Roma. E con la Caritas si inizia ad ospitarli a casa propria, di Luca Liverani
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Riprendiamo da Avvenire del 19/6/2016 un articolo di Luca Liverani. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sotto-sezione Immigrazione, accoglienza e integrazione, intercultura nella sezione Carità, giustizia e annunzio. Vedi anche gli altri articoli già pubblicati:
- L’accoglienza dei profughi nelle parrocchie romane 1/ L’avete fatto a me!, di Marco Vitale Di Maio
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- L’accoglienza dei profughi nelle parrocchie romane 3/ “Ero forestiero e mi avete ospitato…”: sostenere i profughi scacciati dall’Islamic State perché non fuggano dalla loro terra. Intervista a Don Alberto Contini, Parroco ai Santi Gioacchino e Anna al Tuscolano
- L’accoglienza dei profughi nelle parrocchie romane 4/ Risate internazionali. Accoglienza nella parrocchia romana di San Saturnino in risposta all’invito del Papa, di Marco Valenti
- L’accoglienza dei profughi nelle parrocchie romane 5/ La casa di Agar della parrocchia dei Santi Martiri dell’Uganda: un’accoglienza semplice e quotidiana per madri con bambini, senza aiuti statali, di Luigi D’Errico
Il Centro culturale Gli scritti (3/7/2016)
N.B. de Gli scritti, Il progetto "Protetto. Rifugiato a casa mia" è un progetto della Caritas nazionale che diverse Caritas diocesane, come quella di Roma, hanno fatto proprio. Come questo Centro culturale ha fatto notare più volte non c'è alcuna opposizione, ma anzi complementarietà, fra l'aiutare i profughi a non emigrare, aiutando le comunità cristiane e non cristiane in Siria ed Iraq, ad esempio, e l'accoglienza dei profughi in Italia e a Roma. A parte queste note sfuggite all'articolista, il Progetto della Caritas è un segno innovativo di vera carità.
A chi dice «aiutiamoli a casa loro», la Caritas di Roma replica «aiutiamoli a casa nostra». Intendendo proprio nelle nostre case. Si chiama Protetto. Rifugiato a casa mia il progetto di accoglienza in famiglia che, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato di domani, la Caritas romana lancia per promuovere l’accoglienza in famiglia dei richiedenti asilo e protetti internazionali presenti sul territorio capitolino che hanno già avviato un percorso di inserimento sociale.
Già da tempo diverse famiglie avevano dato disponibilità, come racconta monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas romana: «Quando papa Francesco ha lanciato l’idea dell’accoglienza nelle parrocchie e negli istituti, c’è stata una risposta spontanea anche dalla base, dalle famiglie, che all’inizio abbiamo dovuto frenare». In molte parrocchie, dice il direttore, «già ci sono gruppi di famiglie che non avendo posto si dividono l’affitto per dare una casa a una famiglia di profughi».
Ora, in questa seconda fase, c’è la disponibilità di ospitare persone in casa propria: «Era successo già un anno fa - rivela monsignor Feroci - quando a La Storta, sulla Cassia, ci fu quella rivolta contro l’apertura di un centro profughi in una ex-scuola. Qualcuno ci disse: 'Io mi vergogno di questa ostilità'. E si presero dei rifugiati in casa». Ora c’è una disponibilità diffusa: «Cominciamo con due famiglie, ma altre sono pronte. Gente che magari ha i figli grandi e ha una stanza libera. Non più solo parrocchie e comunità religiose». Un segnale forte di misericordia, carità, apertura: «C’è chi butta benzina sul fuoco dell’intolleranza. E chi invece produce antidoti a questi veleni. Tanta gente vede la sofferenza, al di là di certa propaganda di politici». Qualcuno dice: aiutiamoli a casa loro... «Ma dove? In Siria? In Iraq? Ipocrisie... E poi, dov’è questa invasione? L’anno scorso sono arrivate 153 mila persone in un paese di 60 milioni, quando in Giordania ne sono arrivati 2 milioni, un terzo dei suoi abitanti. Possiamo chiudere gli occhi davanti a queste morti? Il nostro cuore si è atrofizzato, dice il Papa. E bisognerà fare un discorso più grande: le guerre non sono solo frutto dello scontro tra due stati, ma dello sconvolgimento del pianeta che costringe la gente ad abbandonare il suo Paese a causa di modelli economici di cui siamo corresponsabili».
L’accoglienza, tra i 6 e i 9 mesi e in totale gratuità permetterà alle persone ospitate e ai nuclei familiari accoglienti di sperimentare un cammino di incontro tra culture, divenendo allo stesso tempo una testimonianza di solidarietà e prossimità cristiana. Le famiglie ospitanti saranno comunque sempre affiancate dagli operatori Caritas che monitoreranno tutte le fasi, definendo insieme con i destinatari un progetto individuale verso l’autonomia entro i tempi di accoglienza stabiliti.
Nel 2015 l’appello di Francesco ha visto la Caritas di Roma rispondere prontamente: a ottobre 2015 è partito il programma Ero forestiero e mi avete ospitato, che ha permesso l’accoglienza di oltre 100 richiedenti asilo e rifugiati, singoli e famiglie, presso 34 strutture tra parrocchie e istituti religiosi della Capitale. Quest’ultima iniziativa va ad ampliare l’esperienza di collaborazione con le istituzioni pubbliche come ente gestore di centri del circuito Sprar, per un totale di 84 posti di accoglienza; sia attraverso l’apertura di strutture di semi-autonomia per un totale di 17 posti.