Apologia dell'alluce, il dito che ci fa tenere i piedi per terra, di Fabrice Hadjadj
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Riprendiamo da Avvenire del 20/9/2015 un articolo di Fabrice Hadjadj. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri articoli di Fabrice Hadjadj, oltre a cliccare sul tag fabrice_hadjadj, cfr. la sotto-sezione Filosofia contemporanea nella sezione Storia e filosofia.
Il Centro culturale Gli scritti (27/9/2015)
Ho una grande ammirazione per colui che ha inventato la ruota (veramente, più per le carriole che per le automobili sportive), ma devo confessare che la mia massima ammirazione va all'inventore dell'alluce. Certo, una cosa con le ruote è un segno indiscutibile della presenza umana. La natura ci mostra animali che camminano, nuotano, volano, strisciano, galoppano – nessuno che rotola.
Il ghepardo raggiunge i 112 km orari ma lo fa con le sue zampe, contraendo e rilassando il suo corpo; solo le Ferrari hanno la capacità di far filare il conducente in una vita senza colpi, dove tutto sembra poter andare «a ruota libera». E, tuttavia, l'alluce supera di gran lunga tale splendore pneumatico.
Se c'è un organo che mette in dubbio la nostra parentela con la scimmia è proprio l'alluce. Osservate la testa o la mano di un vostro simile e potrebbe sussistere un dubbio (avevo una prozia che, diventando vecchia, somigliava sempre di più a una fantastica bertuccia). Ma guardategli i piedi e non avrete più nessuna esitazione: è proprio un essere umano.
Georges Bataille insisteva su tale modo infallibile per distinguere Albertina da una babbuina: «L'alluce è la parte più umana del corpo umano, nel senso che nessun altro elemento del corpo è tanto differenziato dall'elemento corrispondente della scimmia antropomorfa (scimpanzé, gorilla, orangutan o gibbone)».
Lo so che alcuni tra noi sono consumati dal dispiacere di non essere quadrumani e rimproverano all'alluce di non essere «opponibile» come il pollice della mano, così che potremmo appenderci ai rami, suonare la chitarra o salutare il vicino di casa con il piede. Costoro danno prova della loro ignoranza e della loro ingratitudine. È proprio perché non è opponibile che l'alluce ci permette l'equilibrio e il movimento nella posizione eretta,tanto che gli specialisti della biomeccanica lo chiamano «l'alluce della performance» o ancora «l'esecutore finale del passo».
Il paleoantropologo André Leroi-Gourhan in una sua celebre affermazione ha detto: «L'uomo ha cominciato dai piedi». Questi, permettendoci di stare in piedi, hanno liberato le mani per la presa, e le mani hanno liberato la bocca per la parola. È dunque grazie al nostro alluce che parliamo.
Di sicuro la lingua gioca un certo ruolo, ma senza l'alluce essa starebbe ancora a lappare nelle pozzanghere invece di intonare cantici. Questa è la luce dell'alluce. Narra Plutarco che Pirro, il padre dello scetticismo, possedeva nel suo alluce destro una «virtù divina»: bastava che lo imponesse sui ventri malati perché questi guarissero quasi subito.
A Salonicco si trova una statua di Aristotele il cui alluce sinistro addita le altezze e brilla quanto il piede delle statue di san Pietro: i turisti lo accarezzano e lo baciano, come se il logos del filosofo fosse stato in questa estremità.
Infine non posso non ricordare che, il giorno dell'Ascensione, l'ultima cosa che Cristo risorto offrì alla vista dei suoi discepoli furono certamente i suoi alluci (c'è tutta un'iconografia sacra che li rappresenta mentre il resto del corpo è già avvolto dalle nuvole). E dunque io credo alla resistenza dell'alluce (piuttosto che a quella dell'indice o del pugno chiuso). È un dito più umile e solido, che ci incoraggia al cammino, che non ha l'idea di vivere strangolando suo fratello, né pigiando dei bottoni. Vedere la sua luce è al tempo stesso mantenere i piedi per terra e toccare il cielo con un dito.