Iraq, il volto di Mosul sfregiato dall’Is, di Camille Eid [Mosul, l'antica Ninive, la città di Giona profeta]
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Riprendiamo da Avvenire del 9/8/2015 un articolo di Camille Eid. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sotto-sezione Islam nella sezione Cristianesimo, ecumenismo e religioni.
Il Centro culturale Gli scritti (23/8/2015)
A distanza di 14 mesi dalla sua occupazione, Mosul è una città irriconoscibile. I jihadisti sfoggiano sul Web ogni nuova distruzione da loro messa in atto: per la prima volta nella Storia moderna siamo di fronte a dei criminali che forniscono da soli le prove delle proprie efferatezze. Non serve nemmeno “indagare” sul posto; i terroristi ci inondano di una quantità di informazioni tale da ricostruire ogni rione della città.
Irriconoscibile innanzitutto per la scomparsa, o quasi, di quei luoghi cristiani che hanno reso la seconda città dell’Iraq una metropoli multireligiosa e multietnica. Ognuna delle cinquanta chiese e monasteri appartenenti alle diverse denominazioni cristiane (caldea, siro-cattolica, siro-ortodossa, assira, armena, latina e protestante) porta ora il segno del dissennato passaggio dei nuovi barbari.
Non si può più passare il “Ponte Vecchio” per fare una passeggiata in via Ninive, tra quartieri disseminati di luoghi sacri.
È diventato sospettoso fermarsi all’incrocio con via Farouq, dove sorge la chiesa latina con la torre dell’orologio (as-Sa’a in arabo), donata dall’imperatrice Eugenia ai domenicani e che ha dato il nome al rione.
Più in là, nel quartiere Mayasa, non è più possibile fare tappa nell’antichissima chiesa di Shimun al-Safa (Simone Cefa) o in quella della martire Miskinta, santa patrona della città, prima di proseguire verso il quartiere Julagh, per visitare le chiese di Mar Toma (san Tommaso) e di san Giorgio.
Più a sud, nel quartiere di Dawasa, è stata fatta saltare, un mese fa, la chiesa dedicata alla Madre del Buon Soccorso, mentre non si hanno notizie di una vicina chiesa assira dedicata ancora a san Giorgio. Nella stessa zona, è diventato impossibile visitare il Museo cittadino, teatro di feroci distruzioni lo scorso febbraio. Sconsigliato distendersi nel vicino parco Shuhada (dei martiri), diventato luogo di esecuzioni degli «apostati e traditori». Lo scorso 22 luglio, i jihadisti hanno fatto ricorso a dei ragazzini per assassinare 9 civili accusati di collaborare con il governo di Baghdad. Tornando verso nord, si incontra il quartiere di Maidan, il centro storico di Mosul. Anche qui, niente è più come prima. La chiesa caldea di san Giuseppe è stata trasformata il 14 luglio scorso in moschea. Alcune immagini del luogo di culto mostrano la cupola ridipinta di nero e la chiesa spogliata di tutti i simboli cristiani. La stessa sorte è toccata alla chiesa siro-ortodossa di Sant’Efrem, nel quartiere settentrionale detto Shurta, trasformata in «moschea dei mujaheddin», e al monastero di san Giorgio, trasformato in centro di detenzione dopo aver divelto la croce che svettava sulla cupola.
La furia iconoclasta dei jihadisti si è abbattuta anche su quei luoghi meta di pellegrinaggio da parte di tutti i cittadini, musulmani e cristiani. È stata così rasa al suolo con i bulldozer la moschea intitolata al profeta Giona (Nabi Yunus, in arabo), posta sulla sommità della collina al-Tawba, e considerata uno dei più importanti monumenti storici e religiosi della città. Successivamente è toccato ai mausolei islamici dedicati a Nabi Girgis (il san Giorgio dei cristiani), al profeta Daniele e a quello di Seth, figlio di Adamo ed Eva.
La cancellazione della memoria storica ha toccato anche i luoghi della cultura e le sculture che un tempo adornavano la città. Sono state così smantellate le statue del poeta abbasside Abu Tammam al-Ta’i e quella del musicista Uthman al-Musili (morto nel 1923), considerato il padre della musica tradizionale irachena, che si trovava davanti alla stazione ferroviaria. Profanata persino la tomba dello storico medievale Ibn al-Athir, contemporaneo del Saladino e autore di una “Storia completa”. Il nuovo “modello culturale” è quello imposto dai jihadisti all’Università di Mosul, diventata anch’essa irriconoscibile. Via le facoltà o i dipartimenti di Giurisprudenza, Scienze politiche, Filosofia, Belle Arti, Archeologia e la scuola alberghiera. Abolite anche le materie “contrarie alla sharia islamica” come il romanzo e il teatro. Si insegna solo l’orrore.