Il triste razzismo degli islamisti: dopo l’ennesima strage a Dacca in Bangladesh, di Giovanni Amico
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Il Centro culturale Gli scritti (3/7/2016)
Per gli islamisti che hanno ucciso in Bangladesh chi non conosce il Corano deve essere ucciso. Per gli islamisti di Dacca chi non si sottomette all’Islam deve abbandonare i paesi musulmani.
È triste accorgersi che oggi il movimento più razzista esistente al mondo è quello degli islamisti. Gli sgozzamenti con il machete – anche di Simona Monti, una donna al quinto mese di gravidanza con il suo bambino nel grembo che doveva essere ben visibile – compiuti a Dacca sono uno dei tanti tristi episodi che attestano tale triste e omicida razzismo degli islamisti. A Dacca è stato il caso di giapponesi ed italiani, altrove le vittime sono di altre nazioni, ma la realtà è sempre la stessa. Via gli stranieri, via gli ebrei, via i cristiani, via gli yazidi, via gli sciiti, via gli atei, via i buddisti. Solo chi obbedisce al Corano può restare vivo nel paese, secondo gli islamisti.
I rituali degli islamisti sono così ripetitivi e noiosi, fatti come sono di omicidi e di suicidi e mai di vita, che non ci si stupisce ormai più quando, rivendicando le uccisioni, gli islamisti aggiungono subito: «Colpiremo ancora».
Il loro razzismo è ormai così scontato che quella minaccia non scuote più nessuno: tutti sanno ormai quanto sia reale.
Quello che attendiamo per stupirci veramente è di ascoltare un giorno di una manifestazione guidata da imam – che continuiamo a credere possibile – che condanni senza mezzi termini nei paesi a maggioranza musulmana il “razzismo”, le differenze di condizioni di vita di musulmani e di credenti di altre religioni, il divieto di convertirsi o di diventare atei se in coscienza si ritiene di doverlo fare, la mancanza di libertà culturale, affermando: «Noi musulmani abitanti in paesi musulmani ripudiamo il razzismo e la differenza di trattamento fra religioni diverse che ancora esiste nei nostri paesi, dove i non musulmani non hanno gli stessi nostri diritti. Che gli stranieri siano benvenuti. Che siano benvenuti gli immigrati, anche se sono preti, suore o missionari, come voi non impedite l’ingresso agli imam, anzi li ritenete una ricchezza. Che siano benvenuti gli atei, gli ebrei, gli sciiti, i cristiani, gli yazidi. Noi crediamo, come musulmani, che dove c’è differenza c’è libertà. Noi desideriamo che i nostri figli crescano in un confronto serio con il pensiero cristiano e con il dubbio laico e desideriamo che conoscano bene la fede dei cristiani e i dubbi degli atei, perché sappiamo che in questo incontro c’è una ricchezza e non solo un problema. Noi desideriamo per le nostre donne una maggiore apertura e sappiamo che la presenza libera in mezzo a noi di laici e cristiani cui vogliamo conferire maggiore libertà di espressione che in passato farà crescere ulteriormente i nostri paesi musulmani».
La storia dimostra che finora i periodi di maggiore splendore dell’Islam si sono avuti quando i paesi a maggioranza musulmana sono stati fecondati da culture diverse, da persone di religioni diverse, permettendo l’incontro di popoli e sensibilità. Più i “diversi” dai musulmani hanno avuto possibilità di esprimersi liberamente e di portare il loro contributo più le stesse società musulmane hanno dato il meglio di sé, mentre ogni volta che si sono chiuse, si sono avuti periodi molto tristi nella storia islamica[1].
Il razzismo degli islamisti sta facendo, invece, sprofondare molti paesi musulmani in una spirale sempre più profonda di morte e di ignoranza.
Quale grande svolta avrà luogo quando i paesi a maggioranza musulmana – siamo convinti che questo può accadere – avranno la forza di manifestare pubblicamente per dire che gli islamisti stanno allontanando tanti musulmani e non musulmani dall’Islam! Quale grande svolta quando i più ferventi dei musulmani avranno il coraggio di ammettere che chi oggi con garbo si permette di fare qualche critica ai modelli di vita musulmani non lo fa perché è razzista, ma perché ha visto non solo il devastante razzismo degli islamisti, ma anche la troppo debole reazione dei musulmani moderati! Quale grande svolta quando i musulmani avranno la libertà di affermare che chi critica con garbo i modi di vivere dei musulmani non lo fa perché rifiuta le diversità dei paesi del sud del mondo, bensì perché non è a tutt’oggi chiaro se una vera libertà di religione e una vera libertà culturale è per l’Islam da benedire oppure da rigettare!
Solo per fare un esempio: Asia Bibi, madre cristiana che è in carcere dal 2009, condannata a morte per non si capisce bene quale frase che un’unica testimone ritiene abbia detto contro Maometto, appartiene ad un’altra razza solo perché è cristiana o meriterebbe una mobilitazione da parte di leader musulmani per proteggere lei e altri come lei da ingiuste leggi razziste?
Quando si avrà il coraggio di ammettere che le critiche che vengono rivolte al mondo musulmano in occidente non avvengono perché gli occidentali sono razzisti, bensì per la difficoltà odierna che i musulmani hanno ad accogliere nelle loro terre la presenza di laici e cristiani liberi di esprimersi?
Ma quando avverrà questa presa di posizione netta contro la subalternità di chi è non musulmano, allora si avrà una svolta enorme e benefica. I paesi musulmani che manifesteranno per tali cambiamenti saranno finalmente liberi dal dover credere che il problema è solo all’esterno del mondo musulmano, cesseranno di autoingannarsi con la menzogna che l’unico problema sarebbe solo il presunto razzismo dei paesi occidentali ed inizieranno a riconoscere anche le loro colpe, rimuovendo così quei blocchi che paralizzano l’educazione dei giovani - e delle donne in particolare - nei paesi musulmani, camminando verso una maggiore libertà e apertura.
Quanto fin qui detto non cancella i tratti razzisti che talvolta son ben presenti in persone e gruppi che agiscono oggi in occidente. Tali tratti ci sono e generano danni gravissimi. Ma, fra le tante cose che differenziano il razzismo dell’occidente da quello degli islamisti e il loro ruolo nelle rispettive società, uno emerge come decisivo. Il razzismo occidentale viene, suo malgrado, combattuto dalla religione – che è ovviamente in questo caso la fede cristiana, cattolica in alcuni paesi e protestante in altri.
La presenza delle Chiese contrasta continuamente il razzismo di taluni laici, di modo che esso è meno virulento di quanto sarebbe senza la presenza sul campo dei cristiani, e spinge all’apprezzamento della diversità. Le Chiese, a cominciare da papa Francesco, ricordano continuamente che la diversità è una ricchezza e che ogni uomo deve essere libero di esprimere la propria cultura e la propria fede, deve essere libero di diventare musulmano se prima era cristiano o ateo. Le Chiese, in questo senso, sono spesso le comunità più radicali nella fede, perché chiedono sempre e comunque un rispetto della libertà dei musulmani contro i razzisti.
Inoltre la cultura laica ha instillato una tale visione autocritica delle cose che porta, dinanzi a qualsiasi evento, tantissimi intellettuali occidentali a dichiarare in forme diverse la stessa nenia: è colpa nostra, è colpa dell'Europa, è colpa degli Usa, è colpa della religione occidentale, è colpa del capitalismo occidentale, è colpa del liberismo occidentale, è colpa delle armi occidentali, è colpa del colonialismo occidentale, quasi che non ci fosse attualmente anche un capitalismo orientale, un colonialismo islamico o turco, un capitalismo estremo-orientale o arabo, un commercio delle armi medio-orientale, ecc., ecc.
Lo stesso si deve dire della storia passata: fra gli intellettuali (o sedicenti tali) nessuno ricorda le invasioni arabe, le invasioni turche, lo schiavismo turco contro africani e cristiani, il dominio distruttivo dei turchi sugli arabi, la colonizzazione dell'oriente compiuta dai turchi, quella precedente degli arabi sul medio-oriente, sul nord Africa, ecc. ecc..
Si potrebbe quasi dire che la lettura autocritica dell'occidente nata dall'illuminismo ha instillato in tanti un eurocentrismo al contrario: si ritiene l'Europa talmente centrale nell'immaginario della storia che se qualcosa di grave succede nel mondo la colpa deve essere primariamente della stessa Europa, in negativo. Raramente un intellettuale europeo ha il coraggio di chiamare in causa altre religioni, altre culture, altre visioni economiche come il marxismo o le culture economiche dell'Islam, dell'estremo oriente e così via.
La preoccupazone di essere sempre e solo politically correct ha portato a non capirsi più con il mondo musulmano. Il musulmano sa bene, infatti, che tanti musulmani nella storia - e tuttora - hanno usato violenza ingiustamente nei confronti dei cristiani e che l'Islam ha tanti torti, ma per questo si sente preso in giro, quasi che gli occidentali non abbiano il coraggio di dirgli la verità.
I musulmani che cominciano ad essere critici verso la propria stessa storia non si sentono supportati da tanti occidentali che si limitano a fare discorsi cortesi e salamelecchi senza mai toccare i problemi reali.
Gli islamisti hanno fatto propria questa visione assolutamente autodistruttiva degli occidentali e sono giunti a pensare che tutto il male che esiste nel mondo dipenda dall'occidentalizzazione - si pensi solo a Boko Haram che deriva dalla storpiatura del termine book in boko e dal termine haram, impuro: il libro è impuro. Per gli islamisti solo la shari'a riporterà la pace, i libri danneggiano la fede e la morale: tutto ciò che è contrario alla loro visione del Corano e alla Legge islamica - cioè quasi tutto ciò che ha a che fare con la libertà occidentale - deve essere eliminato per riportare una vita fedele alla morale nel mondo.
Diversi intellettuali musulmani hanno già più volte sottolineato che l'Islam deve essere aiutato a fare un'autocritica. Si deve cessare da parte islamica - hanno affermato - di accusare l'occidente come se tutto il male che è nel mondo dipendesse dall'Europa e dagli Usa. Tali intellettuali hanno iniziato a porre domande di questo tipo ai loro fratelli di fede: Come mai da secoli non c'è uno scienziato musulmano degno di questo nome? Come mai non c'è un musicista degno di questo nome? Come mai non c'è un filosofo degno di questo nome? Come mai le enormi ricchezze dell'Islam (ad esempio quelle dei paesi del Golfo) non vengono spesi per accrescere il livello culturale dei ragazzi e, soprattuto, delle ragazze? Come mai si parla sempre, nei libri di testo musulmani, di crociati (gli assassini di Dacca hanno chiamato le loro vittime crusaders, crociati, avendo "bevuto" la visione superficiale trasmessa dai libri di testo occidentali che accusano il medioevo di ogni ignominia) e mai della violenza di Maometto, dei suoi compagni, nelle lotte fra sciiti e sunniti, nelle conquiste arabe e turche, nella colonizzazione islamica, nello schiavismo condotto dai musulmani arabi e turchi? Come mai romanzieri, letterati e poeti di formazione musulmana credente sono così pochi?
Cessare di accusare sempre e di tutto gli occidentali, porterebbe a comprendere che è il momento di un nuovo sforzo culturale islamico, che è possibile una rivoluzione culturale, riconoscendo le proprie colpe e mettendosi al lavoro per un nuovo umanesimo.
Ma, senza questa consapevolezza, ecco che il razzismo degli islamisti esplode: essi sono nel giusto e tutto il mondo è preda del male. Se gli occidentali sono la casua di tutto il male che è nel mondo, allora l'unico modo di giungere alla pace è eliminarne la presenza a partire dai paesi che sono già a maggioranza musulmana.
Questa mancanza di autocritica sta distruggendo il mondo musulmano ed è una delle principali cause dell'islamismo, così come l'eccesso di autocritica ha corrotto l'occidente che non riesce più a vedere il bene della propria storia. Si potrebbe forse dire che questa incapacità di vedere i propri limiti e, quindi, questo disprezzo della cultura e della fede degli occidentali, ha fatto cadere l'Islam nel periodo di massima crisi che esso abbia attraverstao dalle sue origini. Non è difficile rendersi conto che gesti così violenti non sono atti di forza, bensì azioni inconsulte di chi sente che gli frana il terreno sotto i piedi. E che gli frana non a causa di "colpe" occidentali, bensì perché non ha gli strumenti culturali per interpretare il mondo a partire dai principi della propria fede.
Una lettura critica della storia islamica, invece, potrebbe portare a comprendere che ciò che valeva nei primi tempi dell'Islam, come le guerre di conquista di Maometto e dei suoi primi successori, oggi non hanno più senso (salvando così la dignità del Profeta). Un confronto con l'esegesi biblica potrebbe portare a leggere in maniera allegorica alcuni passi del Corano e a essere meno duri con i musulmani - sono sempre di più - che si interessano del cristianesimo. Questo punto è centrale: se si continuasse, infatti, ad impedire un accesso al cristianesimo ai musulmani che lo desiderano, il razzismo sarebbe sempre alle porte, perché si continuerebbe a ritenere la fede cristiana una realtà da evitare e da tenere a debita distanza.
La mancanza di autocritica sta indebolendo enormemente l'Islam, rendendolo sempre più impreparato ad affrontare le sfide del futuro. In effetti, la violenza degli islamisti e il loro razzismo è chiaramente l'altra faccia della medaglia di una incapacità ad affrontare i problemi reali, rifugiandosi nella violenza, rifiutando la strada dello studio e della cultura, che sola, invece, permetterebbe un rinnovamento durevole.
Dobbiamo tutti combattere contro il razzismo in Europa come contro il razzismo nei paesi musulmani. Dobbiamo tutti lottare perché sia in Europa sia nei paesi musulmani la presenza libera di esprimersi di colui che è differente perché musulmano, perché cristiano, perché ebreo, perché ateo, sia considerata una ricchezza e non una presenza da sottomettere. Ma per opporci al razzismo dobbiamo intraprendere la via di una discussione più critica dei veri problemi che affliggono il nostro tempo, senza tagliare corto con l'assumerci noi occidentali ingiustamente tutte le colpe, incentivando così il razzismo degli islamisti.
Dobbiamo opporci insieme, paesi europei e paesi a maggioranza musulmana, al razzismo degli islamisti e al razzismo dei nazionalisti europei, ma per fare questo dobbiamo cambiare il modo sbagliato di leggere la storia che ci ha condotto fin qui, fatta solo di bianco e di nero, di buoni e di cattivi.
Post scriptum del 4/7/2016
L’immaginario che gli occidentali hanno avuto nei secoli dell’Islam ha attraversato fasi alterne.
Fino all’illuminismo dei musulmani erano state considerate soprattutto le azioni violente e turpi. Si conoscevano le invasioni arabe da Damasco a Gerusalemme, dall’Egitto alla Cirenaica, da Gibilterra alla Spagan con i due attacchi a Roma, le devastazioni delle coste italiane, i diversi attacchi contro Costantinopoli che però aveva resistito, l’attacco a Roncisvalle e così via. Ma si conoscevano anche le devastazioni turche, ad iniziare dalla prima battaglia a Manzikert del 1077 per dare l’assalto ai bizantini, fino alla conquista di Costantinopoli, con il saccheggio e l’enorme spargimento di sangue della popolazione civile, proseguendo poi con l’assedio di Malta del 1565, la strage di Otranto e i due assedi di Vienna per conquistare l’Italia e l’Europa. Gli occidentali studiavano nei loro libri che sia arabi che turchi avevano distrutto o trasformato in moschee tutte le antiche chiese cristiane a partire dalla cattedrale di San Vincenzo di Cordoba divenuta la Mezquita della città, fino a Santa Sofia di Costantinopoli trasformata in moschea. Le torri cosiddette “saracene” lungo il litorale della penisola italiana stanno ancora lì a ricordare il pericolo di quei terribili e disumani predatori. La grandezza dei filosofi e dei matematici arabi, l’eleganza degli architetti turchi, la capacità mercantile del mondo islamico passava invece sotto silenzio.
Con l’illuminismo era iniziato, invece, un totale ribaltamento delle sorti, accentuatosi con la storiografia del novecento. La dialettica nord-sud del mondo aveva condotto a vedere il nord del mondo come causa di molti degli sconquassi economici e politici vissuti dal sud del pianeta. La Chiesa venne criticata in ogni modo e ritenuta quasi come l’origine di ogni male, mentre il mondo musulmano venne assolto da ogni responsabilità. Il torto era questa volta dei “crociati” che avevano ingiustamente cercato di conquistare a Terra Santa. Il colonialismo europeo - succeduto al colonialismo ottomano che veniva dimenticato - divenne l’altra fonte di ogni inquità. Dell’Islam si vedeva la bellezza della mistica, della ricerca sufi, di pensatori come Averroè. Le azioni belliche islamiche venivano viste ora come una reazione alla cupidigia degli occidentali e qualsiasi ritardo nello sviluppo non veniva più imputato alla mentalità dei paesi arabi o dell’impero ottomano, bensì se ne scorgeva la causa nelle interferenze interessate dell’occidente.
Anche il pensiero laico, ritenuto troppo razionalista e esclusivamente attento alla tecnologia e incapace di comprendere come popolazioni intere preferissero vivere sotto l'egida della fede, venne accusato di essere inadatto a dialogare con una cultura che doveva invece essere accettata così com'era, senza cercare di modificarla. Alcuni movimenti di sinistra cercarono poi di cavalcare l'evidente insoddisfazione dei paesi islamici, rileggendo le loro aspirazioni in chiave totalmente positiva e politica (vedi ancora oggi la difficoltà di molti intellettuali europei di dare un giudizio equilibrato sulla questione palestinese).
È giunto forse il momento di una terza fase di analisi del presente e del passato dei paesi musulmani e delle loro relazioni con l’occidente, più libera e obiettiva delle due precedenti, che non cerchi in maniera facile chi colpevolizzare, ma analizzi più in profondità cause e concause. Certo è che i paesi musulmani non sembrano essere oggi in buona salute, sembrano privi di anticorpi contro quei giovani musulmani che scelgono la violenza, appaiono incerti ed indecisi su quale sia l’atteggiamento da assumere dinanzi alla modernità, su quali interferenze sia bene che la società civile accetti dalle guide religiose.
In tutti gli stati a maggioranza musulmana le autorità civili controllano strettamente gli imam e le moschee, a differeenza dell’Europa, ma d’altra parte ne sono continuamente condizionati. Non è chiaro quali linee orientative si possano dare in futuro i paesi musulmani per permettere a chi è musulmano di vivere fino in fondo le proprie convinzioni, rispettando al contempo chi volesse vivere in maniera assolutamente contraria a tali convinzioni. L’autocreazione di “ghetti” islamici – la parola è ovviamente imprecisa – dove cercare di far vivere ai propri figli stili di vita diversi da quelli che vivono i loro coetanei non musulmani non può essere chiaramente la soluzione, bensì è semplicemente l’epifenomeno del problema.
In gioco è come vivere insieme in pace, tutelati dalle Costituzioni nazionali e dai diritti dell’uomo, oltre che dalla carità che nasce dalla fede.
Note al testo
[1] Cfr. su questo l’articolo di R. Brague, Non c’è oriente senza cristiani.