Che fare ora che le masse musulmane scoprono che molte nazioni islamiche appartengono al Nord del mondo, all’élite ricca e benestante del pianeta, e l’alibi del “povero arabo oppresso dall’occidente” si rivela senza fondamento? Breve nota di Giovanni Amico
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Riprendiamo sul nostro sito una breve nota di Giovanni Amico. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Nord e sud del mondo e Islam.
Il centro culturale Gli scritti (18/12/2016)
Qatar
La crisi dell’Islam odierno è certamente legata alla confusione che regna sulle sue fonti e sulla difficoltà di leggerle nella modernità con spirito critico e libero.
Ma tale crisi esplode anche perché ormai diversi paesi musulmani appartengono al nord del mondo e sono più capitalisti dei paesi dell’Unione europea[1]. Si pensi, solo per fare l’esempio più importante, all’Arabia Saudita che è il punto di riferimento per i credenti nell’Islam di tutto il mondo: tutti sono tenuti, per precetto religioso, a recarvisi almeno una volta nella vita e a conoscere così, indirettamente, il suo modo di applicare la legge coranica. Ebbene l’Arabia Saudita è oggi uno dei paesi più ricchi del pianeta che ha uno sfruttamento di manodopera di immigrati che obbliga a lavorare in condizioni talvolta vergognose e, insieme, gestisce in maniera capitalistica la sua ricchezza all’estero, sfruttando paesi africani e asiatici poveri. Ma si pensi anche al Qatar, altro stato nel quale la legislazione coranica è applicata nella forma più stretta. Si pensi ai molti paesi del Golfo, tutti molto più ricchi, da ogni punto di vista, di paesi come l’Italia, che appartiene invece ormai al centro-sud del mondo (per usare una locuzione curiosa).
Anche l’Iran è paese ricchissimo ed è il capofila dei paesi sciiti, punto di riferimento per lo sciismo mondiale.
Ebbene dinanzi a paesi come questi non vale più l’adagio: “Sono arretrati, perché poveri, perché oppressi dall’occidente”, perché tali paesi sono oggi “occidente” (nel senso economico del termine), sono Nord del mondo, sono paesi oppressori.
Ebbene cosa avviene delle loro ricchezze? Perché non si tramutano in cultura, in opportunità di studi umanistici per le donne, in liberazione femminile, in crescita nella pari dignità dell’uomo e della donna?
Tale novità storica non è ancora stata metabolizzata dai leader religiosi musulmani odierni. Finché l’immaginario collettivo veniva convinto del fatto che uno sviluppo del mondo islamico non era possibile a causa della povertà dei paesi islamici, la questione poteva essere occultata.
Ma ora che si alza il velo e che l’opinione pubblica musulmana e non musulmana scopre che i paesi islamici sono fra i più ricchi del pianeta, certamente più ricchi di molti paesi del cosiddetto Nord del pianeta, cioè dell’Europa, ecco che la domanda resta lì ben piantata: che fare?
Bisogna che i leader musulmani incentivino gli studi delle nuove generazioni, comprese le donne? È necessario – ed è possibile – che si aprano a studi umanistici? Bisogna che i leader musulmani religiosi concedano maggiore libertà in un processo che può portare molto lontano?
O bisogna cercare di illudere ancora le masse musulmane che gli islamici sono solo dei poveri perseguitati dal mondo intero e che non hanno fondi e beni per crescere? Si può uscire dalla logica del vittimismo e assumersi le proprie responsabilità o il medio oriente e l’occidente debbono ancora recitare il mantra del povero arabo che non ha i mezzi per vivere e per studiare (impossibilitato perciò anche ad aiutare gli altri paesi musulmani più poveri ad iniziare dei seri itinerari di studi umanistici) a causa della “cattiveria” dell’occidente? Perché i paesi musulmani del Nord del mondo hanno soldi per costruire moschee in tutto il pianeta e non hanno soldi per costruire un liceo classico o scientifico dove ragazzi e ragazze studino insieme? E che fare degli studi critici sulle fonti religiose che abbondano in occidente ora che si è scoperto che ci sarebbero soldi in abbondanza per aprire università che elaborino un pensiero critico come avviene nei confronti delle fonti cristiane?
Note al testo
[1] Come abbiamo avuto già modo di rilevare in precedenti articoli (Est-Ovest, Nord-Sud o altrimenti? Nell’economia moderna la divisione fra ricchi e poveri passa ormai dentro ogni città, a Nuova Delhi come a Parigi, a Nairobi come a New York, alla Mecca come a Roma, a Pechino come al Cairo, di Giovanni Amico) con l’espressione nord-sud del mondo si volle alcuni decenni fa cercare di superare il contrasto est-ovest (per certi aspetti riproponendo in altri termini il contrasto fra paesi capitalisti e paesi marxisti-proletari): nella terminologia che entrò allora in voga per “nord” non si intendevano tanto i paesi effettivamente disposti al nord geografico, ma i paesi benestanti e capitalisti (ad esempio anche l’Australia). Se non ci si decide ad abbandonare queste vetuste categorie bisogna affermare almeno che l’Arabia Saudita e il Qatar sono paesi del Nord del pianeta per la loro florida e oppressiva economia.