È ancora valida oggi secondo gli intellettuali la loro affermazione che i monoteismi sono violenti? Piccola aggiunta all’articolo “Imagine no religion too”? Il ruolo degli intellettuali occidentali dinanzi al terrorismo islamistico, di Andrea Lonardo
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Mettiamo a disposizione sul nostro sito una piccola appendice ad un precedente articolo di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. le sotto-sezioni Islam e Dialogo fra le religioni e libertà religiosa nella sezione Cristianesimo, ecumenismo e dialogo fra le religioni.
Il Centro culturale Gli scritti (25/9/2016)
L’articolo intero, del quale questa aggiunta deve essere intesa come un sotto-punto, è disponibile al link “Imagine no religion too”? Il ruolo degli intellettuali occidentali dinanzi al terrorismo islamistico, di Andrea Lonardo.
1.2/ [aggiunto il 25/9/2016]
Gli intellettuali, affermando che non esiste alcun influsso della religione in eventuali atteggiamenti violenti dell’islamismo, bensì sostenendo che le cause dell’odio sono semplicemente economiche e politiche, si trovano a dover reinterpretare un’affermazione da loro stessi sostenuta in passato e tuttora appartenente alla vulgata corrente.
Se tutte le religioni sono state accusate nel novecento di essere portatrici di violenza, quelle sulle quali si è appuntata per eccellenza la critica sono state le religioni monoteistiche.
È un luogo comune promosso dagli intellettuali stessi che le religioni politeistiche siano meno violente di quelle monoteistiche – anche qui non vogliamo, ovviamente avallare tale tesi, perché basta conoscere la storia dell’Egitto antico o la storia della penisola indiana perché una discussione immensa si apra sull’eventuale animus pacifico di tali culture.
L’intellettuale occidentale ha comunque insegnato a più riprese che le religioni più violente sarebbero le tre gradi religioni monoteistiche perché dotate di una dimensione veritativa.
Ad esempio, è stato Assman (ma si pensi anche alla polemica di E. Peterson ne Il monoteismo come problema politico contro C. Schmitt) a sostenere che «ogniqualvolta [l’idea] di verità viene concepita in modo assoluto e rivelato dalle Scritture e, quindi “dato”, l’intolleranza intrinseca al monoteismo è innegabile»[1].
Assmann in qualche modo ha cercato di rovesciare il paradigma biblico. Non sarebbe stato l’Egitto politeista a negare libertà al popolo di Israele di seguire il suo Dio, bensì sarebbe stato il monoteismo ebraico a negare libertà al politeismo pagano e ai suoi idoli, divenendo così poi paradigma di violenza per il cristianesimo e l’islam.
Non dissimile è stata la prospettiva, solo per citare un autore italiano, di Umberto Eco che afferma «Nessun politeismo ha mai fomentato una guerra di grandi dimensioni per imporre i propri dèi»[2], assimilando semmai i monoteismi – a suo dire apportatori di violenza ai grandi sistemi atei: «Forse un equivalente dei monoteismi classici sono state le grandi ideologie laiche, come il nazismo (però di ispirazione pagana) e il marxismo ateo sovietico».
Affermare oggi che non vi è alcun elemento religioso nell’islam che funga da terreno fertile per la violenza vuol dire allora rinnegare le tesi di Assmann e di Eco come di altri intellettuali?
Affermare che la violenza ha solo cause economiche, perché la religione islamica in sé non ha niente di intrinsecamente intollerante – ricordiamo che qui non si intende dare un giudizio sulla religione musulmana in sé, bensì cercare di comprendere cosa intendano dire gli intellettuali - vuol dire negare le tesi di Assmann e di Eco per affermare che invece esiste almeno una religione monoteistica, l’islam, nella quale la tentazione della violenza non deriverebbe dalle sue Scritture, dal suo dogma, dalla sua visione morale, bensì solo da torti politici subiti o da una povertà economica di alcuni paesi popolati da una popolazione di tale religione, poiché la religione monoteista in sé sarebbe immune da derive di intolleranza se non intervenissero fattori non religiosi?
Insomma le tesi di Assmann e di Eco - e di tanti divulgatori che ogni volta ripetono acriticamente che il monotesimo è più pericolo del politeismo e dell’ateismo - dovrebbero cadere come letture non scientifiche del reale storico?
Note al testo
[1] J. Assmann, Dio e gli dei. Egitto, Israele e la nascita del monoteismo, Bologna, Il Mulino, 2009, p. 204. Ovviamente le considerazioni di Assmannn sono più articolate.
[2] U. Eco, Monoteismi e politeismi (La bustina di Minerva), L’Espresso, 3/10/2014.