L’accoglienza dei profughi nelle parrocchie romane 5/ Un rifugio per Agar della parrocchia dei Santi Martiri dell’Uganda: un’accoglienza semplice e quotidiana per madri con bambini, senza aiuti statali, di Luigi D’Errico
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Il Centro culturale Gli scritti (19/6/2016)
Da circa sei anni abbiamo deciso di considerare l'“ospitalità” una caratteristica di quel "vasto mondo" che è la parrocchia.
Tante le occasioni: gruppi di giovani (scout, pellegrini, comunità di Taizé, ecc.), famiglie in difficoltà, con bambini in cura al Bambin Gesù o in altre strutture sanitarie.
L'accoglienza è un'"arte" antica e preziosa da riscoprire sempre nei gesti più semplici e in tutte le occasioni, anche nel rispondere ad una semplice informazione o nel preparare un certificato, sono tutte occasioni buone. Ne abbiamo parlato con chi è in segreteria o in diversi modi sta alla porta per chi bussa.
In una parrocchia ci sono sempre spazi da utilizzare razionalmente senza snaturare o mettere in pericolo la destinazione di alcuni di questi che sono fondamentali o indisponibili.
Quando la nostra Parrocchia ci è sembrata troppo piccola abbiamo cercato un nuovo ambiente nel quartiere da allestire per le attese di carità più urgenti.
Così è nato "un rifugio per Agar" prendendo in comodato, dopo aver fondato una Onlus denominata "Il più gran bene possibile", e ristrutturato i locali di un ex noviziato, scegliendo di non avere fondi pubblici e coinvolgendo primariamente i laici della comunità parrocchiale.
Due anni fa l'urgenza erano, nel nostro quartiere, le donne con bambini, spesso straniere e maltrattate, in cerca di aiuto.
L’accoglienza è iniziata in Parrocchia e si è poi strutturata nel Rifugio. I primi tre nuclei familiari: tre mamme e cinque bambini. Poi altre si sono aggiunte, ospiti fino a quando non si trovi una sistemazione. A volte le strutture pubbliche o private ma con pubblici finanziamenti fornivano tempi teorici, per es. sei mesi/un anno, affinché una donna potesse trovare, con i propri figli, lavoro e casa, tempi che, invece ,si prolungavano ben oltre tali promesse.
Tutto questo informando costantemente la comunità, facendo chiunque partecipe dell'impresa, non escludendo nessuna delle realtà parrocchiali.
Tutti vogliono partecipare consapevolmente curando con attenzione che non vi siano stadi di entusiasmo e tempi di assuefazione - la comunicazione in questo è preziosa.
La Parrocchia è dedicata ai martiri ugandesi e un rapporto missionario con le comunità in Uganda ci ha permesso considerazioni approfondite: sulla dignità dei popoli in ogni paese, sulle ingiuste condizioni di sviluppo e le difficoltà del vivere quotidiano che noi ignoriamo e dunque sulla nostalgia che ogni profugo vive per il proprio paese e per la propria casa, che si è stati costretti dalle necessità ad abbandonare.
Un'ultima cosa: piccole realtà, nessuna smania di grandezza, anche un bicchiere d'acqua.