Cinque questioni che dovrà affrontare un futuro Ministro della pubblica istruzione. In margine al caso Fedeli, di Giovanni Amico (e una proposta di formazione politica)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 22 /12 /2016 - 12:02 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Giovanni Amico. Per approfondimenti, cfr. la sezione Educazione e scuola.

Il Centro culturale Gli scritti (16/12/2016 - aggiornato il 22/12/2016)

Come sempre non ci interessa l’attualità immediata. Ci interessa in fondo relativamente poco che il Ministro della Pubblica istruzione non abbia mai conseguito una Laurea, che non abbia nemmeno il titolo di Maturità e neanche che abbia mentito (l’ultima cosa è ovviamente la più grave e, unitamente alla mancanza di titoli, dovrebbe indurre lei e il governo a trarre immediate conseguenze da tali “bugie”, per di più etichettate poi come “distrazioni”)[1].

Ciò che ci interessa è, invece, che diversi ministri suoi colleghi abbiano già insistito sul fatto che la sua scelta è stata motivata dall’essere lei la persona più idonea a proseguire il work in progress delle teorie gender nella scuola[2].

Ora – e qui ci distanziamo ancora di più dai diversi commentatori – noi critichiamo tale scelta non tanto a motivo dell’infondatezza di tale prospettiva, ma molto più perché la scuola ha problemi enormi ed è di tali questioni che un ministro deve innanzitutto parlare evitando di spostare subito l’attenzione su questioni non decisive per la buona salute della scuola italiane.

Ecco quattro problemi di indirizzo a nostro avviso decisivi:

1/ La vera questione da affrontare per sconfiggere il bullismo non è l’omofobia, bensì l’incapacità della scuola di gestire un qualsivoglia problema relazionale. Si pensi alle questioni del Dress code[3], a quella delle occupazioni e autogestioni[4], a quella della maleducazione[5], a quella dell’utilizzo dei social in classe[6], a quella della droga negli istituti[7], alla questione delle gite scolastiche[8], ecc. ecc.

Non servono corsi appositi di affettività, bensì serve una maggior autorevolezza del corpo docente. Debbono essere allontanati gli esperti dalla scuola (che fra l’altro costano, mentre la scuola non ha nemmeno i soldi per le strutture più elementari) ed incoraggiare invece i docenti, i presidi, il personale non docente e le famiglie ad un ruolo più forte, più deciso, ciò che, fra l’altro, i ragazzi sommessamente chiedono. Contro il bullismo serve una scuola con una chiara capacità di far rispettare la disciplina e le regole a servizio delle persone, per favorire un clima di passione e di impegno: non servono invece corsi specifici.

I temi dell’affettività non debbono essere poi oggetto di specifica attenzione da parte della scuola almeno fino ai 10 anni dei bambini, perché di tali temi è responsabile la famiglia alla quale la Costituzione riconosce la libertà di educare. Eventuali corsi specifici su questioni pertinenti al maschile e femminile verranno approfonditi alle superiori, ma per quel che riguarda i bambini della primaria e, ancor più, della materna nessun intervento, di qualsivoglia tipo, è opportuno. Sono sufficienti le materie già previste dagli itinerari scolastici.

2/ Ben più importante di tale questione è la necessità di abbandonare una linea che ha spinto la scuola a dimenticare la gratuità della conoscenza in vista di una sedicente apertura al mondo del lavoro. I ragazzi hanno bisogno, invece, di uno studio che tocchi le tematiche più esistenziali e non quelle lavorative. È incredibile come persone diversissime per orientamento - da Roberto Benigni[9], ad Alessandro D’Avenia[10], a Franco Nembrini[11], a Massimo Recalcati[12], a Vittorio Sermonti recentemente scomparso[13], a Lina Bolzoni[14], a Daniel Pennac[15], a Roberto Contu[16], al rabbino Laras[17], a Mariella Carlotti[18] -,  abbiano un seguito incredibile nei ragazzi perché riescono a far esplodere la bellezza degli autori che trattano (e lo stesso si deve dire di professori altrettanto appassionati di matematica, fisica o scienze naturali). Mettiamo questi docenti in cattedra nell’aggiornamento dei professori e dei maestri.

3/ Questo implica una profonda attenzione all’elaborazione di nuovi “programmi” (con l’abbandono delle vaghissime  competenze, come ricordava Giorgio Israel)[19]. Si tratta di scegliere, cioè, quei problemi, quelle questioni, quei “classici” che fanno scoprire al ragazzo la meraviglia dello studio. Bisogna abbandonare l'errata tesi di Morin che si possano dare teste "ben fatte" senza che esse si siano mai misurate con i testi e i contenuti più importanti del sapere. Solo nell'incontro con determinati contenuti la mente trova la via giusta per conoscere. Se si sposta troppo l'accento sui metodi, ecco che scompare da un lato la passione per lo studio (solo determinati contenuti risvegliano una vera "erotica" dell'apprendimento) e, d'altro canto, diviene evidente che è possibile orientarsi nel pensiero, sapendo cogliere ciò che ha valore eterno, ciò che regge al confronto con tempo, ciò che si manifesta come "classico", perché resiste alla sfida del fluire del tempo non invecchiando (si pensi in questi anni alla riscoperta di Dante o di Leopardi). 

4/ Le scuole italiane hanno ancora una qualità di insegnamento che le rende migliori di quelle del nord Europa (si pensi su tutte al liceo classico[20] e si pensi a quanti nostri giovani eccellono all’estero per le solide fondamenta che la scuola italiana ha fornito loro). Si tratta allora non di abbassare l’asticella bensì di tornare ad alzarla, senza scimmiottare le scuole estere, ritenendole ingiustamente migliori. Si tratta, però, mentre si realizza questo, di permettere ai nostri studenti di fare carriera accademica in Università non costringendoli ad emigrare. Di questo si deve occupare un Ministro della Pubblica Istruzione. Ci interessa non cosa pensa del gender, bensì come affronterà la questione della fuga delle migliori intelligenze italiane.

5/ Una quinta questione decisiva è quella del nuovo equilibrio che deve essere trovato riguardo ai contenuti sensibili inter-culturali e inter-religiosi. Deve essere risolutamente accantonata, non solo perché inutile nel contesto attuale, ma soprattutto perché contraria alle finalità della scuola, la linea di un silenzio sulle questioni controverse (la scuola è ricerca della verità storica e scientifica, acquisizione di contenuti e metodologie che rendano gli studenti critici e capaci di districarsi fra le differenze)[21].

Se da decenni l’insegnamento appare caratterizzato da una stigmatizzazione dell’operato storico della Chiesa sembra oggi necessario, ai fini di una vera e corretta integrazione di persone di altre religioni, mostrare il bene operato dal cristianesimo come forza storica capace di donare dignità alla persona umana, di promuovere la libertà e la cultura, di promuovere la crescita della donna, di mantenere fisso un riferimento a Dio pur nel rispetto della laicità, e al contempo denunciare senza remore le violenze compiute anche da appartenenti ad altre religioni così come da sistemi ateistici al fine di maturare negli studenti di qualsiasi religione e orientamento un atteggiamento di umiltà (si pensi solo alla stagione delle invasioni arabe nel I millennio e a quelle turche del II millennio)[22].

La scuola dovrebbe trattare oggi in modo nuovo di tali questioni proprio al fine di spegnere l’odio con l’ammissione delle diverse responsabilità, mostrando come ognuno abbia le proprie colpe storiche e come non sia legittimo cercare un capro espiatorio. L’atteggiamento scelto dalla Chiesa cattolica con il concetto di “purificazione della memoria”, dovrebbe oggi essere applicato dalla scuola anche alle culture diverse da quella europea, in maniera da evitare lo stereotipo moralistico del “buono” extra-europeo e del “cattivo” europeo.

Anche la riscoperta del carattere nazionale dell’insegnamento scolastico, con una maggiore valorizzazione della peculiare storia culturale del paese, legata all’intreccio unico ed estremamente fecondo di cultura pagana e di cristianesimo, di filosofia, scienza e religione, ha bisogno di essere oggi posta al centro. Non si tratta solo della proposta nella scuola dei contenuti e delle modalità delle tradizioni italiane (si pensi solo al presepe o al crocifisso con le loro modalità inclusive intrinseche[23]) dinanzi ai quali tanti avvertono il bisogno di un’inversione di tendenza non più demonizzante, ma anzi proponente, con il partito al governo che si faccia promotore di una valorizzazione di tali simboli così tipicamente “italiani”[24], ma molto più di una presentazione in positivo di tutto il discorso religioso così come è maturato nell’esperienza italiana in una sintesi feconda di fede e laicità (dato che la laicità è tipica solo del cristianesimo, essendone un portato)[25]. Una scuola italiana più consapevole delle proprie radici, in letteratura, filosofia, scienze, psicologia, storia, ecc.) sarà più pronta ad accogliere e meno timorosa di integrare chi bussa alle nostre porte per diventare italiano.

La scuola deve mostrare, a suo modo, che essere italiani non è semplicemente un titolo di comodo per ottenere benefici, bensì la fierezza di una cultura e di un stile che, se si arricchisce sempre di qualche sfumatura nuova, non dimentica però le ricchezze culturali storiche che si sono depositate via via nei secoli e che debbono essere trasmesse ai nuovi italiani di qualsiasi provenienza.

Carissimi giovani che volete prepararvi alla politica, a partire da queste e simili prospettive che voi indicherete, apriamo il dibattito sulla priorità dell’indirizzo scolastico e sulle persone più competenti per realizzarlo?

La proposta di Giovanni Amico

Con questo breve articolo lancio ufficialmente la proposta di un governo ombra che suggerisca priorità per la politica italiana e internazionale nei diversi campi.

L’attenzione prima di tale divertissement non si rivolge al governo attuale o a quelli che potranno seguirlo, bensì intende indicare vie di lavoro per nuovi politici che possano via via maturare un loro protagonismo che appare oggi così necessario in tempi che tutti riconoscono essere grami.

I testi indicati nelle note di questo breve articolo intendono solo essere delle esemplificazioni per una discussione sulla scuola e sui suoi problemi più veri e grandi.

Note al testo

[1] Se non avesse mentito sul suo curriculum la mancanza di titoli potrebbe essere compensata se fosse una studiosa di valore autodidatta, meritevole lo stesso di indirizzare la scuola e l’università italiana se avesse numerose pubblicazioni, lunghi anni di insegnamento, una conoscenza diretta delle problematiche della scuola (cosa che, comunque, non appare dal suo curriculum). Comunque tutto questo non desta in noi alcun interesse, solo un po' di fastidio legato al discredito che la vicenda ha arrecato alla dignità delle parole scritte e dette che la scuola dovrebbe invece garantire.

[2] In realtà diversi commentatori sottolineano che il “sacrificio” del Ministro Giannini è stata una necessità per cercare di recuperare il consenso dei Sindacati della scuola che non avevano gradito la legge sulla Buona Scuola, una legge “mascherata” che in realtà non parlava della scuola ma delle carriere dei docenti.

[3] Dress code: una circolare di un dirigente scolastico sull’“eleganza” a scuola.

[4] La scuola è occupata, prof., di Andrea Monda.

[5] Cfr. Quando sono i maleducati a insegnarci l’educazione, di Annalisa Teggi.

[6] Elogio della lezione frontale. Il multimediale, le parole e il gesso, di Roberto Contu.

[7] [Questa confusione è voluta da una minoranza che vuole espropriare la scuola del proprio ruolo, come se al Virgilio vigesse l’extraterritorialità: ma è intollerabile pensare che una scuola pubblica cada nelle mani dei privati, si rischia che i più potenti diventino i padroni. La scuola è la prima forma di Stato con cui si entra in contatto, abbiamo una responsabilità etica, dobbiamo insegnare legalità e rispetto delle regole]. La preside del liceo Virgilio di Roma «Assediata da studenti e genitori». Un’intervista alla preside Irene Baldriga, di Claudia Voltattorni.

[8] Quasi nessun docente vuole più accompagnare gli alunni in gita scolastica, poiché i fatti incresciosi che generalmente si verificano li spaventano, senza che sia possibile giungere ad un accordo sulle finalità e sulle regole che guideranno le diverse classi nello stare insieme quando si debbono passare due notti fuori casa tutti insieme in un albergo (cfr. su questo Il senso della gita di classe. Il ragazzo morto e ciò che rende concreta la compagnia, di Luigi Ballerini).

[9] Roberto Benigni, Tutto Dante al Teatro Tenda di Roma. Con riconoscenza (di A.L.) e I predecessori di Roberto Benigni: la supplica dei cittadini di Firenze perché si legga e si spieghi pubblicamente El Dante (la Divina Commedia) per essere istruiti nel libro di Dante, dal quale tanto nella fuga dei vizi quanto nell’acquisizione delle virtù quanto nella bella eloquenza possono anche i non grammatici essere informati (1373). Breve nota di Andrea Lonardo.

[10] Il primo giorno che vorrei, di Alessandro D’Avenia.

[11] «Pepoli mio, di che speranze il core vai sostentando?». Giacomo Leopardi, Al conte Pepoli, commentata da Franco Nembrini. Di qui si può partire per presentare il poeta di Recanati a scuola e Nembrini. Machiavelli, lettera a Francesco Vettori. La prima ora in classe.

[12] L’educazione sessuale nelle scuole così come concepita è per lo più orribile, si spiegano i corpi come fossero macchine. L’educazione alla sessualità si fa attraverso la letteratura e le poesie, leggendo Dante, Petrarca, Flaubert, Proust, che sono l’unica forma di educazione all’erotismo che può funzionare a scuola (da Massimo Recalcati).

[13] Cfr. XXXIII del Paradiso di Dante: il Creatore e la sua creazione, l’amore della Trinità e l’assunzione dell’uomo in Dio, di Vittorio Sermonti.

[14] Dante, o della memoria appassionata, della prof.ssa Lina Bolzoni.

[15] Daniel Pennac racconta di aver insegnato ai suoi alunni un testo a memoria a settimana, facendoli appassionare alla qualità dei brani scelti: dal contenuto alle competenze e non viceversa. Breve nota di Andrea Lonardo su di una importante questione educativa.

[16] La fifa dell’insegnante, di Roberto Contu e Pagine a prova di alunno: la Letteratura nelle scuole difficili (due esperienze, una provocazione), di Roberto Contu.

[17] La Bibbia messa ai margini e la crisi del cristianesimo. È stato necessario Benigni per far di nuovo parlare di Bibbia e di Decalogo: i politici europei hanno responsabilità enormi, anche del sangue sinora versato, del rabbino Giuseppe Laras.

[18] Imparare ad educare, di Mariella Carlotti.

[19] La scuola riparta da maestri e contenuti, di Giorgio IsraelLa rivoluzione pedagogica che fabbrica teste vuote, di Giorgio Israel [Contro i discepoli di Edgar Morin e non solo] e Un dibattito sulle "competenze" nella scuola tra Giorgio Israel e Luciano Benadusi. Cfr. anche La scuola ed i grandi temi oggi. File audio di una relazione tenuta da Andrea Lonardo per un gruppo di docenti.

[20] Perché se muore il liceo classico muore il paese, di Giorgio Israel.

[21] Cfr. su questo Scuola ed inter-cultura: il posto della dimensione religiosa. Tre testi di Filippo Morlacchi, Andrea Lonardo e della Congregazione per l’Educazione Cattolica.

[22] Cfr. su questo “Imagine no religion too”? Il ruolo degli intellettuali occidentali dinanzi al terrorismo islamistico, di Andrea Lonardo e È ancora valida oggi secondo gli intellettuali la loro affermazione che i monoteismi sono violenti? Piccola aggiunta all’articolo “Imagine no religion too”? Il ruolo degli intellettuali occidentali dinanzi al terrorismo islamistico, di Andrea Lonardo.

[23] Cfr. su questo Il piccolo grande presepe dei dimenticati, di Davide Rondoni [N.B. de Gli scritti: come fare un Presepe includente a scuola, in chiave inter-culturale].

[24] Cfr. su questo Sul Presepe a scuola 1/ [Non c’è gesto più islamofobo che censurare la nostra vita comunitaria e nascondere il nostro vero volto di fronte ai musulmani come se noi per primi li ritenessimo non in grado di accettare ciò che siamo. Non all’altezza. Tutti in blocco fanatici e ottusi], di Michele Serra 2/ Essere laici non significa negare la religione, di Antonio Polito.

[25] Su questo, cfr. Multiculturalismo? La convivenza alla prova: il contributo dell’ebraismo, di Giorgio Israel.