Pasqua 2010: nella notte 100 giovani ed adulti romani riceveranno il battesimo: alcune testimonianze (A. L.)
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«Ho spesso descritto il mio primo approccio alla Chiesa con l’analogia dell’esplorazione di una casa. Se la mia vita era come una casa di cui andavo gradualmente esplorando gli ambienti, reputavo che dietro la porta chiusa della problematica dell’esistenza di Dio ci fosse solo un ripostiglio angusto, ricettacolo delle anticaglie di un’epoca passata. Un giorno, e precisamente la prima volta che sono andato [ad ascoltare una catechesi sui 10 comandamenti], quella porta si è socchiusa rivelando una stanza enorme, più grande delle altre stanze viste fino a quel momento. Non ho mai deciso di entrare nella Chiesa, almeno non come frutto di un ragionamento; è stato un dato di fatto: un sasso era stato buttato nello stagno e non potevo far finta di nulla, ignorare qualcosa che interrogava così profondamente la mia vita».
Questa è una delle testimonianze dei circa cento giovani e adulti che, nella notte di Pasqua 2010, verranno battezzati nelle diverse parrocchie di Roma, dopo un cammino di due anni di preparazione.
Fra di loro c’è chi, pur non essendo stato battezzato dai genitori, vede la sua conversione in continuità con il proprio passato.
Racconta uno di essi che già i genitori avevano «impostato la mia educazione sui valori cristiani: il non giudicare, il perdono, la carità, l’amore e la comprensione per ogni essere umano. Con profonda umiltà posso sinceramente dire che non mi sono mai sentito ateo e ho sempre creduto nel grande valore dell’insegnamento di Gesù. Fin da ragazzo leggevo i Vangeli».
Per altri, invece, la fede è stata una scoperta inattesa.
Alcuni, ad esempio, vengono da paesi nei quali i governi avevano ferocemente avversato il cristianesimo: «Per quarant’anni il mio paese è stato sotto la dittatura comunista e perciò in questo periodo non è stato possibile praticare alcuna religione. La parola Dio esisteva, ma non era associata ad un Dio spirituale bensì alla forza della natura. Durante gli anni del regime comunista, inoltre, il dittatore voleva che noi lo considerassimo salvatore del nostro popolo e, quindi, che lo adorassimo come “Dio”. Per questo motivo ha distrutto e perseguitato tutte le religioni praticate nel nostro paese prima della sua dittatura. Nella nostra mente il dittatore doveva essere il nostro “Dio” e noi dovevamo “lodarlo” in ogni momento della giornata. Così, durante la mia infanzia, ho sempre associato la parola “Dio” al dittatore».
Un’altra testimonianza racconta: «Da piccola i miei genitori non mi fecero battezzare poiché, cristiani non praticanti, preferirono che fossi io in età matura a scegliere consapevolmente quale religione seguire data anche la difficoltà politica del mio paese di origine. Da quando sono in Italia, oltre dieci anni, ho incontrato varie persone di fede cristiana la cui testimonianza del vangelo ha fatto crescere in me pian piano la convinzione che chi si affida con umiltà e devozione a nostro Signore non resta mai deluso. Infatti la cosa che mi colpì di più dei miei amici era la speranza che li accompagnava in ogni prova della vita e che donava loro una serenità alla quale io stessa ambivo».
Molti, provenendo da famiglie atee, hanno incontrato il Signore tramite le parrocchie, i cammini ed i movimenti, più spesso tramite il fidanzato o fidanzata o, anche, nell’esperienza del divenire padri di una nuova creatura:
«Sono stato cresciuto in una famiglia atea e ho sempre nutrito nel corso della mia vita sentimento anticattolici, non mi sarei mai immaginato quindi di trovarmi a scrivere una lettera ad un vescovo. Sono sempre vissuto circondato da gente atea. Dio però ha avuto misericordia di me e mi ha fatto incontrare una ragazza cristiana, ora mia moglie, che ha cambiato la mia vita. I suoi genitori, soprattutto, con la loro umiltà e la loro semplicità, hanno insinuato in me la possibilità di credere nell’esistenza di Dio. Mi sono sposato con un matrimonio misto, ancora comunque forte e “orgoglioso” del mio ateismo. Dopo pochi mesi dal matrimonio però lei è rimasta incinta e questo avvenimento ha cambiato completamente il mio modo di pensare. Sarei diventato padre! Improvvisamente ho sentito tutta l’inadeguatezza che avrei avuto nello svolgere il compito di genitore e l’incredibile desiderio di dare a mio figlio la stessa luce che ho visto nella famiglia di mia moglie. È da quel momento che ho sentito forte la voglia di essere figlio di Dio».
Uno di loro racconta che, prima di incontrare la fede, pensava alla religione cattolica come a qualcosa di oppressivo, un modo di vivere e di approcciarsi alla realtà predeterminante: «Non mi ero mai reso conto che le mentalità atea e liberale hanno, ugualmente, una forte influenza sulla formazione di una persona, determinando ugualmente l’agire». Non essere stato battezzato, quindi, non ha significato essere «libero di scegliere», ma semplicemente vivere ed essere educato con altri valori e un’altra «bussola».
Altri vengono da altre religioni: «Sono figlio di una mamma cattolica e di un papà musulmano, il loro amore e rispetto reciproco ha fatto sì che io potessi essere libero e pronto per la chiamata di Dio e alla sua Chiesa».
Per qualcuno questa scelta implica anche l’accettazione di rischi personali, purtroppo anche nello stesso territorio italiano. Ma è forte la consapevolezza che il volto di Cristo che perdona e che lascia profondamente liberi i suoi figli è il vero volto di Dio e che solo nella croce di Cristo, che prende su di sé il male, è data al mondo la salvezza e la pace.
Una testimonianza afferma che, proprio davanti all’ingiunzione di un correligionario di obbedire senza discutere, è nato il desiderio di capire: «Ho detto a quell’uomo che ci avrei pensato e ho incominciato a studiare la storia del mio paese. Ho scoperto che inizialmente eravamo cristiani, con nomi e tradizioni cristiane».
Un altro afferma: «Mi sono così rivolto [ad un sacerdote] che conosco da tanti anni, per iniziare un cammino di fede (provo grande inadeguatezza anche solo a scriverlo) attraverso una formazione nella quale continuo a trovare le risposte che, invano, ho tanto cercato negli anni vissuti in ribellione verso la mia religione di origine a causa di un formalismo e ritualismo, trasmessi dalla mia famiglia, nei quali stavo precipitando anche io; ho riconosciuto, durante questo cammino di fede, tanti momenti della mia vita nei quali lo Spirito Santo aveva agito, preparandomi (la vicenda della mia famiglia, la decisione di sposarmi in Chiesa, la gioia per il battesimo dei miei figli, l’adesione già in passato quasi istintiva ai valori cristiani, la irresistibile attrazione per la Parola di Gesù Cristo) ed ho così compreso di essere stato scelto; ho sperimentato l’amore del Signore nella fratellanza con gli altri catecumeni, i miei garanti e gli altri fratelli che, numerosi, continuano ad accompagnarmi; ho conosciuto la Sua misericordia quando ho capito il significato dell’obbedienza che avevo vissuto in passato come un atteggiamento formale».
L’incontro con la fede ha rappresentato la scoperta di un nuovo sguardo con cui è possibile accogliere se stessi e la vita:
«Potrei dire tante cose. Dico, davvero in breve, che la mia vita da quei giorni è cambiata, che Dio e Gesù Cristo mi ha liberato da tante morti che vivevo, che ha fatto luce su una quantità enorme di inganni, di casini, subiti e provocati, sulle mie povertà, le mie ferite, paure, cominciando a sanarle, con gradualità, pazienza, e infinita tenerezza, aspettando ogni volta che fossi pronta a farmi correggere. Che Dio e Gesù mi ha riempito di doni e di regali, e mi ha dato gli occhi per poter capire e vedere quanto è ricca e meravigliosa la vita che mi ha dato, e ogni giorno mi da la via per poter sentire il suo amore. Questa luce ha toccato anche alcuni fatti della mia incasinata famiglia. Ho ricevuto tanto e non ho le parole per ringraziare per tutte le persone, e la Provvidenza che ha messo lungo il mio cammino, uno tra questi ultimi doni G., con cui sto vivendo un modo per me nuovo e più di stare insieme. Credo e so che lo Spirito Santo mi ha guidato in questo tempo, e oggi mi è più chiaro che questo Battesimo è un dono di Dio e che lì sicuramente si incontra la mia volontà con la Sua».
Un’altra catecumena racconta:
«Per scrivere la mia domanda, ho ripreso in mano i miei diari, il primo dei quali porta la data 11 aprile 2000. Avevo 25 anni e definivo quello “il momento più difficile della mia vita”. In queste pagine ho trovato una cosa davvero inaspettata, che non ricordavo: a volte mi rivolgevo a Dio, a Gesù, pregando disperatamente per me e per altre persone. Credo a questo punto di non essere mai stata atea (ammesso che esistano veri atei) ma sicuramente ero una fervente anti-cattolica, cresciuta in una famiglia protestante. Ho trovato tante invocazioni a Dio nella mia disperazione, ma non avrei mai creduto che Dio avrebbe risposto alle mie preghiere: nel diario scrivevo “urla il mio cuore: Dio, aiuto! Ma perché dovrebbe ascoltarmi? Una persona come me...”. Tanto meno potevo credere che avrebbe risposto attraverso la chiesa cattolica. Non mi dilungherò ulteriormente nella descrizione dell’inferno che ho vissuto. Oggi so che purtroppo sono “luoghi” frequentati da tante, troppe anime di questo mondo, e pertanto piuttosto noti. Ma voglio ricordare che è proprio in quell’inferno di solitudine, disistima, confusione, sfiducia totale, è proprio nella mia fragilità che il Signore Gesù Cristo è venuto a cercarmi per farsi incontrare».
La fede spinge ad amare ancor più le persone che si sono incontrate:
«A lungo, prima di convertirmi, favoleggiavo di essere in un’altra epoca, in un altro momento, in un altro posto. Ora so, non perché ci abbia riflettuto ma perché è nata in me una tale coscienza, che il mio posto è ora e ovunque il Signore mi voglia portare nella missione da lui affidatami, e questo mi ha liberato immensamente. E questo ruolo è strettamente legato al sacramento del Matrimonio. La via del matrimonio mi è stata chiaramente indicata al termine del pellegrinaggio a Santiago de Campostela quando il Signore, in un momento di deserto spirituale, ha instillato in me un’intuizione fondamentale. “La vita con I. è Verità” è risuonato e risuona tuttora in me, e ne ho avuto quotidianamente riscontro in questi primi 16 mesi di matrimonio».
La ricerca di Dio, nata da una sete di pienezza mai soddisfatta, trova ora qualcuno che non inganna:
«Sono cresciuta senza che mi venisse offerta almeno l’ipotesi dell’esistenza di Dio. In adolescenza e in età adulta, nonostante alcune persone mi avessero spronato a condurre un cammino di conversione ho persistito nella scelta di non accogliere il loro annuncio.
Allora non potevo comprendere l’esistenza di Dio annunciatami come “sorgente di acqua viva” perché ingannata dal credere che la mia linfa fossero le mie opere. Alimentavo la mia anima delle cose vane del mondo; paradossalmente “più mangiavo più diventavo magra”. Cercavo me stessa negli affetti, nel lavoro, nella realizzazione di obiettivi irraggiungibili…
Fino al giorno in cui sfinita da una ricerca di appagamenti che mi conducevano solo nell’abisso del nulla e trovando intorno a me solo risposte che mi riportavano all’ambiguità e al compromesso, ho gridato con disperazione che qualcuno mi aiutasse. Era una mattina di novembre 2006. Dio ha avuto misericordia di me. Da quel momento, ha permesso che cominciassi a comprendere le parole di Salvezza delle stesse persone che da sempre mi annunciavano la sua Esistenza».
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