Spostare Pietro da sinistra a destra per evidenziare il rimando all’eucarestia: la posizione della Crocifissione di san Pietro in Michelangelo ed in Caravaggio, dalla prima alla seconda versione della cappella Cerasi, di Andrea Lonardo
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Il Centro culturale Gli scritti (31/5/2016)
In un precedente studio abbiamo già dato notizia della scoperta: Michelangelo come dopo di lui Caravaggio - che cita il grande maestro che portava il suo stesso nome di battesimo - dipingono san Pietro che, nell’istante nel quale la croce viene innalzata, si volge verso l’eucarestia e non verso chi entra nelle rispettive cappelle, la Paolina e la Cerasi.
Cappella Paolina, Michelangelo, San Pietro crocifisso
si volge a guardare l’eucarestia
Vogliamo ora aggiungere un’ulteriore riflessione che ha conseguenze significative nella comprensione della duplice versione dei dipinti della Cerasi.
La Cappella Paolina è a navata unica. La posizione dei due affreschi michelangioleschi non è pertanto decisiva, perché chi vi entra e chi è all’altare li osserva da una posizione centrale.
Cappella Paolina, totale con la Crocifissione di Pietro a destra
e la Conversione di Paolo a sinistra
La Cappella Cerasi, invece, è a sinistra dell’altare principale di Santa Maria del Popolo, motivo per il quale chi vi entra vede prima la tela a sinistra e solo dopo, avvicinandosi, quella di destra.
Caravaggio nella prima versione delle due opere si limitò a ripetere la disposizione degli affreschi michelangioleschi con Pietro a destra e Paolo a sinistra, come appare evidente dal confronto fra le due attuali tele e la pala Odescalchi superstite in coppia con la presunta copia della Crocifissione di Piero conservatasi in Spagna. Le figure appaiono disposte in maniera opposta nella prima e nella seconda versione.
Cappella Cerasi, Caravaggio, prima versione con la
Crocifissione di Pietro a destra e la Conversione di
Paolo a sinistra (elaborazione di Bruno Brunelli per Gli scritti)
Caravaggio ripensò la sua opera nella Cappella, dopo che - come ritengono giustamente gli studi più significativi - le due prime versioni non vennero rifiutate dal committente, ma più semplicemente non poste in opera. La prima versione delle opere non venne posta in situ o perché la Cappella era ancora in fase di completamento, oppure perché non reggevano il confronto con l’Assunta del Carracci o ancora perché Caravaggio stesso le ritenne non ben fatte[1].
Probabilmente fu Caravaggio stesso a mutare la disposizione della seconda versione delle opere perché la Crocifissione di san Pietro venisse posto a sinistra. Se “scandalizza” il posteriore di un crocifissore che si vede in primo piano – e che, d’altronde, ripete la postura dell’analoga figura michelangiolesca che scava la buca dove piantare la croce – è vero d’altro canto che l’opera da quel “particolare” conduce via via a “salire” fino al volto di Pietro che guarda all’Eucarestia che il celebrante consacra nel punto dove lo sguardo del primo degli apostoli si volge[2].
Cappella Cerasi, Caravaggio, seconda versione con la
Crocifissione di Pietro a sinistra e la Conversione di
Paolo a destra (foto di Bruno Brunelli)
Come è abituale in Caravaggio, l’umano è posto in relazione al divino: è la realtà cristiana.
Caravaggio, Conversione di Paolo (I versione),
Pala Odescalchi Baldi
Copia di Caravaggio, Crocifissione di Pietro (I versione)
Note al testo
[1] Cfr. su questo, i testi di A.Paolucci, T. Verdon e A. Lonardo nel volume Michelangelo da Caravaggio che fa a Roma cose meravigliose, A. Rodolfo (a cura di), Edizioni Musei Vaticani, Città del Vaticano, 2014, pp. 129ss. Cfr. anche R. Longhi, Caravaggio, Editori Riuniti, Roma, 2006, I edizione del 1982, p. 55 («I due dipinti, che il committente voleva condotti su tavola di cipresso e anticipati da modelli, ebbero, com’è noto, una prima redazione, subito passata in altre mani e ciò non già perché non piacessero al committente, come pur si è voluto insinuare (ché anzi chi li vide < li > dichiara quasi identici agli odierni), ma perché, è da credere, fu il pittore stesso a poterli sostituire con altri nella sua tecnica preferita “ad olio su tela”. E, del resto, chi potrebbe immaginare altra versione coeva in cui il Caravaggio potesse rendere pensieri più spinti di questi? La “Conversione di San Paolo” Balbi-Odescalchi, che pure si è voluta inserita nel problema, è tanto distante da questa quanto il primo “San Matteo” lo è dal secondo. Di mezzo, fra i due casi, vi è quasi tutto lo svolgimento dell’artista dalla primissima giovinezza alla piena maturità»), M. Marini, Caravaggio «pictor praestantissimus», Newton Compton, Roma, 2015 (I edizione 1987), p. 447 («Le prime versioni, realizzate come da contratto su tavole di cipresso, trovarono qualche ostacolo all’atto della messa in opera (forse per ragioni di convenienza estetica e di squilibri nell’illuminazione), per cui (verosimilmente in accordo con gli eredi del committente, monsignor Tiberio Cerasi, nel frattempo venuto a mancare), il Caravaggio le sostituisce con le tele a tutt’oggi nella cappella»), M. Calvesi, Le realtà del Caravaggio, Einaudi, Torino, 1990, pp. 311-312 («Anche in San Luigi, come abbiam visto, oltre che da motivazioni iconografiche la sostituzione del dipinto fu certo dettata dall'esigenza di migliorare l'inserimento, in questo caso di aumentare il formato, ai fini dell'ambientazione nella cappella. E simili 'rifiuti' non è detto che non fossero incoraggiati proprio dai collezionisti, desiderosi di entrare in possesso dei capolavori 'scartati'. Insomma, essi sembrano in ultimo testimoniare il successo del Caravaggio, piuttosto che il contrario. Le presunte trasgressioni iconografiche della prima Conversione Balbi non sono tali») e più recentemente R. Vodret, Caravaggio. L’opera completa, SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo, 2009, pp. 126-128 (p. 127 («Dal punto di vista sia dello stile sia della composizione, le due Conversioni di San Paolo sono lontanissime tra loro. La tavola Odescalchi è ancora profondamente legata ai moduli manieristici, mentre le due tele sono inserite pienamente nella nuova straordinaria visione della realtà elaborata da Caravaggio»).
[2] Si potrebbe forse proporre un’analogia con la disposizione della Cappella Contarelli, dove per primi si vedono a sinistra Matteo e gli altri gabellieri, ma lo sguardo giunge poi al Cristo che chiama con la luce simbolica che scende dal cielo e che proviene dal fondo della Cappella e non dal lato dei fedeli che ne vengono invece raggiunti. Sul lato opposto, a destra, è Matteo riverso a terra al momento del martirio dove, nuovamente, la luce che lo raggiunge viene dal lato più vicino all’altare della Contarelli.