1/ [Origine medioevale e sviluppo dell’]Università, di Carla Frova 2/ Università. Ambito Bizantino, di Marina Loukaki
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Riprendiamo da A. Vauchez (dir.), Dizionario Enciclopedico del Medioevo, vol. III, Roma, Città Nuova-Les Éditions du Cerf-James Clarke & Co., 1999, pp. 1991-1993 le voci Università e Università. Ambito Bizantino. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Storia e filosofia e Università, in particolare, L'università nella sua storia, di Goffredo Coppola - Guido Calogero - Francesco Guidi.
Il Centro culturale Gli scritti (12/3/2017)
1/ Università, di Carla Frova
La parola «università» delle lingue europee moderne fa riferimento a due realtà per le quali il Medioevo usava due termini distinti: l'istituzione che organizza e controlla l'insegnamento superiore (universitas), e il contenuto dell'attività didattica e di ricerca, il complesso delle discipline, i metodi (Studium).
L'U. nasce nel corso del XII secolo. Su un piano generale essa è certamente una manifestazione delle grandi trasformazioni che caratterizzano la società europea nei secoli successivi al Mille. Le discussioni nascono quando si cerca di fissarne l'origine in modo più puntuale: l'U. sarebbe un'evoluzione delle scuole cattedrali dell'XI-XII secolo, o al contrario, di scuole laiche municipali (di grammatica, notariato, diritto); avrebbe antecedenti nelle scuole superiori di diritto della tarda età romana; presenterebbe analogie con istituzioni di insegnamento del mondo islamico.
In realtà l'U. è una creazione originale dei secoli centrali del Medioevo, sia dal punto di vista organizzativo, sia dal punto di vista culturale, nonostante i debiti che per il secondo aspetto essa ha verso le scuole cattedrali (soprattutto per la filosofia e la teologia). Intellettuali formatisi in quegli ambienti abbandonarono ad un certo punto i quadri istituzionali entro i quali avevano, sino ad allora, svolto attività di ricerca e di insegnamento, per dare vita ad esperienze autonome e, all'inizio, spontanee: radunarono intorno a sé gruppi di scolari, che liberamente li scelsero come Maestri, offrendo loro un compenso in cambio delle lezioni: queste consistevano nella lettura (lectio) dei testi degli autori da parte del maestro che li illustrava con Glosse e commenti. In seguito si fissò, accanto alla lezione magisteriale, un secondo metodo didattico che prevedeva una partecipazione più attiva da parte degli studenti: la disputa (Disputatio). Le nuove scuole si svilupparono inizialmente in due centri: Parigi, dove fiorirono gli studi di filosofia e di teologia; Bologna, che attirò studenti di diritto civile e canonico.
Elaborare contenuti scientifici e trasmetterli di generazione in generazione era ormai un vero e proprio mestiere. Esso non poté restare a lungo privo di una regolamentazione giuridica che gli desse stabilità e riconoscimento sociale.
Nacquero così le istituzioni universitarie, che appaiono notevolmente mature già nel corso del Duecento. Esse erano il risultato dell'azione (ora concorde, ora conflittuale) di due forze. Da un lato quella dei maestri e degli studenti, che, secondo una tendenza diffusa nella società del tempo, sentivano l'esigenza di associarsi in organizzazioni corporative (appunto le universitates) per definire la propria fisionomia di gruppo e regolare autonomamente la propria attività.
L'autogoverno dello Studium poteva essere nelle mani dei maestri (a Parigi), oppure nelle mani degli studenti (a Bologna): si suole dire un po' schematicamente che il «modello» bolognese di universitas era tipico dei centri di studio della Penisola italiana, mentre quello parigino era destinato a diffondersi nel resto dell'Europa.
Le corporazioni universitarie governavano la vita della scuola in tutti i suoi aspetti: i curricula degli studi nei vari settori disciplinari, i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi, le procedure degli esami e della concessione dei titoli, la remunerazione dei docenti, la disciplina cui dovevano sottostare i maestri, gli studenti e anche il personale che svolgeva mansioni tecniche a servizio dello Studium (notai, bidelli, stationarii, cioè addetti alla produzione e alla vendita dei libri).
Come le altre organizzazioni corporative, anche le universitates magistrorum o scholariorum funzionavano grazie a una serie di magistrature elette dai membri. Ma le strutture di autogoverno non potevano porsi in atto senza un riconoscimento ufficiale. Dall'esterno intervennero a dare loro forma giuridica e sostegno politico (e ovviamente anche a controllarle e ad indirizzarle ai propri fini) i «pubblici poteri». Il pontefice e l'imperatore guardavano fin dall'inizio con molta attenzione agli sviluppi del fenomeno, colsero l'importanza dei nuovi centri di cultura, si resero conto dell'appoggio che dagli intellettuali universitari poteva venire al loro potere.
In una prima fase, che si può schematicamente collocare nella seconda metà del XII e nel XIII secolo, i poteri universali sembrano specialmente interessati a ricavare dagli universitari un sostegno di tipo ideologico. Nel momento in cui si accingeva a restaurare, sul piano giuridico e su quello politico, l'autorità dell'impero, Federico Barbarossa emanò a favore di scolari e maestri la costituzione Habita (1155): essa aveva presente soprattutto le scuole bolognesi di diritto, ma intendeva avere valore universale; in seguito, presa a modello anche per le legislazioni locali, sarà il fondamento normativo che collaborerà a fare degli universitari un corpo, non solo tutelato giuridicamente, ma dotato di innumerevoli privilegi (giudiziari, economici, personali). Dai primi anni del Duecento, i pontefici assunsero decisamente una funzione di tutela e di guida dell'U., trasferendo in qualche modo ad essa il compito, già assegnato senza pieno successo alle scuole cattedrali dai Concili Lateranensi III (1179) e IV (1215): sostenere la cristianità dal punto di vista dottrinale, difenderla dall'eresia, migliorare la cultura religiosa del popolo.
In questa prospettiva, essi guardarono con particolare attenzione ai nuovi centri di studio, e in particolare alle scuole filosofiche e teologiche di Parigi. Tra i privilegi che essi garantirono all'U. il principale è la facoltà di concedere agli scolari che avevano compiuto il curriculum degli studi titoli che abilitavano ad esercitare ovunque l'insegnamento (licentia ubique docendi, Licenza d'insegnamento). Il giudizio sull'idoneità culturale dei candidati spettava al collegio dei maestri, ma fu ovunque il vescovo, o un ecclesiastico preposto allo Studium, a conferire il titolo nella solenne cerimonia del dottorato: segno del fortissimo legame dell'istituzione universitaria con la Chiesa.
Dell'U., d'altra parte, non si interessarono soltanto le autorità universali rappresentate dal papa e dall'imperatore. Fin dal primo Duecento anche i poteri locali, sovrani e stati cittadini, incominciarono a fondare Studi universitari. Anche questo tipo di fondazioni (come del resto le scuole sorte, per così dire, spontaneamente) avevano comunque bisogno per acquisire un profilo istituzionale completo (che significa anche successo e garanzia di continuità) del riconoscimento del papa e/o dell'imperatore. In questa fase iniziale le città ambirono ad ospitare uno Studio universitario soprattutto per ricavarne prestigio e vantaggi per l'economia locale. Invece i sovrani duecenteschi fondatori di U., come Federico II, che istituì nel 1224 lo Studio di Napoli, o i re iberici, anticiparono in qualche modo un indirizzo politico che sarà tipico del Trecento: le U. non dovevano soltanto fornire ai loro patroni sostegno ideologico e dottrinale, ma dovevano formare intellettuali esperti che fossero al servizio della comunità negli uffici pubblici e nelle professioni private.
L'inizio del Trecento è infatti un momento di grande svolta. Le U.divennero un'istituzione importante nella vita degli Stati: si incominciarono a sviluppare apparati burocratici che necessitavano di personale adeguatamente preparato; la società, più complessa, richiedeva sempre più largamente l'opera di intellettuali professionisti (avvocati, notai, medici...); per le stesse carriere politiche una formazione intellettuale di livello superiore incominciava a costituire un requisito favorevole. Dal Trecento si moltiplicano le fondazioni di U. da parte di sovrani e degli Stati cittadini: nel Quattrocento, grazie alle iniziative dei signori e dei principi, si colmeranno i vuoti rimasti fino ad allora nella geografia universitaria d'Europa (specialmente in Germania), con il risultato di una diminuita mobilità delle popolazioni studentesche e di una accentuata regionalizzazione. Anche il papato guarderà con nuovo interesse all'U. e ne favorirà lo sviluppo applicando largamente la politica della concessione di benefici ecclesiastici agli studenti. Le sedi universitarie, una quindicina all'inizio del Trecento, saranno più di settanta nel Cinquecento. Nel corso di questo processo l'autorità pubblica assunse responsabilità sempre maggiori nei confronti dell'U., in primo luogo addossandosi l'onere del suo finanziamento. Ciò inevitabilmente comportò una grave diminuzione di autonomia per le corporazioni universitarie: esse continuavano a funzionare soprattutto come garanti dei privilegi personali dei membri, mentre gli Studi erano ormai governati dall'esterno.
La svolta trecentesca è contrassegnata anche da un'evoluzione nella storia delle discipline. Delle diverse aree disciplinari in cui era articolato l'insegnamento (le Facoltà), quelle di medicina e di diritto, e per gli ecclesiastici di teologia, divennero sempre più importanti: ottennero successo di pubblico e attenzione da parte delle autorità; gli insegnamenti letterari e filosofici invece (quelli raggruppati nella facoltà delle Arti), regredirono ad una funzione propedeutica, e solo là dove l'umanesimo penetrerà nell'V. recupereranno prestigio e dignità scientifica. Come è naturale, accanto ai fondamenti teorici delle discipline, prevalentemente coltivati nelle scuole universitarie delle origini, si studiano ora con sempre maggiore attenzione anche le applicazioni pratiche.
Negli ultimi secoli del Medioevo l'U. è ormai un'istituzione riconosciuta e apprezzata a vari livelli della società. Ne sono prova le donazioni che pontefici, cardinali, sovrani, aristocratici, ricchi mercanti dispongono per la fondazione di Collegi, dove i giovani poveri potevano essere ospitati durante gli studi: una preoccupazione che di fatto non basterà ad invertire la chiara tendenza alla chiusura della società del tempo che esclude sempre più drasticamente dall'insegnamento superiore le classi meno privilegiate, accentuando il carattere elitario dell'U.
H. Denifle, Die Entstehung der Universitäten des Mittelalters bis 1400, Berlino 1885 (ried., Graz 1956); H. Rashdall, The Universities of Europe in the Middle Ages, a c. di F.M. Powicke - A.E. Emden, Oxford 19462 (nuova ed. 1988 - 3 voII.); P. KrnRE, The Nations in the Mediaeval Universities, Cambridge (MA) 1948; S. Stelling-Michaud, La storia delle università nel Medioevo e nel Rinascimento: stato degli studi e prospettive di ricerca, in Le origini dell'università, a c. di G. Arnaldi, Bologna 1974, 153-217; A.B. Cobban, The Medieval Universities: Their Development and Organisation, Londra 1975; Universities in the Late Middle Ages, a c. di J. Ijsewijn - J. Paquet, Lovanio 1978; M. Bellomo, Saggio sull'università nell'età del diritto comune, Catania 1979; J. Le Goff, Gli intellettuali nel medioevo, Milano 1981; Histoire des universités de France, a c. di J. Verger, Tolosa 1986; J. Verger, Le Università nel Medioevo, Bologna 1991; A History of the Universities of Europe, voI. I: Universities in the Middle Ages, a c. di H. De Ridder-Symoens, Cambridge 1992.
2/ Università. Ambito Bizantino, di Marina Loukaki
Il nome «u.» designava nel Medioevo occidentale un'organizzazione corporativa di allievi e maestri, con funzioni e privilegi propri, che coltivava un insieme di studi superiori. L'esistenza di una simile istituzione a Bisanzio è molto dubbiosa. Solo la scuola di Costantinopoli sotto Teodosio II può essere considerata un'istituzione universitaria. Con la legge del 425 l'imperatore stabilì l'«U. di Costantinopoli», con 31 professori pagati dallo Stato che avevano il monopolio dei corsi pubblici. La leggenda vuole che sia scomparsa sotto Leone III. È molto improbabile che gli sforzi di Cesare Bardas nell'855 e degli imperatori Costantino VII e Costantino IX abbiano permesso la restaurazione di quella U. Non c'è nulla che indichi che una simile istituzione, dello Stato o della Chiesa, abbia funzionato in epoca più tarda, dai Comneni fino ai Paleologi. (d.r.)
P. Lemerle, Le Premier Humanisme byzantin. Notes et remarques sur enseignement et culture à Bysance des origines au Xe siècle, Parigi 1971; P. Speck, Die kaiserliche Universität von Konstantinopel, Monaco 1974; C.N. Constantini-Des, Higher Education in Byzantium in the Thirteenth and Early Fourteenth Centuries, Nicosia 1982.