Omicidio a Roma, di che cosa parliamo quando parliamo di chemsex, di Manuel Peruzzo
Riprendiamo da Il Foglio dell’11/3/2016 un articolo di Manuel Peruzzo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Droga e dipendenze nella sezione Carità, giustizia e annunzio.
Il Centro culturale Gli scritti (20/3/2016)
Fateci caso, c’è sempre: un periodo di fragilità, un genitore che ti caccia, un momento buio, un bicchiere di troppo. C’è sempre un “è tanto che non lo faccio più, sono una persona per bene” o “ora sono fidanzato, ma mi è capitato”. C’è sempre una scusa. Trovare qualcuno che rivendichi il piacere e l’intenzione di un’orgia tra fattoni, senza troppi tecnicismi, uno che ti dica “so che mi fa male ma mi piace tanto”, è più difficile di trovare un fan di Donald Trump, ma sappiamo esistono. Spesso chi lo ha fatto non vuole essere giudicato e sente il bisogno di specificarti che: "Non lo faccio sempre, non ne ho bisogno", e di chiarire: "Non sono un drogato". Più sei ossessionato dall’approvazione sociale più parlare di certe pratiche sessuali è difficile: equivale ad ammettere di violare le norme, di essere diversi, di essere mostri.
In questi giorni di omicidi romani e di padri che affidano i propri figli a Bruno Vespa presentandoceli “dall’intelligenza superiore alla media”, salvo che a trent’anni sono ancora studenti fuori corso, ci sono poche cose chiare. A complicare il quadro sull’omicidio di Luca Varani c’è il non saper a chi dare la colpa (per il padre è della cocaina, per alcuni omosessuali è dell’omofobia interiorizzata, per altri l’odio per la famiglia naturale e così via), ci si è interessati al motivo per il quale Marco Prato e Manuel Foffo erano chiusi in un attico da giorni. Ecco trovato il colpevole: il chemsex.
Se vogliamo fare chiarezza dobbiamo iniziare dalle parole che usiamo. Nessuno ti invita a un festino, forse solo i titolisti dei giornali, ma a un chill out. La richiesta su Grindr o altre sex app non è mai il diretto “ti droghi?”, ma è l’alchemico “fai chem?”. Non è sesso ma sessione di, perché dura molto. E cosa succede a queste serate? Serve la tecnologia (Grindr. Scruff, siti per incontri), serve la droga (mdpv, ghb, cocaina), serve qualcuno con molto tempo libero, ed è pur sempre una pratica di nicchia che quindi è possibile in centri urbani (siamo a Londra, Berlino, Milano, Roma e non a Vidigulfo o a Gioia Tauro). Si inizia il venerdì e si finisce domenica (lunedì, solo per le sciampiste). Nonostante si raccontino di orge chemsex etero, possiamo dire, senza paura di passare per omofobi o esser smentiti, che è una pratica più in voga tra gli omosessuali (provate a organizzarla su Tinder se riuscite), almeno in Italia, complice un giro di club culture, eventi come il Circuit, e una agevole promiscuità sessuale. Ma cosa succede in queste serate?
C’è chi affitta un appartamento su Airbnb, chi usa il proprio, chi se lo fa prestare. Ti inviano le foto, ti dicono che sono in sei o sette, arrapati e disponibili. Ogni volta ci speri. Entri e ti ritrovi ragazzi spesso palestrati (c’è una correlazione non studiata tra cibarsi solo di pollo e broccoli e poi imbottirsi di steroidi: una volta che prendi droghe estetiche, puoi prendere anche le droghe ricreative), ma non è una regola (diciamo che aiuta se devi attrarre altre persone con la promessa di molto sesso). Te li ritrovi già fatti, aggrappati ai loro bonghi artigianali, cioè bottigliette di plastica perforate da una cannuccia da cui aspirano il fumo prodotto dal riscaldamento di una soluzione di ammoniaca o bicarbonato di sodio misto a cocaina. Ma non si limitano a quella: sniffano ghiaccio sintetico, tirano di popper, si fanno di ghb, di mefedrone o di quel che mio padre al mercato comprò. Inutile aggiungere che la libido cresce, tanto da farli andare in fotta, ma completamente inutilizzabili da attivi: il sangue non va dove dovrebbe. Per questo di solito chiamano esterni sobri (i più ricchi si avvalgono di escort con tanta pazienza imbottiti di viagra) che riescano a combinarci qualcosa. In effetti c’è molto chem ma poco sex. Da sobri te ne vai presto e insoddisfatto, da fatto rimani finché riesci. Di norma non si muore. Tranne di noia.
Secondo il sociologo americano Tim Dean, autore di un interessante studio sulla bareback culture, oggi è impossibile fare sesso bareback, o raw sex, cioè grezzo, senza profilattico, nudo. Non quello che fa nascere i bambini ma quello che ti fa prendere tante malattie veneree. L’idea stessa che esista una parola per definire sesso senza il condom è sintomatico dell’esistenza di una pratica e della sua erotizzazione. È impossibile perché il sesso è mediato da tanti fattori. La prima mediazione è linguistica. La seconda mediazione è pornografica, che costruisce il nostro immaginario e negozia tra desiderio (ciò che mi piace) e mimesi (ciò che potrebbe o finisce per piacermi guardandolo). La terza mediazione è farmacologica, (Viagra Cialis, Truvada) e la quarta mediazione è la droga. Questa consente di abbassare le inibizioni e aumentare la libido fino a creare una illusione di intimità non mediata, completando il quadro. Il chem-sex è una pratica del tutto contemporanea che unisce l’offerta tecnologica, l’offerta farmaco-pornografica e la libertà di poterne fare uso e abuso. Sta alla responsabilità di ciascuno scegliere le proprie complicazioni.
Detto ciò, c’è un’ultima chiosa alla faccenda. Ultimamente il giornalismo italiano ha scoperto che i gay non sono tutti sensibili e grandi amici delle donne ma possono accoltellare, come Marco Prato, o gettare una donna in un pozzo, come Gabriele DeFilippi. C’è chi pensa non si dovrebbe parlare dell’orientamento, ché il gay assassino ti sporca il tappeto dei movimenti civili («danneggia la comunità»), c’è chi lo sottolinea con enfasi come ad alludere che una sessualità inconsueta è un’aggravante, quando non proprio la causa di tutto, cioè il movente sarebbe l’essere omosessuali. La spiegazione psicologica fai da te è irresistibile. Andare a sbirciare nel profilo Facebook e trasformarci in criminologi, individuando elementi di squilibrio mentale dalla foto profilo o dal commento rubato ci spinge a trovare una differenza tra noi e loro. Sarà stata la droga, sarà stato il travestitismo, sarà stato l’alcol, sarà stato la mitizzazione di Dalida, saranno stati i genitori oppressivi dell’uno o troppo permissivi dell’altro: tutto, fuorché ammettere l’esistenza della malvagità. Molto meno rassicurante.