Papa Francesco e il Grande imam di Al Azhar, il detto e il “non detto”, di Samir Khalil Samir

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 10 /07 /2016 - 23:06 pm | Permalink | Homepage
- Tag usati: ,
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo dall'Agenzia di stampa AsiaNews del 27/5/2016 un articolo scritto da Samir Khalil Samir. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sotto-sezioni Islam e Dialogo fra le religioni e libertà religiosa nella sezione Cristianesimo, ecumenismo e dialogo fra le religioni. Per alltri testi dell'autore, vai al tag Samir Khalil Samir.

Il Centro culturale Gli scritti (10/7/2016)

Città del Vaticano (AsiaNews) – Son rimasto ben impressionato dall’incontro fra papa Francesco e il Grande imam di Al Azhar, Ahmad Muhammad Al-Tayyib. Anche una personalità vaticana – del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, mons. Khaled Akasheh – mi ha detto che “si apre un capitolo nuovo.  Siamo tutti desiderosi di lavorare insieme sulle tematiche che abbiamo elencato e c’è molta buona volontà”.

Ma nel coro delle voci positive, vorrei far notare qualche aspetto negativo o da chiarire. Ciò non toglie nulla alla positività dell’incontro, sottolineata anche dai commenti entusiasti del Grande imam verso papa Francesco, riportati nell’intervista da lui concessa ai media vaticani (pubblicata su Radio Vaticana del 24 maggio).

Al Tayyib afferma di ammirare questo “uomo di pace, un uomo che segue l’insegnamento del cristianesimo, che è una religione di amore e di pace; e seguendo Sua Santità abbiamo visto che è un uomo che rispetta le altre religioni e dimostra considerazione per i loro seguaci, è un uomo che consacra anche la sua vita per servire i poveri e i miseri e che si prende la responsabilità delle persone in generale; è un uomo ascetico, che ha rinunciato ai piaceri effimeri della vita mondana”.

In conclusione, l’impressione che egli esprime è che con lui si può “lavorare insieme”.

Nell’intervista egli non accenna ai motivi che avevano portato al raffreddamento e al blocco dei rapporti, dovuti soprattutto a una cattiva lettura delle parole di papa Benedetto XVI a Regensburg e con la richiesta di protezione per i cristiani colpiti dal terrorismo ad Alessandria d’Egitto nel 2011.

Terrorismo, “islam deviato”

Un'altra considerazione positiva è quando nell’intervista il Grande imam parla della “perdita di fede nel mondo”. “Tutte le filosofie e le ideologie sociali moderne – egli dice - che hanno preso in mano la guida dell’umanità lontano dalla religione e lontano dal cielo hanno fallito nel fare felice l’uomo e nel portarlo lontano dalle guerre e dallo spargimento di sangue”. La sua conclusione è che l’umanità ha bisogno delle religioni per dare “un nuovo orientamento verso la misericordia e la pace”.  Mi colpisce che egli usi queste due parole “misericordia e pace”, in una traduzione (possiamo dire) della shahada, la professione di fede islamica, “Nel nome di Dio clemente e misericordioso”. Nel gennaio scorso, parlando al parlamento tedesco aveva aggiunto anche la parola “amore”, affermando che l’islam è una religione di amore e misericordia.

Altro punto positivo, quando l’imam Al Tayyib parla dei “concetti musulmani che sono stati deviati da coloro che usano violenza e terrorismo e dai movimenti armati che pretendono di lavorare per la pace”.  Più oltre aggiunge: “Sì, il terrorismo esiste, ma l’islam non ha niente a che fare con questo terrorismo e questo vale per gli Ulema musulmani e per i cristiani e musulmani in Oriente. E quelli che uccidono i musulmani, e uccidono anche i cristiani, hanno frainteso i testi dell’Islam sia intenzionalmente sia per negligenza”.

Qui si può dire che vi è un aspetto non corretto, anche se il Grande imam lo ripete spesso, e cioè che l’Isis, lo Stato islamico, ad esempio, non ha niente a che fare con l’islam. Esso sarebbe solo una deformazione, una via sviata, ecc..

Si può dire questo. Ma occorre spiegare come mai questi gruppi terroristi usino la bandiera nera – che era quella di Maometto, insieme alle scritte islamiche e alla spada del profeta (come quella che è sulla bandiera dell’Arabia saudita). In realtà è necessario denunciare che questi terroristi prendono le loro affermazioni sanguinarie da molti imam e da una lettura del Corano fatta da molti musulmani responsabili. La lettura che molti musulmani fanno del Corano e della tradizione islamica può facilmente condurre a queste devianze. Nelle sue interviste, il Grande imam evita sempre di prendere responsabilità, e afferma soltanto: “Noi non c’entriamo”.

Questo mi addolora: finché non si riconoscerà questo problema, non si risolverà nulla. Finché non si riconosce che la base del terrorismo risiede in un certo insegnamento dell’islam, non si potrà guarire la situazione.

Ripensare l’islam per l’oggi

Dopo aver lanciato un appello al mondo per porre fine al terrorismo, una lotta che deve unire nella collaborazione oriente e occidente, egli elenca una serie di passi compiuti da Al Azhar per modernizzare la religione islamica. Va notato che questa è stata una raccomandazione del presidente Al Sisi.

Il Grande imam spiega che essi stanno lavorando a correggere tutti i libri di scuola media e superiore, togliendo quegli aspetti che potrebbero portare alla violenza; parla di un osservatorio mondiale con pubblicazioni in otto lingue in cui si denuncia e corregge “materiale diffuso da questi movimenti estremisti e delle idee avvelenate che deviano la gioventù”; mette in luce la collaborazione fra l’università e le Chiese egiziane; diverse conferenze svolte in occidente; i raduni di aggiornamento per gli imam che vivono in Europa per trattare dell’integrazione dei musulmani in quelle nazioni.

Tale lavoro è positivo, ma purtroppo, non hanno ancora cambiato i libri che servono per l’insegnamento agli imam. Si tratta di manuali classici medievali: per purificarli da interpretazioni sbagliate, occorre un grande lavoro, analizzando paragrafo per paragrafo. Alcuni studiosi che ho sentito in Egitto, dicono che sarà un lavoro impossibile.

Ma vi è un lavoro che è da fare in modo prioritario: partire dal Corano e ripensarlo per l’oggi. Personalmente, trovo che sia questo il più grande problema dell’islam. Da 50 anni nella lettura del Corano e della tradizione islamica si è affermata la tendenza letteralista. Da qui emerge la linea dura e la guerra contro gli altri: cristiani, ebrei, atei,…

Questa rilettura della tradizione per aggiornarla, era proposta perfino da Gamal al-Banna, fratello del fondatore dei Fratelli musulmani, morto solo 5 anni fa, avendo anche scritto una cinquantina di libri. Ad un certo punto lui si è staccato dall’insegnamento tradizionale e ha assunto posizioni liberali. Ad esempio, lui ha scritto contro l’uso del velo per le donne, che non c’entra nulla con l’islam; è una questione culturale, non religiosa.

Nella tradizione islamica oggi abbiamo molti pensatori che hanno scritto per rivedere l’islam. La via è di integrare questo pensiero nell’insegnamento. Non c’è altra strada.

Questo suppone un uso massiccio dei mezzi attuali: internet, televisione, radio, libri. In questo modo si potranno affrontare anche alcuni temi (che il Grande imam non ha trattato) quali la libertà religiosa e di coscienza, la possibilità di cambiare religione. Teniamo conto che l’islam è molto legato agli orientamenti dei presidenti e dei re. Per questo, tale cambiamento sarà possibile solo se anche l’autorità politica lancia questa campagna, chiedendo agli imam di scrivere in modo corretto su questa linea e generalizzare questa nuova linea dell’islam, che era poi quella esistita fino agli anni ’50. Essa è esistita fin dal 1860, quando è sbocciata la “Nahda”, il rinascimento arabo, che è durato quasi un secolo.