L’accoglienza dei profughi nelle parrocchie romane 2/Il progetto ”Ero forestiero e mi avete ospitato” nella parrocchia San Giuseppe al Trionfale. Un’intervista a cura dell’Ufficio catechistico ad Angela Melchionda

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 13 /04 /2016 - 18:23 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un’intervista a cura dell’Ufficio catechistico ad Angela Melchionda. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sotto-sezione Immigrazione, accoglienza e integrazione, intercultura nella sezione Carità, giustizia e annunzio.

Il Centro culturale Gli scritti (13/4/2016)

N.B. Proponiamo su Gli scritti una serie di testimonianze ed interviste sull’accoglienza dei profughi nelle parrocchie romane   

La parrocchia di San Giuseppe al Trionfale è stata fra le prime parrocchie romane a rispondere all’appello di papa Francesco. L’accoglienza di 2 ragazze ha messo in moto le parrocchie della prefettura che hanno iniziato a collaborare per poter sostenere la loro accoglienza. Intervistiamo una catechista della parrocchia, Angela Melchionda. Su questa esperienza è stato girato anche un video, dal titolo “Giubileo. L’altro sguardo”, disponibile on-line sul Canale YouTube Caritas Roma.

Angela, chi avete accolto, facendo spazio nella vostra comunità?

Sono state accolte due ragazze, una proveniente dal Togo e l’altra dalla Nigeria. Sono in Italia da circa tre anni e hanno affrontato numerose difficoltà prima di arrivare nella nostra comunità.

Come è maturata nella comunità la decisione di accogliere?

L’iniziativa è nata dal parroco, don Wladimiro, guanelliano, il quale a settembre scorso, ha colto l’invito prima di Papa Francesco e poi del cardinal Vallini ad ospitare nella nostra parrocchia una famiglia di immigrati che la Caritas diocesana ci avrebbe affidato.

La sua proposta è stata poi condivisa nel Consiglio Pastorale e tutti i partecipanti hanno approvato l’iniziativa. Il progetto ha visto la sua realizzazione nell’ambito della Prefettura: nove parrocchie hanno collaborato per provvedere alle necessità di diverso genere delle nostre ospiti. Il coinvolgimento della Prefettura e delle Istituzioni civili in maniera stabile e ordinata si può considerare un successo!

Dove risiedono le ragazze?

La provvidenza ha voluto che alcuni ambienti della parrocchia di San Giuseppe al Trionfale si liberassero a causa della scadenza di un contratto di comodato d’uso. Un locale, quindi, è stato destinato alle giovani ospiti.

In questo progetto c’è stato un coinvolgimento dei catechisti e dei ragazzi?

In particolare nella nostra comunità una catechista e una mamma di famiglia si sono rese disponibili per accompagnarle alle visite mediche, agli uffici per ottenere documenti di soggiorno o anche semplicemente per ascoltarle e prendersi cura di loro. Tutta la comunità è a conoscenza del progetto e pian piano il coinvolgimento di tutti sta crescendo.

Riguardo al coinvolgimento delle famiglie della catechesi voglio ricordare anche un secondo progetto che sta portando molti frutti nella nostra comunità.

Di cosa si tratta?

Potremmo dire: “Ero carcerato e mi avete visitato”. Lo scorso anno abbiamo iniziato un progetto di servizio presso il carcere di Regina Caeli grazie alla collaborazione del cappellano, padre Vittorio, che è lì da 40 anni.

Un giorno un magistrato mi ha parlato di lui e ci ha fatto incontrare. Gli ho manifestato il desiderio di poter fare volontariato in carcere. Ho sempre avuto questa attenzione per i detenuti perché il carcere è un luogo bisognoso di umanità, nel quale si deve lavorare perché si trovi amore e si vinca la disumanità.

Ho condiviso l’esperienza con don Wladimiro il quale non ha esitato a intraprendere un progetto di volontariato presso il carcere, visto che più volte ci ha esortato ad andare verso le “periferie” e verso gli ultimi.

Cosa fate in concreto?

Durante l’Avvento e la Quaresima il parroco con un gruppo di circa trenta persone della comunità parrocchiale, ha celebrato la Santa Messa con i detenuti e l’esperienza si ripeterà nel mese di giugno. In ogni occasione si porta sia una ricca merenda da consumare insieme dopo la celebrazione, sia alcuni beni di prima necessità per i detenuti.

Chi si cura dell’acquisto del necessario?

Circa un mese prima della data stabilita per la nostra visita, scriviamo alle famiglie dei bambini e dei ragazzi dell’iniziazione cristiana e chiediamo l’occorrente. Da quel momento inizia la raccolta che viene portata nel carcere il giorno della celebrazione della Santa Messa.

Non vi nascondo che nel mio gruppo di catechismo di preparazione alla Prima Comunione c’è stata inizialmente una certa resistenza a questa iniziativa.

Cosa ti chiedevano i bambini?

“Ma perché ci chiedi di aiutare le persone che hanno fatto del male?”. Non è stato facile all’inizio far capire ai bambini l’importanza del nuovo servizio: c’è voluto un lavoro lungo e sistematico, ma fortunatamente molte famiglie sono state sensibili e disponibili.

La comunità ha partecipato in qualche modo?

Si, gran parte della comunità ha collaborato all’iniziativa perché al rientro dalla casa circondariale di Regina Caeli, durante la Messa dedicata alle famiglie, don Wladimiro ha sempre raccontato l’esperienza vissuta con i detenuti e ha ricordato di pregare per loro.

Un gruppo di parrocchiani ha frequentato anche il corso per poter fare questo genere di volontariato. La presenza dei volontari ci permette di avere un legame costante con quella realtà e creare una collaborazione continua. La sensazione è quella di aver adottato un figlio nella comunità!

Inoltre alcuni gruppi che appartengono alla comunità parrocchiale si sono impegnati per otto settimane a preparare un pranzo completo il mercoledì, all’interno di un progetto che prevede la possibilità per coloro che stanno quasi al termine della pena, di passare la giornata in alcuni luoghi vicini al carcere.

Qual è la cosa più bella che vuoi raccontare?

Come dicevo prima, non è stato immediato per i bambini comprendere per questa iniziativa. Durante la Quaresima, però, abbiamo spesso parlato con loro della sofferenza di Gesù e della sofferenza dell’uomo e più volte la riflessione è caduta sui carcerati.

Alla fine dell’incontro, durante il momento della preghiera spontanea, diversi bambini hanno voluto pregare per i detenuti affinché il Signore Gesù dia loro consolazione con la Sua infinita Misericordia.

Quelle preghiere mi hanno commossa: ho capito la bellezza e la grandezza dell’animo dei bambini e mi sono resa conto che attraverso questo segno d’amore essi possono veramente incontrare Gesù nel povero.