima delle donne.

Testo latino[2] Traduzione italiana

[...] Extetit enim in hac synodo quidam ex episcopis, qui dicebat, mulierem hominem non posse vocitare. Sed tamen ab episcopis ratione accepta quievit, eo quod sacer Veteris Testamenti liber edoceat, quod in principio, Deo hominem creante, ait: Masculum et feminam creavit eos, vocavitque nomen eorum Adam, quod est homo terrenus, sic utique vocans mulierem ceu virum; utrumque enim hominem dixit.

Sed et dominus Iesus Christus ob hoc vocitatur filius hominis, quod sit filius virginis, id est mulieris. Ad quam, cum aquas in vina transferre pararet, ait: Quid mihi et tibi est, mulier? et reliqua. Multisque et aliis testimoniis haec causa convicta quievit.

Praetextatus vero Rotomagensis episcopus orationis, quas in exsilio positus scalpsit, coram episcopis recitavit. [...]

[...] Ci fu in questo sinodo uno dei vescovi che diceva che la donna non poteva essere chiamata uomo. Ma si ricredette per le argomentazioni dei vescovi, poiché il libro sacro dell'Antico Testamento insegna che in principio, quando Dio creò l'uomo, dice (Gen 5,1-2): Maschio e femmina li creò, e chiamò il loro nome Adamo, cioè uomo di terra. Così, citando la donna e l'uomo, chiamò entrambi "uomo".

E anche il Signore Gesù Cristo è chiamato "figlio dell'uomo", poiché era figlio di una vergine, cioè una donna. A lei disse quando trasformò l'acqua in vino: Cosa c'è a me e a te, donna? eccetera (Gv 2,4). A causa di molte e altre testimonianze questa discussione cessò.

Pretesto, vescovo di Rouen, recitò davanti ai vescovi un'orazione che aveva composto nel suo esilio. [...]

Il passo dunque non dibatte dell'anima nella donna né della sua natura umana, ma riporta solo la curiosità linguistica di un vescovo del sinodo circa l'inclusione delle donne nel termine "homo".

Origine della leggenda

L'origine della leggenda va trovata nell'opera Polygamia triumphatrix ("Poligamia trionfatrice") del pastore protestante Johannes Leyser (1676). In essa afferma circa il concilio di Mâcon: "Tra le altre cose, vi fu la gravissima dissertazione: le donne (mulieres) sono esseri umani (homines)? [...] E dopo molte discussioni la questione fu risolta, per cui le donne sono uomini"[3]. Leyser dunque per primo ha trasformato quella che era una mera discussione linguistica e marginale al concilio, in una vexata disputa antropologica, ontologica e dogmatica.

Similmente il pastore calvinista Pierre Bayle (1697) ha affermato: "Ciò che trovo molto strano è vedere che in un concilio (di Mâcon) è stato fortemente messo in discussione se le donne sono creature umane, ed è stato deciso di sì solo dopo un lungo esame"[4].

Forse più che in questi contributi confessionali ed eruditi, la causa dell'ampia diffusione della leggenda va trovata nell'accenno fatto dal marchese de Sade nel popolare e libertino romanzo Justine (1791), dove la donna viene così descritta: "Una creatura così perversa che fu seriamente dibattuto nel concilio di Mâcon, tra le molte sentenze, se questo individuo bizzarro, così diverso dall'uomo come lo è la scimmia della foresta, poteva aspirare al titolo di creatura umana, e se poteva ragionevolmente accordarsi con lui"[5].

Nella letteratura italiana è quasi divertente leggere il resoconto della questione su un periodico liberal-massonico preunitario del 1868: "Nel secondo Concilio di Macon, nell'anno 585, sotto Gontrano re di Borgogna, fu agitata per tre giorni la questione se la donna, essendo un animale, avesse un'anima. Quei santi vescovi disputarono calorosamente fra loro, e infine si degnarono stabilire (vera grazia suprema!!..) che fra gli uomini sono comprese pure le donne e quindi anch'esse hanno un'anima"[6].

Collegamenti esterni

- Légende du Concile de Mâcon su fr.wiki

- Vittorio Messori, "L'anima delle donne", in Pensare la storia, San Paolo, Milano 1992, pp. 501-04, online.

- Michael Nolan, Do Women Have Souls? The Story of Three Myths, New Black friars, Vol 74, No 876, November 1993, online.

Note al testo

[1] Nel grave errore è caduto anche il grande storico P. Brezzi, La civiltà del Medioevo europeo, 1978, p. 482.

[2] Gregorio di Tour, Historiarum Francorum 8,20 (PL 71,462-63, online).

[3] Johannes Leyser, Polygamia triumphatrix, ed. 1682, p. 123, online: "Et quod mirandum in Concilio Matisconensi, inter alia gravissima disceptatum fuit, an mulieres sint homines? Cum enim inter tot sanctos Patres Episcopus quidam in magna quidem autoritate constitutus, sed nimia devotione dementatus statueret, non posse nec debere mulieres vocari homines, restanti est habita, ut in timore Dei publice ibi ventilaretur, et tandem post multas vexatae huius quaestionis disceptationes concluderetur, quod mulieres sint homines".

[4] Pierre Bayle, Dictionnaire historique et critique, vol. I 2a parte, Amsterdam, Reinier Leers, 1697 (1a edizione), p. 1224 (nota C), online: "Ce que je trouve de plus étrange est de voir que dans un Concile [de Mâcon] on ait gravement mis en question si les femmes étaient une créature humaine, et qu’on n’ait décidé l’affirmative qu’après un long examen".

[5] Sade, Justine ou les malheurs de la vertu, online: "Une créature si perverse enfin, qu'il fut très sérieusement agité dans le concile de Mâcon, pendant plusieurs séances, si cet individu bizarre, aussi distinct de l'homme que l'est de l'homme le singe des bois, pouvait prétendre au titre de créature humaine, et si l'on pouvait raisonnablement le lui accorder".

[6] "La donna e il prete", in Roma papale svelata al popolo, Opuscolo primo, 1868, p. 26, online.