Caravaggio alla stazione Termini: La chiamata di Andrea e Pietro ed Il sacrificio di Isacco (di A.L.)
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E’ appena terminata la mostra Caravaggio. Capolavori nelle collezioni private presso il GATE Termini Art Gallery a Roma (22 novembre 2006-4 marzo 2007). L’occasione dell’esposizione è stata la disponibilità della Royal Collection della Regina di Inghilterra ad esporre a Roma il cosiddetto “Caravaggio della Regina” appena restaurato, a motivo del fatto che il luogo dove era stato dipinto il quadro era, molto probabilmente, la stessa città del papa.
La Chiamata dei Santi Andrea e Pietro era stato ritenuto opera di un caravaggesco finché Sir Denis Mahon ne decise il restauro, realizzato poi da Rupert Featherstone, Senior Painting Conservator della Royal Collection Trust. Subito è apparso evidente che l’opera era di una qualità insospettata ed alcune caratteristiche di composizione, come le incisioni ed i ripensamenti, hanno portato alla conclusione, sostenuta anche dai curatori della mostra, dell’autenticità dell’opera.
L’opera ci mostra una iconografia assolutamente originale. Il Cristo è giovanissimo. Il volto di Andrea, il primo chiamato, è già illuminato, avendo già ricevuto la luce della fede. Egli si è fatto tramite presso il fratello Cefa, lo ha condotto a Gesù. Pietro è ancora nell’ombra, ma è giunto il momento che la luce investa anche la sua storia. Le mani del Cristo indicano il cammino che li attende più oltre, quelle di Andrea indicano Pietro, quelle di Pietro si aprono nella scoperta.
Insieme a quest’opera la mostra ha esposto altre tre opere del maestro. In particolare ricordiamo San Giovannino che beve alla fonte e, soprattutto, Il sacrificio di Isacco della Collezione Barbara Piasecka Johnson.
Quest’ultima opera è di una fattura straordinaria. Tutti i personaggi sono disposto a formare un cerchio pittorico. Il braccio e la mano di Abramo – che sta lasciando la presa – con il coltello tagliano a metà il cerchio. “Chi è che deve essere sacrificato?” sembrano domandarsi l’angelo ed Abramo che si guardano, in una relazione strettissima e ravvicinata, unica nell’iconografia (l’angelo, fra l’altro, veste come un paggio). Ognuno dei due tiene la vittima che ha preparato. Un ariete è pronto a sinistra, ma a destra Isacco ha già le sembianze del Cristo che viene condotto e la legna sotto di lui allude già alla croce.